"Apocynaceae, chi erano costoro?", per parafrasare il manzoniano Don Abbondio. Detto così, il nome di questa famiglia botanica sembra ai non addetti ai lavori solo un gratuito sfoggio di latinorum. Ma se invece si dice "oleandro" o "pervinca" o "dipladenia" o "falso gelsomino", improvvisamente l'orizzonte si libera dalle nuvole per tutti. Queste sono solo quattro delle piante – le più note – che rappresentano questa importantissima famiglia, caratterizzata da rappresentanti che, per la maggior parte, sono originarie di terre più calde della nostra italica, ma che oggi – con il riscaldamento climatico in corso – potrebbero venire buoni negli anni a venire.
Oltre alla corolla a tubo/stella e al fogliame persistente, in comune tutte le rappresentanti hanno una caratteristica fondamentale, da tenere sempre ben presente: emettono – chi più, chi meno – un lattice o una linfa velenosa. Sarebbe bene maneggiare tutte le Apocinacee con i guanti se l'intento è quello di tagliare dei pezzi di pianta, e quindi di far sgorgare il contenuto. Anche perché, è vero che non si muore se un po' di lattice bagna le mani, ma è anche vero che mantiene una sensazione appiccicaticcia anche dopo un tempestivo e prolungato lavaggio delle mani con il sapone: una sensazione veramente fastidiosa!
È invece tassativo sorvegliare i cuccioli a due e quattro zampe, perché la linfa diventa veramente pericolosa se viene ingerita, soprattutto da esserini di piccole dimensioni: non devono assolutamente mangiarsi dei pezzi di pianta, né mettersi le manine in bocca dopo averli strappati! E se vedete della schiuma uscire dalla bocca dei vostri piccoli che si sono aggirati in mezzo alle Apocinacee, filate immediatamente al Pronto soccorso o dal veterinario!
Questo avvertimento non vuol incitare, ovviamente, a eliminare le Apocinacee dal giardino, dal terrazzo o dall'abitazione, ma semplicemente vuole mettere in guardia rispetto a una coltivazione "passiva" o "ignorante": basta sapere cosa comporta e come bisogna agire...
La triade di Apocynacee di grande successo
Oleandro, falso gelsomino, pervinca: tutti li conoscono, quasi tutti li coltivano abitualmente, sia per la facilità di mantenimento, sia – a monte – per la loro bellezza.
L'oleandro (Nerium oleander) è pressoché indistruttibile: vive in giardino e in vaso (purché adeguato alle dimensioni dell'esemplare, min 20 cm per pianta alta 40 cm); con lui si possono creare siepi e macchie di colore, oppure può vivere da solo, in un punto focale di un piccolo spazio, o anche può arredare il terrazzo dividendo due zone attigue, o riempire di colore e tenue profumo (solo varietà rosa doppie) il balcone. E ancora, tollera fino a –15 °C non senza danni: parte dei rami muore e va quindi potata nella successiva primavera, e fino a –8 senza conseguenze; sopporta il sole a picco dell'estate siciliana, la salsedine delle coste marine, il calore afoso del luglio padano, i bruciori dei raggi agostani a 1.000 m di quota sulle Alpi. Chiede in cambio tanta acqua d'estate se vive in vaso; una buona concimazione granulare in aprile, giugno e settembre; una legatura dei rami se si aprono ingombrando il passaggio. Se necessarie, tollera anche le potature drastiche: il taglio a 10 cm dalla base porta a un pronto ricaccio di nuovi rami giovani, che però fioriranno solo l'anno successivo. E fra maggio e luglio se ne possono ricavare tante talee, scegliendo rametti dell'anno precedente e ponendoli in una bottiglietta d'acqua fino a completo sviluppo delle radici (che devono diventare di colore beige chiaro prima di invasare la futura piantina).
