La vitamina C dove si trova? Nello specifico, ora vedremo quali ortaggi e piante coltivate sono ugualmente ricchi di questa sostanza per l’organismo. In seguito, nel terzo post sull’argomento, vedremo come accrescere le difese immunitarie e nel quarto vi daremo spunti per preparare tisane alle erbe contro i disturbi da raffreddamento.
Gli ortaggi, alimenti ricchi di vitamina C
Altri tre tesori vitaminici si possono coltivare nell’orto, ma anche sul balcone: sono il prezzemolo, il crescione e il peperoncino. Il primo, che ha un contenuto di vitamina C di 160 mg per etto, va aggiunto fresco e crudo ad almeno una pietanza al giorno: considerato che le foglie vengono prodotte di continuo, ne bastano due cassette (8 piante) a testa. È noto per la lentezza di germinazione (anche 40 giorni), ma poi parte: chiede il sole o la mezz’ombra, molta acqua, un po’ di concime. Va trattato da annuale, perché nel secondo anno si concentra sulla fioritura.
Il crescione è addirittura più vitaminico (170 mg/hg) del prezzemolo: ne basta un rametto portato in tavola ogni giorno e quindi 6 piantine sono sufficienti. Ha una sola esigenza: il substrato sempre leggermente umido, nient’altro.
Con il peperoncino si accontenta l’estetica del balcone e la salute del corpo: le bacche mantengono anche essiccate una parte di vitamina C (180 mg per etto fresco), quindi si possono raccogliere (con l’intera pianta se coltivata nell’orto) appena raggiungono il colore della maturità per metterle ad asciugare in luogo aerato e ombroso; si conservano in sacchetti di carta per sei mesi. Se si parte dalla semina, in aprile a dimora, si ha la certezza di avere piante non trattate: ne bastano 5 a persona per coprire tutto l’inverno. Desidera un terriccio fertile e ben drenato, una posizione soleggiata, abbondanti ma distanziate irrigazioni, concimazioni ogni 15 giorni.
Non solo alimenti con vitamina C, ma anche piante ornamentali
In giardino sono due le piante vitaminiche, ma anche ornamentali, da coltivare: la rosa canina e l’alchechengi. La prima assicura ricche fioriture in maggio, con corolle semplici rosa tenue e stami gialli, a cui segue da ottobre in poi la presenza dei frutti, i rossi cinorrodi, belli da vedere, buoni da mangiare e abbondantissimi in vitamina C (400 mg di vitamina per etto). Si consumano così come sono, eliminando i semi e le barbe spinulose, oppure se ne ricavano marmellate e sciroppi che mantengono buona parte di principi attivi. Per avere la pianta, basta asportare una talea in ottobre e farla radicare al fresco; a parte le annaffiature nel primo anno di vita non chiederà nient’altro. Per una persona sono sufficienti due piante adulte.
L’alchechengi o chichinghero racchiude nel frutto uno scrigno vitaminico (200 mg/hg): si mangia fresco da solo o in macedonia, oppure s’intinge nel cioccolato fuso per creare deliziosi cioccolatini. Considerato che le bacche non si conservano, 3 piante pro capite sono sufficienti. Necessita di molto spazio, posizione soleggiata, terreno fertile e fresco, annaffiature costanti e un paio di concimazioni con un fertilizzante per pomodori, all’inizio e a metà coltura. I frutti sono pronti quando la “lanterna” pergamenacea che li avvolge diventa rossa.