Dalle lontane terre del Nord Europa fino alle coste del Mediterraneo, da tempi lontani, la notte di S. Giovanni, dalla mezzanotte del 24 giugno fino alle prime luci dell’alba, è considerata una notte speciale, carica di misteriose magie. Il culto cristiano di San Giovanni Battista si è innestato in un substrato culturale ancora più antico, e nelle campagne di ogni parte d’Italia, ancora pochi decenni orsono, la festa del 24 giugno era solennizzata con falò ed altri riti un tempo collegati agli antichi culti solari giacché la festa cade nel solstizio d’estate, tempo di mietitura e con chiaro riferimento alla simbologia del fuoco e alle sue funzioni purificatrici e propiziatrici.
Il matrimonio fra sole e luna
Tutto nasce dai ritmi immutabili, scanditi dai fenomeni astronomici. Così come avviene il 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, anche il 21 giugno, solstizio d’estate, è una data fatidica: già in epoche pre-cristiane i il cambio di direzione che il sole compie, tra il 21 e il 22 giugno, rappresentava un momento particolare e magico. In questo giorno il sole raggiunge il punto più alto e subito dopo comincia a decrescere. Si entra così nel semestre del sole discendente, che si concluderà il 21 dicembre con il solstizio d'inverno, quando il sole ricomincerà il percorso ascendente. Dal 21 giugno le giornate cominciano, seppur impercettibilmente, ad accorciarsi.
La parola solstizio deriva dal latino sol, “sole”, e sistere, “fermarsi”: agli antichi sembrava infatti che il sole si fermasse e tornasse indietro. Nel solstizio d’estate il sole “si ferma”, sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto, fino al 24 giugno (in quello invernale il fenomeno accade fino al 25 dicembre), giorno in cui ricomincia a muoversi nel cielo, sorgendo gradualmente sempre più a sud sull'orizzonte (a nord dopo il solstizio invernale).
Il fenomeno del sole ‘fermo’ appariva certo molto inquietante agli occhi degli antichi: solo una fortissima magia poteva dare un risultato così impressionante. Oggi sappiamo che, ovviamente, non è il sole che si ferma; la spiegazione è da ricercarsi nel movimento della Terra attorno all’astro solare. In passato si pensava che il sole si fermasse per sposarsi con la luna: un connubio benefico fra i due corpi celesti ben visibili dalla Terra. Benefico perché carica di energia il nostro pianeta, riversando i poteri positivi del fuoco, provenienti dal sole, e dell’acqua, derivanti dalla luna.
Così, in età precristiana questo periodo era considerato sacro: tutte le piante e le erbe sulla Terra ne venivano influenzate con particolare forza e sacralità.
Con l’avvento del Cristianesimo, questi riti pagani sono stati assorbiti dalla notte di S. Giovanni, il 24 giugno, in virtù degli attributi del Santo, cioè il fuoco e l’acqua, che sono stati tradotti nelle usanze popolari di accendere grandi falò e raccogliere la rugiada all’alba. Ecco perché la notte fra il 23 e il 24 giugno è una notte magica: il mondo naturale e quello soprannaturale si compenetrano e accadono “cose strane”. Non ci credete? Ma se perfino Shakespeare le ha descritte nel suo Sogno di una notte di mezza estate...
Lasciatevi trascinare in un gioco divertente e affascinante, che vede protagoniste le streghe e i maghi della notte.
Le erbe magiche
Dal 20 al 24 giugno l’unione del sole con la luna conferisce alle piante terrestri proprietà particolari: le erbe raccolte nella notte di S. Giovanni, camminando a piedi nudi sull’erba, hanno un potere magico, perché benedette dalla rugiada del santo e dagli influssi astrali. Diventano così in grado di scacciare malattie e sortilegi, e tutte le loro caratteristiche vengono esaltate e portate alla massima potenza. Fatte seccare al sole, si utilizzano fino all’inverno per preparare pozioni magiche e per confezionare incantesimi. Un tempi si diceva che i viandanti che si fossero trovati per strada al calar del sole, con il rischio di cattivi incontri di ladri e stregoni, sarebbero tornati a casa sani e salvi solo se avessero portato con sé, sotto la camicia, un mazzolino di erbe raccolte proprio la notte del 24 giugno.