Il falso gelsomino (Trachelospermum – sin. Rincospermum – jasminoides) è un pratico jolly dalle Alpi a Capo Passero: rampicante, sempreverde, fioritissimo in (aprile)-maggio-giugno, profumatissimo, resistente in un intervallo termico che va da –10 a +50 °C, adattabile alla piena terra come al vaso (sempre grande: min 40 cm per un singolo esemplare, min 80 cm per tre piante), vive in qualunque contesto, puro o inquinato, fiammeggiante o solo parzialmente soleggiato. I suoi tralci vanno indirizzati su un supporto (ideale un traliccio) e non andrebbero mai tagliati: se necessita una potatura, la pianta ci metterà un anno per rifiorire. Richiede le stesse cure dell'oleandro, ma dose dimezzata di concime.
La timida pervinca (Vinca minor), proveniente dai nostri boschi mediterranei, teme il pieno sole, soprattutto nel Centro-Sud, e ama invece posizioni semi- o del tutto ombreggiate. Non tenetela in vaso, dov'è sprecata: deve essere libera di espandersi, sotto alberi o arbusti, o nell'aiuola a nord quasi dimenticata. In pochi anni diverrà tappezzante, coprendo perfettamente il terreno e regalando, da marzo a giugno, belle corolle viola ("color pervinca") che spiccano sul verde intenso del fogliame sempreverde. Una volta in piena terra, non chiede nulla: né acqua, né concime, né altre cure. Potrà capitare, però, che dobbiate disboscarne una parte perché ha sconfinato dagli spazi assegnati: potete fare nuove piantine, infilando i pezzi di tralci nei consueti vasetti di torba e sabbia umide da tenere all'ombra. Il taglio, anche drastico, non la spaventa, riprendendo subito ad allungarsi e preparandosi alla fioritura. Oltre al sole intenso, ha un unico altro nemico: la salsedine, ed è quindi inadatta a zone costiere.
Le bellezze esotiche
Sono originarie delle zone tropicali del mondo, e richiedono un clima consono, o numerose precauzioni invernali: le Apocinacee esotiche lasciano a bocca aperta per la bellezza delle loro vivide corolle tubiformi, anche se poi, nel Nord Italia, a ogni ottobre si pone il problema del loro riparo, che quasi sempre ne provoca la caduta delle foglie.
La prima è la dipladenia (Dipladenia splendens) con la cugina mandevilla (Mandevillea suaveolens): la prima è molto più diffusa perché più resistente (tollera fino a 8 °C senza danni, e fino a 5 °C con danni), nonché elaborata dai floricoltori in diversi colori (oltre al classico rosso, anche rosa intenso, bianco, variegato oppure giallo uovo). La seconda è più delicata (temperatura minima 12 °C), più ingombrante con le sue foglie più grandi (fino a 20 cm di lunghezza) e con i tralci in attiva crescita estiva (fino a 4 m di lunghezza), ma regala corolle più grandi (fino a 10 cm di diametro), di colore rosa. Vivono entrambe in vaso, di discrete dimensioni, utile a ricoverarle in veranda, pianerottolo o serra calda d'inverno se non abitate in riva al mare o nel Sud Italia. Entrambe necessitano di un traliccio per arrampicarsi, o di una rete dove possano restare aggrappate tutto l'anno (in zone miti). Amano generose ma diradate annaffiature estive, sempre con una dose di concime per piante da fiore. È possibile (ma non auspicabile) potarle per ricoverarle in autunno...
Si trova facilmente anche dal fioraio, venduto come pianta d'appartamento, il gelsomino del Madagascar (Stephanotis floribunda): colpisce per il bel fogliame lucido e verde carico, nel quale spiccano le corolle imbutiformi candide, profumatissime, sui tralci intrecciati su un archetto infisso nel vaso. Anche se può vivere in piena terra solo nel Meridione – in posizione riparata e soleggiata perché teme discese sotto i 13 °C – non può certo vivere fra le mura domestiche, se non in inverno: da fine aprile a fine settembre tenetelo sul balcone o terrazzo, a mezzo sole, in un punto riparato dal vento. Fiorisce fra maggio e luglio, chiedendo in cambio annaffiature regolari, con una buona concimazione per piante da fiore sino a settembre. Sverna in serra calda o in veranda, a volte senza perdere le foglie.
