Le piante grasse e le succulente sono assolutamente irresistibili: avete presente quei vassoi di polistirolo che contengono una cinquantina di mini-vasetti, grandi quanto una moneta da due euro, ciascuno con un esemplare dalle forme aggraziate e accattivanti? Oppure i soggetti già grandicelli, belli paciocconi, magari ornati da qualche fiore e da generose promesse sotto forma di boccioli? Una, o più di una, entreranno in casa vostra: sapete già che occupano pochissimo spazio e che vi chiederanno ben poche cure (poche, ma non nessuna!).
Ecco perché le piante grasse sono le più diffuse nelle case italiane, soprattutto durante l’inverno, quando l’esigenza di verde è forte, ma non sempre può essere soddisfatta da ingombranti ed esigenti piante verdi da interni.
Grasse? No, succulente!
Per la verità, chiamarle “piante grasse” non è proprio corretto: è una definizione che unisce nel concetto comune tutte le piante aventi foglie o fusti carnosi (entro i quali si raccoglie una riserva d’acqua, utile a sopravvivere negli ambienti siccitosi originari). Ma, come tutte le globalizzazioni, la definizione non significa nulla, né dal punto di vista estetico né da quello colturale.
Primo, perché le “grasse” assumono forme e dimensioni diversissime fra loro: pensate alle Lithops (le “pietre vive”) o all’Echinocactus grusoni (“cuscino della suocera”), agli Epiphyllum (“lingue di suocera”) o alle calancoe (Kalanchoe blossfeldiana), ai "mesembriantemi" (Lampranthus, Carpobrotus, Doroteanthus ecc.) o alle stapelie…
Secondo, perché anche solo le specie appena citate non vogliono certo le medesime cure colturali: pretendere di coltivare una Lithops come una calancoe significa portarla a morte in breve tempo, e viceversa. Vero è che le attenzioni da dedicare a questo genere di piante sono veramente poche, rispetto a quasi tutte le piante verdi, ma quelle poche devono essere ben conosciute e ottemperate.
Chiamiamole piuttosto “piante succulente”, l’esatto termine in omaggio alla carnosità dei tessuti, unico dato che veramente le accomuna. La questione non è di lana caprina, proprio perché ogni categoria richiede cure differenti.
Vediamo allora, con l’aiuto dell’esperto Antonio Borghi, vivaista titolare dell'Azienda agricola Borghi di Vignola (MO) specializzato in piante succulente, cosa serve per accoglierle bene in appartamento e far superare loro l’inverno, magari con il dono di qualche inaspettata fioritura...
Cactacee: impossibile non averne almeno una
Questa famiglia comprende tutte le succulente a forma di cactus, come Echinocactus, Ferocactus, Notocactus, Echinopsis, Cereus, Mammillaria, ma anche gli Epiphyllum, dalle foglie allungate e sinuose, per citare solo i generi più noti.
E se tali generi sono così noti e diffusi, una ragione c’è: sono fra le più facili da mantenere durante tutto l’arco dell’anno, in genere ripagando le nostre non eccessive attenzioni con splendide e relativamente lunghe fioriture durante la bella stagione, come conferma Borghi: “Le Cactacee sono di origine messicana o sudamericana; la loro attività vegetativa da noi in Italia si svolge durante l’intero arco della primavera-estate.
Ciò significa che, da fine settembre sino a marzo inoltrato, il loro stato ideale è il “letargo”, ovvero un riposo vegetativo durante il quale le funzioni vitali vengono ridotte al minimo utile alla sopravvivenza: andrebbero collocate in un ambiente chiuso, asciutto e non riscaldato (dove però la temperatura rimanga costantemente al di sopra dello zero), senza alcun apporto d’acqua.
Invece, se vengono mantenute in un locale con temperatura compresa fra 12 e 20 °C entrano in una fase di “semi-letargo”, cioè le piante non arrestano tutte le funzioni, bensì continuano in minima parte a vegetare: in questo caso bisognerà irrigarle moderatamente ogni 20-30 giorni, anche a seconda della quantità di luce presente, che naturalmente influisce sull’attività vegetativa (in assenza di luce l’intervallo d’irrigazione sarà più lungo e viceversa)”.
Va da sé che, non rispettando il necessario riposo, le piante si indeboliranno e, con tutta probabilità, non saranno in grado di fiorire durante l’estate.