Ogni località d’Italia ha un suo elenco di piante, legato al territorio, ma alcune erbe sono conosciute e presenti in tutto il nostro Paese: l'iperico, detto proprio “erba di S. Giovanni”, l'artemisia, dedicata alla dea della caccia Diana-Artemide, e quindi protettrice delle donne, la verbena, il vischio, il sambuco, l’aglio, la cipolla, la lavanda, la mentuccia, il biancospino, il corbezzolo, la ruta, il rosmarino...
In epoche in cui la medicina era pressoché inesistente e solo il soprannaturale sembrava dare un aiuto, si usava preparare l’“acqua di San Giovanni”, una mistura miracolosa che si diceva prevenisse ogni genere di malattia. Volete dare una chance alle credenze dei nostri antenati? Per confezionarla, il 23 giugno bisogna raccogliere foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino, si mettono a bagno in un bacile colmo d'acqua di fonte, da lasciare per tutta la notte fuori casa, esposto così all’influsso della luna. Alla mattina successiva ci si lava con quest’acqua, per rendere bella e forte la pelle, preservarsi dalle malattie e dalla malasorte. Tentar non nuoce...
La notte di fate e folletti
Oltre alle erbe di S. Giovanni, ci sono altri due elementi vegetali che assumono un particolare significato durante la notte del 24 giugno: le spighe e le felci.
Per assicurarsi una lunga discendenza bisogna raccogliere tre (o multipli) spighe di grano e disporle sopra il letto matrimoniale, in modo da proteggere la fertilità; raccogliendone invece 24 e conservandole per tutto l'anno nella stanza principale della casa si allontanano le sventure. Una treccia di spighe di orzo e avena, legata al tronco di un noce all’alba del 24, garantisce un ottimo raccolto di noci, che un tempo erano fondamentali per l’alimentazione invernale. Così come sarà abbondante il raccolto di grano se, nella notte di S. Giovanni, si getta nel fiume un mazzolino di spighe di grano avariato: la corrente si porta via malattie e parassiti del cereale.
Avete mai visto fiorire le felci? Naturalmente no, perché non producono fiori: la loro riproduzione avviene mediante le spore, aventi la funzione di semi. Si diceva che nella magica notte di San Giovanni le felci potessero fiorire, complici i folletti dei boschi, formassero i semi e subito ritornassero ad assumere l’aspetto normale. Vederne i fiori non era possibile: spiare un atto così segreto sarebbe stato un atto empio e sacrilego. I più coraggiosi, però, potevano sottoporsi a una grande prova di coraggio, e spingersi nel buio per raccogliere i preziosi fiori dai poteri taumaturgici. Dopo aver posto un fazzoletto aperto sotto la felce, bisognava recarsi in un crocevia e appoggiare il mento sulla corda della forca (sempre pronta all’uso). Avrebbero così assistito al passaggio di spaventevoli streghe, stregoni, maghi, diavoli, che avrebbero fatto di tutto per spaventarlo a morte. Trascorsa la notte (e in caso di sopravvivenza dei temerari), avrebbero dovuto raccogliere il fazzoletto con i fiori caduti: il pezzo di stoffa sarebbe divenuto un potentissimo talismano per ottenere qualsiasi cosa, perché quei fiori avrebbero esercitato una forza irresistibile, tale da piegare qualunque volontà.