Le perde invece tutte il frangipani (Plumeria rubra) entro un mese dal ricovero invernale in una stanza fresca (temperatura fra 8 e 15 °C), così come raggrinzisce il fusto: non impietositevi e non bagnatela! Riprendete solo a maggio, quando potrà tornare all'aperto: ci vogliono almeno 3 settimane per vedere spuntare il primo cerchio apicale di foglioline, e un paio di mesi per la fioritura – sempre che la pianta sia adulta a sufficienza (le giovani non fioriscono) –. Sarete ripagati da perfette corolle, in genere bianche con centro giallo limone, ma anche in altri colori caldi secondo la varietà, dall'odore intenso, spesso piacevole (ma non sempre). La posizione deve essere super-soleggiata, l'acqua scarsa ma regolare su terriccio asciutto, la concimazione ad annaffiature alterne in primavera-estate. In giardino può vivere solo nel Sud più caldo, sempre in luogo riparato e soleggiato; altrove la destinazione inderogabile è il vaso, non troppo grande.
A metà fra il frangipani e l'oleandro c'è l'oleandro giallo (Thevetia peruviana), che assomiglia al primo per il fiore giallo dai petali arrotondati, e al secondo per il fogliame lanceolato, rigido, verde scuro. Putroppo, assomiglia al frangipani anche per esigenze di coltivazione, in particolare per la richiesta di calore: valgono anche per la tevezia i consigli dati per la plumeria. Ma potrete sfoggiare un insolito "oleandro giallo" in vaso, magari inframmezzandolo a sorpresa fra i veri oleandri (che non avranno mai quel punto acceso di giallo limone carico!)...
Apocynacee curiose, da scoprire
Un tempo ascritte alla famiglia delle Asclepiadacee secondo il botanico Robert Brown (1810) e il sistema Cronquist (1988), dal 2003 la nuova classificazione APG II pone i prossimi due generi, curiosi, decorativi e abbastanza facili da coltivare, fra le Apocinacee, che attualmente comprendono ben 366 generi botanici raggruppati in tre sottofamiglie, 25 tribù e 49 sottotribù.
Le Asclepias reperibili in Italia sono sostanzialmente tre (quattro): A. incarnata, A. curassavica e A. tuberosa. Si tratta di piante erbacee o piccoli arbusti impavidi di fronte al freddo (entro il limite di –8 °C circa), che fra giugno e agosto regalano numerosissime infiorescenze di corolle a stella, in genere arancio/rosse, ma anche bianche o rosa, sempre frequentatissime dalle api (sono piante sconsigliabili se siete allergici alla puntura degli insetti Imenotteri). Mentre la quarta specie, A. syriaca, è la cosiddetta "pianta dei pappagallini", perché da settembre in poi i frutti assumono una incredibile forma che ricorda la sagoma di una cocorita verde: in genere si appendono "per il becco" (che in realtà è il picciolo) a un bicchiere, come se fossero pappagallini all'abbeverata... Tutte vivono bene in piena terra o in vasi grandi, a patto di annaffiarli regolarmente, mentre la concimazione non è indispensabile.
Anche l'albero della seta (Gomphocarpus fruticosus) si fa in realtà notare più per i frutti che per i fiori, che peraltro hanno la forma di piccole astronavi stellate, bianche con centro porpora, e non passano inosservate. Ma i frutti... Sono sfere (botanicamente "follicoli") del diametro fino a 8 cm, verde-giallognole, con peli radi e ruvidi: una sorta di "palle di Natale" su un arbusto che somiglia anch'esso – vagamente – a un oleandro, non certo a un abete natalizio... Vive in piena terra al Sud e lungo le coste tirreniche, mentre altrove può resistere in un vaso grande (min 32 cm di diametro), da ricoverare in una stanza fresca d'inverno.
Le Apocynacee grasse per esperti...
Tralasciando le altre centinaia di generi arbustivi o erbacei facenti parte delle Apocinacee – anche perché non reperibili in coltivazione o in Italia –, ci spostiamo sul versante "succulente", nel quale abbondano piante spettacolari, facilmente reperibili ma non altrettanto semplici da coltivare.
