Perché le piante si ammalano? Innanzitutto è utile dire che tutte le malattie delle piante hanno vita più difficile se le piante su cui si appoggiano sono robuste e “felici”. E sono così forti solo se il giardiniere si occupa di loro nel modo giusto: con spazio sufficiente, con una buona terra, con acqua e concime adeguati alle esigenze di ogni specie, nella posizione adatta a ciascuna, con un minimo di ventilazione.
E poi osservandole con frequenza, rimuovendo con regolarità i fiori sfioriti e le parti secche o danneggiate, provvedendo a eventuali protezioni in caso di rovesci meteo.
Primo passo: è una fisiopatia o un'avversità?
Se, durante la regolare osservazione delle vostre piantine notate qualcosa che non va, soffermatevi a capire se si tratti di una fisiopatia o di un’avversità vera e propria (malattia fungina, o parassiti animali, o virus, o batteri).
La prima è una sofferenza indotta dalle condizioni ambientali inadatte (eccesso o carenza di luce, acqua, concime, freddo, caldo, aria, spazio ecc.) e si manifesta attraverso un deperimento generale di tutta la pianta (o un lato di essa) uniformemente.
Le avversità (animali, fungine, batteriche, virali) colpiscono invece una porzione (foglia, ramo, germoglio) alla volta, estendendosi poi man mano sulla pianta.
Secondo passo: individuare il nemico
Contro le fisiopatie, l’unica è individuare e correggere il/i fattore/i ambientali sgraditi, per veder risorgere la pianta.
Contro le avversità è necessario un intervento, meccanico o chimico/biologico, perché da sole non se ne vanno. L’intervento deve essere il più rapido possibile, ma non eseguito a casaccio: il primo passo consiste nell’individuare il nemico. È un fungo o un parassita animale, e in questo caso che tipo di animaletto è? Un insetto, un ragnetto, una larva? Sta nella terra o sulla pianta? Se siete certi di aver capito chi è l’avversario, potete procedere con le contromisure; altrimenti è meglio chiedere a un esperto, dopo aver fotografato (a fuoco!) le parti danneggiate della pianta.
Ricordiamo che è inutile intervenire contro le avversità se prima non si inquadra di che si tratta: dare un anticrittogamico o fungicida contro gli afidi è solo uno spreco di denaro e un inquinamento ambientale; lo stesso se si dà un insetticida contro il mal bianco o la macchia nera (che sono funghi)...
Terzo passo: la difesa
Dopodiché si passa alla strategia di difesa: meccanica o chimico/biologica?
La difesa meccanica consiste nell’asportare con le mani guantate o con una pinzetta gli animaletti (es. afidi o cocciniglie) schiacciandoli subito dopo, oppure nel tagliare le parti notevolmente danneggiate, che vanno smaltite tra i rifiuti organici (ma non nel compostaggio domestico). Può bastare da sola quando l’infestazione è appunto all’inizio, ripromettendosi però di tenere sotto stretto controllo la pianta nei giorni successivi.
La difesa chimico/biologica consiste nell’utilizzo di un prodotto chimico o biologico da cospargere sulla pianta o sul terreno. I prodotti chimici comprendono insetticidi, acaricidi, nematocidi o geodisinfestanti (contro i vermi), lumachicidi e fungicidi (o anticrittogamici), le cui sostanze attive sono di natura chimica di sintesi (cioè creati in laboratorio).
I prodotti ammessi in agricoltura biologica hanno la stessa classificazione sulle medesime avversità, ma sono di natura quanto mai varia: sali minerali meno nocivi, come il rame e lo zolfo; estratti di piante, come l’olio di neem o di pino; sostanze naturali come la propoli; organismi parassiti o predatori degli animali nocivi, come le larve di coccinella.
Chimici o biologici che siano, i fitofarmaci vanno sempre maneggiati con attenzione, soprattutto rispettando alla lettera le indicazioni in etichetta.