Euforbiacee, parenti della stella di Natale
A questa grande e multiforme famiglia (comprendente anche la stella di Natale, Euphorbia pulcherrima, per anticipare il periodo che ci attende a breve) appartengono euforbie dalle forme completamente diverse: erbacee, carnose o arboree, con foglie minime o enormi o trasformate in spine. Fra le specie succulente, l’esempio più noto è Euphorbia milii, chiamata anche “spina-christi”, ma rientrano nella categoria anche E. obesa (sorta di “palla” apparentemente non spinosa), E. trigona (una specie di cactus con ali longitudinali), E. caput-medusae (dagli steli contorti), E. platyclada ecc.
All’apparenza, dunque, non sembrano poi così diverse rispetto alle Cactacee, ma non è affatto così. Spiega ancora Borghi: “Le Euforbiacee succulente sono originarie dell’Africa e, da noi, hanno un ciclo di attività quasi continua, con semplici rallentamenti delle funzioni nei periodi a loro meno favorevoli, vale a dire l’inverno e l’estate. Per far loro superare bene la stagione fredda, fate in modo che nel locale ove sono posizionate la temperatura non scenda mai al di sotto dei 10 °C, e fornitele di qualche sporadica annaffiatura”.
Aloe e agavi, simili ma diversissime
Il genere Aloe appartiene alla famiglia delle Liliacee che, tra le forme succulente, annovera anche Gasteria e Haworthia. Queste ultime, con l’assenza di spine e le forme minute, regolari e aggraziate, ben si prestano a un acquisto d’impulso e al posizionamento in piccolissimi spazi (anche su uno scaffale, purché raggiunto dalla luce).
A differenza invece delle Aloe, la cui crescita risulta in genere significativa anche solo nell’arco di un anno, sia in diametro sia in altezza, risultando ben presto piuttosto ingombranti, soprattutto fra quattro mura. Fra queste, una minoranza (A. vera, A. barbadensis, A. ferox, A. saponaria...) è munita di spine la cui punta termina a uncino, agganciandosi alla pelle, ma in genere senza gravi conseguenze.
Con loro, dimenticatevi quanto indicato sin qui per le altre famiglie di succulente: “Le aloe sono specie africane, provenienti dal Sud Africa e dall’isola di Madagascar”, precisa Borghi. “Pertanto, appartenendo all’emisfero australe, in Italia sono in massima attività vegetativa proprio durante l’autunno-inverno, periodo nel quale sarebbe preferibile approntare per loro le migliori condizioni ambientali”. Vale a dire una collocazione luminosa, a una temperatura compresa fra 10 e 18 °C, con irrigazioni moderate e regolari ogni 10-15 giorni.
“Se però non potete far altro che ricoverarle in casa, sappiate che il calore eccessivo e la scarsità di luce inducono una crescita anomala, un fenomeno di “filatura” che porta alla produzione di foglie esili, allungate e pallide. Il problema riguarda soprattutto Aloe vera, A. ferox, A. arborescens, in quanto specie dalla rapida crescita e dalle foglie grosse e carnose. Per evitare questo sforzo, che indebolisce in genere la pianta, è preferibile costringerla al riposo: conservatela in un locale a bassa temperatura, ma senza esporle al gelo (quindi non sotto gli 0 °C)”.
Eventualmente, potete anche ricoverare le aloe in cantina o in garage, dove entri appena un minimo di luce, purché le irrigazioni si limitino a un goccio d’acqua una volta al mese.
Non confondete le aloe con le agavi, simili per aspetto ma caratterizzate da foglie fibrose terminanti con una punta acuminata che, incidendo accidentalmente la pelle, penetra in profondità causando un notevole dolore (tenete tutte le agavi lontane da bambini e animali domestici!).
Inoltre, il genere Agave appartiene alla ben diversa famiglia delle Agavacee, che comprendono anche Nolina e Sansevieria (ma pure le non succulente Dracaena e Yucca).
E, nonostante la somiglianza con le aloe, le agavi si comportano come i cactus: “Fate in modo da mandarle in letargo o semi-letargo durante l’autunno-inverno, come per le Cactacee, per poi riportarle alla vita in primavera, secondo il loro naturale ciclo biologico” specifica Borghi.
Aizoacee (Mesembriantemacee), in fiore a fine inverno
Si tratta di una vasta famiglia che comprende, semplificando, due grandi gruppi: da un lato piante da balcone o da giardino al mare o da roccaglia, dal portamento strisciante o a cespuglio, dalle foglie carnose e allungate, e dalle corolle simili a margherite di tutte le dimensioni (da 1 cm di diametro in Aptenia cordifolia fino ai 10-12 cm del fico degli Ottentotti, Carpobrotus acinaciforme), in genere dai petali fucsia, più raramente arancio o gialli. Oltre alle due specie citate, si annoverano Dorotheanthus, Lampranthus, Delosperma, tutti generi adatti alla vita in vaso, ma solo in esterni.