Un esempio? L'oleandro del Madagascar o rosa del deserto (Adenium obesum), splendida piantina stracarica di fiori rosso porpora al momento dell'acquisto, e spesso denudato di foglie e corolle nell'arco di 30 giorni dall'arrivo a casa... Questa "ghignosa" succulenta, infatti, vuole condizioni ben precise, e non altre: sole in abbondanza ma non bruciante (quindi non fra le 11 e le 15 in piena estate), poca acqua con regolarità ma solo quando il substrato si è ben asciugato. Se i raggi sono troppi o scarsi, se l'irrigazione latita o eccede, le foglie manifesteranno il disappunto ingiallendo sulla punta e poi su tutta la lamina, e cadranno, mentre i fiori rimarranno in boccio che dopo poco cadrà... E la pianta resterà nuda! Se le inderogabili condizioni sono quelle giuste in estate, ci vorranno poi quelle altrettanto idonee per la cattiva stagione: ricovero in una stanza fresca (10-15 °C) appena le minime notturne scendono sotto i 13 °C; posizione molto luminosa preferibilmente senza raggi diretti; niente acqua per tutto l'inverno. E l'alternanza stagionale fra ambiente chiuso e aperto è assolutamente tassativa...
È leggermente più "accomodante" la palma del Madagascar (Pachypodium lamerei), anch'essa dalla singolare forma a fiasco ornato però da temibilissime spine acuminate. All'apice del fusto-fiasco c'è un ciuffo di lunghe foglie (sempre simili a quelle dell'oleandro) fra le quali, nelle piante adulte, spunta un'infiorescenza di corolle nivee con occhio giallo. Può vivere in piena terra nelle zone più calde del Meridione, in un punto soleggiato e non ventoso; altrove vige l'obbligo della vita in vaso. Per il resto desidera le stesse cure dell'Adenium, ma non è così rigorosa e tollera qualche piccolo errore senza scomporsi.
Infine ci sono le strabilianti, e mediamente gestibili, ceropege: fra quelle più comuni in Italia, Ceropegia sandersonii assomiglia, in miniatura e in grassoccio, a uno Stephanotis, con gli stessi fiori bianchi ma più piccoli; C. woodii ("collana di cuori") stupisce invece per le piccole foglie grasse, ovali-cuoriformi, dal reticolo chiaro perfetto, pendenti sui tralci reclinati verso il basso (ideale allevarla in basket); infine C. haygarthii lascia a bocca aperta quando fiorisce, perché produce miniature di satelliti, dotati di antenna, impossibili da spiegare a parole...
Sono le più adattabili alla vita sempre in casa, all'eccesso di calore, alla scarsità di luce e alla mancanza d'acqua: non fioriranno, ma non moriranno come Adenium e Pachypodium. Per avere i fiori, è bene bagnarle sempre poco tranne che in aprile-maggio, quando si può aumentare un pochino l'acqua (con aggiunta di un concime per piante grasse) per stimolare la produzione di boccioli; e poi metterle all'aperto da fine aprile a fine settembre, a mezz'ombra, e in casa al freddo (10-12 °C è la temperatura giusta) nei restanti mesi.
... e quelle per super-esperti
Per terminare ci sono le cosiddette "stapelie", appartenenti ai generi Hoodia, Huernia, Caralluma, Orbea e Stapelia. Tutte hanno corti fusti cilindrici, carnosi, eretti o prostrati e striscianti o ricadenti, senza spine (tranne Hoodia), sui quali, nel cuore dell'estate, sbocciano grandi (fino a 8 cm di diametro) fiori a cinque punte (vagamente "parabolici") con un occhio scuro centrale. I loro colori sono decisamente insoliti: accanto a bianco screziato di porpora, rosa, oppure rosso, c'è il marrone nelle tonalità da beige a testa di moro. Così come è insolito l'odore che emanano: generalmente di carne marcia, visto che in natura devono attirare mosche e altri insetti coprofagi...
Ottenere la fioritura non è semplice: la pianta deve essere in genere adulta; deve sentire – come già detto – l'alternanza di temperatura fra estate e inverno; dalla primavera a fine estate deve ricevere alcune ore di sole diretto ma non quelle centrali; le annaffiature devono essere regolari ma scarse durante la bella stagione, e nulle nei restanti mesi; un po' di concime per succulente non guasta.