Sono quasi tutte perenni, che nel Sud possono essere piantate in piena terra, avendo solo l’accortezza, in caso di un annuncio di gelo o neve, di coprirle con foglie secche o con un telo di non tessuto. Nel Nord Italia invece devono vivere in vaso, per poter svernare in un locale fresco (10-12 °C), luminoso, venendo bagnate moderatamente ogni 20-25 giorni: solo così le conserverete inducendole per giunta alla fioritura, che si verifica fra aprile e maggio. Infatti, tutte le Mesembriantemacee sono originarie del Sud Africa: il loro ciclo vegetativo è invertito rispetto a quanto accade in natura da noi.
E anche il secondo raggruppamento (comprendente le Lithops, i Conophyton, le Lapidaria ecc., cioè generi ascrivibili alle cosiddette “piante da interni”) non fa eccezione alla regola: “Il loro momento di massima attività si verifica fra settembre e maggio” precisa Borghi.
“In questo periodo non fate loro mancare una temperatura compresa fra 15 e 18 °C, una buona illuminazione e irrigazioni regolari ogni 15 giorni. Da giugno in poi si instaura la fase di dormienza, di letargo, che va rispettata: posizionatele in esterni, all’ombra e non bagnatele, se non con qualche goccia dopo un mese di siccità”.
Crassule ed echeverie: facili e belle
Delle Crassulacee fanno parte numerosi generi, fra i quali i più noti sono Crassula, Echeveria, Aeonium, Cotyledon, Pachyphytum, Kalanchoe (vedi oltre), Sedum e Sempervivum (vedi oltre).
Sono tutte piante molto diffuse e amate, intanto perché prive di spine (e quindi più facili da maneggiare e curare), poi perché più simili alle normali piante verdi (pur senza richiedere le cure che sovente queste ultime esigono), inoltre perché piuttosto facilmente alcune di esse regalano cospicue e durevoli fioriture (com’è il caso della calancoe, dei sedum e dei sempervivum). Infine, certune tendono ad assumere forme scultoree, comunque eleganti e mai disordinate, in maniera spontanea, senza necessità di potature o costrizioni.
I più semplici da accudire sono in assoluto sedum e sempervivum, perlomeno se originari dell’Europa. Viceversa, tutti gli altri generi provengono dal Sud Africa: ancora una volta, il loro ciclo risulta invertito rispetto alle nostre abitudini in fatto di piante. “Durante la primavera e l’estate crassule ed echeverie entrano in dormienza: scegliete per loro una collocazione in ombra senza quasi annaffiarle. All’arrivo dell’autunno posizionatele in un luogo protetto, luminoso, a una temperatura di 10-18 °C, riprendendo a irrigarle moderatamente ogni 10-15 giorni” precisa Borghi.
Ideali sarebbero una stanza priva di riscaldamento, una veranda, un pianerottolo, fra i doppi vetri, dove arriva la luce ma la temperatura non scende e non sale eccessivamente. Piuttosto che costringerle a svernare in appartamento, come per le aloe è meglio portarle in garage, in cantina, nel capanno degli attrezzi, quasi al buio e a temperatura compresa fra 2-3 e 8-10 °C, senza irrigazioni, per riportarle in esterni alla luce anticipatamente, appena la temperatura notturna si mantiene sopra i 12-13 °C, al riparo dal vento e dalla pioggia.
La meta, naturalmente, è la fioritura: un unico ma durevole momento che, per le piante protette nel luogo giusto, si verifica tra metà gennaio e metà marzo, mentre per quelle poste al buio verrà posticipato di un mesetto dopo la ricollocazione in piena luce. Lavorate a favore dei boccioli fornendo concime a partire da una quindicina di giorni prima del periodo previsto.
Quali possono vivere in casa?
Come si diceva all’inizio, l’acquisto di una pianta succulenta prelude nella maggioranza dei casi al suo posizionamento fra quattro mura, complici la bellezza e le dimensioni ridotte.