E bisogna scongiurare l'arrivo del loro peggior nemico: le cocciniglie cotonose o fioccose che hanno il radar per le stapelie. Estrema attenzione al bilanciamento idrico, per non disseccare le piante debilitandole, e almeno settimanale osservazione dei diversi fusti, anche nelle parti adagiate una sull'altra o sul substrato, e del colletto, zona assai gradita ai malefici insetti. Se li trovate, schiacciateli subito con una pinzetta per ciglia. Ricorrete a un insetticida solo se la situazione è veramente grave e ingestibile: le succulente non amano mai i trattamenti con gli agrofarmaci.
Oleandro: coltivatelo così
- Richiede il pieno o mezzo sole, altrimenti non fiorisce. Prospera fra 12 e 35 °C, ma resiste fino a –10/–15 (alcune varietà) e +50 °C. Per la precisione, sopporta temperature sotto zero per periodi brevi: in Val Padana è bene avvolgere il vaso – se non è in piena terra – e la chioma con plastica a bolle o non-tessuto; nella zona alpina va coltivato solo in vaso e ricoverato in un locale fresco e luminoso d'inverno. Tollera il vento, anche salmastro.
- Il vaso deve essere in plastica (anche in terracotta nel Sud), di diametro min 30 cm per pianta alta 1 m. Si rinvasa ogni anno fino ai 10 anni, poi ogni tre anni in un contenitore di una misura in più. Il substrato è indifferente, per es. terriccio per piante fiorite, oppure universale, oppure da giardino, purché con ottimo drenaggio sul fondo del vaso. In giardino si adatta a ogni contesto: terreno argilloso, secco, sassoso, povero ecc., purché non assolutamente acido.
- L'acqua in vaso va somministrata in abbondanza con regolarità da maggio a settembre appena il substrato si asciuga (se si piegano le infiorescenze la pianta è già sotto stress), sospendendo negli altri mesi. In giardino basta annaffiare nel primo anno dall'impianto.
- Si concima da aprile a settembre in vaso ogni 15 giorni con un prodotto liquido per piante da fiore nell'acqua d'irrigazione, oppure in giardino in aprile, giugno, settembre un prodotto granulare a lenta cessione per arbusti da fiore.
- Si pota solo se è indispensabile per ridurne l’ingombro tra dicembre e febbraio, oppure per svecchiare l’esemplare tagliando alla base un ramo vecchio ogni inverno (per non perdere del tutto la fioritura).
- Fra le malattie e i parassiti si annoverano gli afidi che aggrediscono piante in fase di stress idrico; il ragnetto rosso che colpisce esemplari che, oltre alla carenza idrica, soffrono per l’immobilità dell’aria; il cancro rameale che, sotto forma di escrescenze, deriva dall’uso di cesoie infette o tagli mal praticati su soggetti deboli.
Falso gelsomino: coltivatelo così
- Vuole il pieno o mezzo sole, al massimo ombra/sole (ma fiorirà molto meno). Mantenete sempre il piede all’ombra. Tollera temperature comprese fra –10 e +45 °C. Resiste al gelo della Val Padana senza protezioni (in previsione di un gelo prolungato, si può avvolgere la chioma con il non-tessuto), ma va protetto in un locale fresco (non più di 10 °C) sull’arco alpino. Non teme la salsedine.
- Dategli un vaso in plastica, di diametro minimo 40 cm per pianta alta 1 m. In marzo nei primi anni è bene rinvasarlo in una misura in più fino alla massima raggiungibile, poi si rinnova solo il terriccio superficiale. La terra deve essere fertile, fresca, non pesante, per es. metà terra da giardino e metà terriccio universale con aggiunta di sabbia; il drenaggio deve sempre essere ottimo. In piena terra si adatta a ogni tipo di terreno purché non acido. La distanza deve essere di almeno 80 cm fra una pianta e l'altra.
- In vaso somministrate acqua abbondante e regolare in maggio-giugno durante la fioritura, medio-abbondante in luglio-agosto, media in aprile e settembre, scarsa nei restanti mesi. Riducete le dosi in giardino.
- Concimate in giugno e ottobre-novembre con un prodotto granulare a lenta cessione per arbusti da fiore; in marzo mezza dose dello stesso prodotto.
- La potatura si effettua solo se è indispensabile ridurne lo sviluppo, in dicembre-gennaio, in modo da contenere la fuoriuscita di lattice dai rami tagliati.
- Le cocciniglie possono attaccare foglie e rami, secernendo abbondante melata su cui si instaura la fumaggine; colpiscono le piante indebolite per errori nella manutenzione. L'arrossamento del fogliame e conseguente caduta si verifica a causa del freddo o di un eccesso di concime (siate leggeri nel dosaggio).
Carissa, un genere interessante
Fra i generi di Apocinacee disponibili sul mercato ce n'è uno che, oltre alla fioritura, offre altri due vantaggi speciali: è il genere Carissa.
È caratterizzato dall'abbondante presenza di spine sui fusti e sui rami: può essere impiegato vantaggiosamente per creare fitte siepi impenetrabili. Inoltre, una delle specie, Carissa macrocarpa o prugna del Natal, è così chiamata perché ai fiori profumatissimi fa seguire frutti commestibili, dal gradevole sapore esotico. Senza tuttavia dimenticare che anche Carissa, come tutte le Apocinacee, è velenosa nelle restanti parti della pianta.
Nei vivai specializzati in piante tropicali, e nei garden center più forniti, potete trovare con una certa facilità Carissa grandiflora, una sempreverde dal fogliame lucido e dalla fragrante fioritura, candida e profumata, che ricorda nella forma i gelsomini. Folta e compatta, raggiunge 1,8-3 m d’altezza (oltre nei Tropici) e poco più di 1 m in larghezza.
Vuole un clima caldo o temperato, esposizione soleggiata, terreno ben drenato e, nonostante sia piuttosto resistente alla siccità, affinché fiorisca bene conviene innaffiarla in estate e potarla ogni anno. Cresce benissimo vicino al mare ed è davvero spettacolare quando è in fiore, da metà primavera per tutta l’estate. Può comunque vivere bene fino alla Val Padana compresa, in vaso laddove il clima non sia quello del Meridione.
Pervinca del Madagascar, un sicuro passe-par-tout
Fra le Apocinacee che non possono mancare in balcone, terrazzo o giardino c'è la pervinca del Madagascar (Catharanthus roseus), un vero passe-par-tout di sicuro successo.
Si tratta di una piantina perenne, che in genere viene utilizzata come annuale, più che altro perché teme il freddo invernale (arriva solo fino a 5 °C). È una sempreverde, alta e larga 30 cm, con foglie verde scuro o rosso porpora.
I fiori sono semplici, semidoppi o doppi, prodotti da aprile a ottobre, nei colori bianco, rosa, salmone, rosso, viola, in una profusione ininterrotta per tutta la stagione.
Vive bene sia in giardino, come bordura o per riempire un’aiuola, sia in vaso e in cassette da balcone. È bene rinvasare in un paio di misure in più le piantine appena acquistate in vivaio o garden center. Desidera una posizione a mezzo sole, e comunque non sotto i raggi delle ore centrali del giorno in piena estate.
Solo nel Sud può resistere all’aperto tutto l’anno senza precauzioni. Nel Nord Italia si può provare a pacciamare bene le piantine in piena terra, ma il risultato dipende dalle basse temperature raggiunte durante l'inverno. Se l'esemplare è in vaso, va ricoverato in una stanza fredda (temperatura fra 8 e 12 °C). Sopporta il caldo intenso se ben irrigata, e la salsedine/acqua leggermente salmastra.
Desidera un terreno fertile, leggero, torboso, umido e drenato, soffice e ben arieggiato. Teme molto la siccità: bagnate con abbondanza, in giardino come in contenitore, in primavera-estate, un po' meno in autunno e sospendete le irrigazioni in inverno (anche sulle piante ricoverate in luogo freddo). Va concimata da aprile a ottobre, ogni 15 giorni con un prodotto per piante da fiore.
Le Apocynacee più pericolose
Ci sono due Apocinacee il cui contenuto di sostanze attive farmacologicamente le rende diverse dalle altre della famiglia.