Ma, come ha ampiamente sottolineato Borghi, a dispetto delle più diffuse convinzioni, le succulente non sono adatte a vivere recluse in appartamento: in estate prediligono l’aria aperta, all’ombra se a riposo, a mezz’ombra o mezzo sole (mai in pieno sole: si scottano!) se in attiva vegetazione. In inverno desiderano il riposo a bassa, ma non gelida, temperatura se hanno lavorato in estate, e la pensione né al caldo né al freddo se riprendono a vegetare proprio ora. Tutt’al più queste ultime tollerano un letargo forzato a bassa temperatura, procrastinando necessariamente il momento in cui vegeteranno e fioriranno. In nessun caso è consigliata la vita in casa: se è troppo caldo anche per quelle che stanno vegetando, figuratevi che inferno (letteralmente, di calore) per quelle che devono finalmente riposarsi...
Ma allora, quali succulente possiamo tenere in appartamento senza che soffrano per l’aria calda, la mancanza di luce, l’ambiente chiuso o la corrente d’aria improvvisa? “Vale la pena di provare le Haworthia, Liliacee che in natura crescono sotto i cespugli in piena ombra. In alternativa, provate le Cactacee a forma globosa e a sviluppo lento, come gli Echinocactus e i Ferocactus”.
Qual è il rischio nel mantenere in appartamento le succulente durante l’autunno-inverno? Quello di ritrovarsi piante deboli, che non fioriranno mai, soggette a marciumi basali per eccesso d’irrigazione e a parassiti come la cocciniglia cotonosa. Via libera invece nelle altre stagioni, quando il riscaldamento è spento e solo se le tapparelle rimangono alzate tutto il giorno, naturalmente.
I più facili: sedum e sempervivum
Non vi chiedono nulla, ma possono darvi tanto: Sedum e Sempervivum sono succulente che “vivono di niente” (alcune specie vengono – da sempre e tuttora – utilizzate come copertura di tetti e giardini pensili), ma con l’arrivo della bella stagione si possono riempire di fiori, più o meno appariscenti, bianchi, rosa o gialli.
Tutti i Sempervivum e quasi tutti i Sedum svernano senza problemi all’aperto, anche sotto lo zero o coperti da una coltre di neve: sono tutti quelli originari delle nostre Alpi o di altre montagne del mondo. Qualche nome? Sedum acre (fiori gialli), S. album (fiori bianchi), S. telephium (fiori rosa), S. sieboldii (fiori rosa), S. spectabile (fiori rosa), S. spathulifolium (fiori gialli) ecc.; Sempervivum arachnoideum (fiori rosa-rosso), S. allionii (fiori gialli), S. tectorum (fiori rosso porpora), S. soboliferum (fiori gialli)... Molti di essi sono decorativi anche per il fogliame, che varia dal verde intenso al glauco, al blu, al rosso, al porpora ecc.
Tutti questi, in inverno, non hanno bisogno di alcuna protezione, né di irrigazioni. Anzi, è proprio l’esposizione al freddo a indurne la fioritura primaverile-estiva: se rimangono a temperature superiori a 6-8 °C, non fioriranno. Il loro limite è piuttosto il caldo: in estate andrebbero tenuti a mezz’ombra, lontano da raggi solari diretti, in una posizione fresca e ventilata, possibilmente senza superare i 25 °C. Fra i Sedum, attenzione solo a S. morganianum: sotto i 5 °C gela irreparabilmente.
Utilizzateli per creare composizioni rustiche, in coccio o terracotta (anche all’interno di tegole e coppi), a piacere mescolando le diverse specie.
Calancoe, la più amata dagli italiani
Le calancoe sono fra le più amate dagli italiani: è merito del costo assai contenuto (a partire da 3-4 Euro) e della bellezza durante la fioritura – multicolore e ormai anche multiforme – che, in aggiunta, si protrae per almeno un paio di mesi.
Dalla primavera alle soglie dell’autunno vanno mantenute preferibilmente in esterni, a mezz’ombra, senza esagerare con le irrigazioni: sono in fase di riposo.
“Da ottobre e per tutto l’inverno invece sono in piena attività” osserva Borghi. “Vanno perciò collocate in un ambiente a temperatura compresa fra 12 e 18 °C, molto luminoso, dove inizieranno a fiorire”. Vengono indotte alla formazione di boccioli proprio dall’accorciarsi delle giornate, che le risveglia a partire da settembre.
“Se costrette in interni riscaldati dove la luce difetta, tenderanno a filare, cioè ad allungare notevolmente gli internodi, perdendo la caratteristica forma aggraziata, e ad assumere un colorito verde pallido tendente al bianco. Piuttosto, ponetele a 5-8 °C: ritarderanno la fioritura, ma soffriranno meno!”.