La prima è il vincetossico (Vincetoxicum hirundinaria), pianta spontanea in Italia ai margini dei boschi, nelle siepi di campagna, sui pendii soleggiati anche sassosi. È un'erbacea perenne con fusto semplice, lignificato alla base, in genere eretto, di oltre 1 m d'altezza. Le foglie sono opposte, ovato-lanceolate e acuminate. I fiori, tra maggio e agosto, sono bianchi o giallo verdi, raccolti in corimbi all'ascella fogliare. I frutti sono follicoli e i semi hanno un pappo bianco sericeo. Tutta la pianta è molto velenosa, in particolare il rizoma e le radici, dall'odore nauseabondo, a causa del contenuto in vincetossina, asclepina, asclepiadina o cinanchina, acido asclepico.
La seconda è la rauvolfia (Rauwolfia serpentina), originaria dell'Himalaya. È un arbusto alto fino a 1 m, con foglie opposte o verticillate a gruppi di 3 o 4, fiori piccoli a stella, e piccoli frutti a drupa. Nella corteccia delle radici contiene vari principi attivi di grande interesse farmacologico, come rescinnamina, raunescina, deserpidina, yohimbina e reserpina. Sono alcaloidi di eccezionale importanza terapeutica nel trattamento dell'ipertensione, delle psicosi schizofreniche e in numerose altre affezioni, naturalmente assumendoli sempre sotto stretto controllo medico.
Hoya, non è una sola
Anche la hoya o “fiore di cera” o “di porcellana” (Hoya carnosa) è un'Apocinacea. Ma al genere Hoya non appartiene solo il notissimo fiore di cera, visto che ben 200 sono le specie nel mondo...
In Italia si può trovare facilmente anche H. kerrii, dalle foglie grasse e cerose a forma di cuore.
Solo nei vivai specializzati in piante succulente si reperiscono invece altre specie e varietà: H. pubicalyx ‘Red Buttons’, dai fiori a stella di colore rosso-porpora con margine bianco e centro rosso; H. australis, con bellissimi fiori bianchi soffusi di rosso al centro, lucidi; H. fraterna, dalle grandi e dense ombrelle di 20 fiori di 2,5 cm, di colore rosa-rossastro con corona gialla; H. imperialis, con fiori rosso-bruno o porpora, in ombrelle pendule; H. obovata, dai fiori piccoli di 1,5 cm, di colore che varia dal giallo crema al rosa scuro, corona porpora con centro rosso; H. wayetii, con fiori piccoli (0,9 cm), rosso-rosati, pubescenti e profumati, con petali riflessi, in infiorescenze pendule, per cestini pensili.
Fockea, la caudiciforme
Il genere Fockea, di origine africana, comprende una decina di specie di piante caudiciformi, cioè dotate di un largo caudex (fusto), rugoso, a forma di bottiglia, con radici carnose, che in natura sta in buona parte sotto terra, ma in vaso viene posto al di fuori per evitare marciumi. In Africa questi grossi fusti vengono consumati arrostiti. Il caudex si ramifica all'apice, con rami rampicanti, lunghi fino a 2 m in natura, pronti ad avvinghiarsi a qualunque sostegno. In agosto-settembre produce numerosi fiori di colore bianco crema o giallo verdastro, delicatamente profumati.
Le Fockea (multiflora ed edulis le più diffuse) vengono coltivate per la bellezza del caudex e, in seconda battuta, per quella del fogliame e dei tralci rampicanti.
Amano 4-5 ore di sole, meglio se di mattina, all'aperto tra fine aprile e fine settembre, in una stanza fredda (8-12 °C) negli altri mesi, anche se sopportano di vivere tutto l'anno in casa al caldo. Temono temperature sotto 4 °C.
Vanno annaffiate tra marzo e ottobre, ma solo dopo che il substrato è ben asciutto. Aggiungete anche una dose di concime per piante grasse ogni 15 giorni.
Il terriccio dev'essere ricco di humus e sabbia o lapillo o vermiculite. Il vaso dev'essere capiente, poiché l'apparato radicale ha sviluppo rapido e vigoroso. Dev'esserci poi un traliccio di sostegno per i lunghi rami.
Attenzione al ragnetto rosso e alle cocciniglie, frequenti in ambienti troppo secchi e caldi, poco ventilati.