Il potere della rugiada
Così come il fuoco dei falò di San Giovanni, anche l’elemento acqua riveste un’importanza fondamentale nella notte del 24 giugno, e non solo per la preparazione dell’acqua di S. Giovanni. Dice infatti un antico proverbio che: "La guazza (rugiada) di Santo Gioanno fa guarir da ogni malanno". La rugiada della mattina di San Giovanni ha il potere di curare, purificare e fecondare. Per approfittare dei benefici, tre sono i sistemi: il più pratico consiste nel camminare a piedi nudi sull’erba bagnata per almeno mezz’ora; il secondo, in uso nei Paesi del Nord Europa, prevede di rotolarsi tutti nudi nell’erba alta e bagnata, ed è quindi riservato solo ai coraggiosi. Alle donne che lo fanno pare assicuri bei capelli, buona salute e molti figli... Il terzo consiste nel raccogliere la rugiada, attraverso diversi metodi: stendendo la sera un panno sull’erba e strizzandolo poi il mattino successivo, oppure ancora, passeggiando sull’erba prima dell’alba, trascinandosi dietro un lungo lenzuolo di cotone leggero, in modo che s’impregni della rugiada che imperla l’erba: quando è ben bagnato, lo si può strizzare in una bacinella.
Si dice anche che la prima acqua attinta, la mattina del 24, al pozzo scoperto per tutta la notte, utilizzata per lavarsi il viso mantenga in perfetta forma gli occhi e la vista. Bagnarsi nell’acqua di mare all’alba del 24 si diceva che potesse scacciare i dolori reumatici.
Vero e falso?
In realtà, nulla di tutto ciò ha basi scientifiche. L’effetto placebo (cioè la capacità di autoconvincimento di ciascuno di noi) può però fare miracoli, e forse proprio su questo si basavano i successi ottenuti con questi rituali e il loro tramandarsi in forma di verità, di generazione in generazione.
Cosa c’è di vero in tutte queste credenze? Una sola cosa: le proprietà delle erbe nel cuore dell’estate, grazie al loro andamento fisiologico e all’azione del sole e della luce, sono effettivamente al massimo. Ciò significa che aromi e sapori saranno più intensi, ma anche che i principi attivi dall’effetto benefico su alcuni nostri piccoli disturbi di salute sono più concentrati, e quindi più utili per alleviare il problema.
Vi ricordiamo però, a costo di cancellare anche l’ultima nota poetica della notte di S. Giovanni, che le erbe vanno sempre raccolte durante il giorno, quando sono già ben asciutte dalla rugiada e hanno iniziato a spandere nell’aria il loro profumo.
Erbe per il mazzetto di San Giovanni
Lavanda: raccolta nel momento della fioritura e confezionata in mazzetti, profuma la biancheria e scaccia le tarme. La lavanda recisa sotto la luna di San Giovanni ha poteri di purificazione, propizia felicità, amore, pace, protezione e fertilità. E' accertato che favorisce il rilassamento e il sonno.
Rosmarino: protegge dalle negatività e dal malocchio. Si utilizza per i talismani e per preparare infusi purificatori. Entrava nell’Aceto dei quattro ladroni, una pozione celebre per combattere la malasorte. E come farne a meno in cucina? Ecco dove davvero è magico e indispensabile!
Salvia: il nome deriva dal latino salvare, e davvero ha effetto benefico sull’organismo, depurandolo e favorendo il buon funzionamento degli organi femminili. Narra la leggenda che abbia acconsentito, dopo i rifiuti della rosa, della vite e del cardo, a proteggere Gesù bambino durante la fuga in Egitto ricevendone in cambio dalla Madonna la capacità di curare e guarire ogni male, come una panacea. Ancora oggi è largamente impiegata in medicina e in erboristeria.
Dal noce al nocino
Nella notte di S. Giovanni, sotto ai noci si radunavano le streghe: chi avesse osato sfidarle poteva però venire ricompensato con un delizioso liquore, il nocino. Anche oggi, la fine di giugno è il momento ideale per raccogliere le noci ancora verdi, tenere al punto da poter essere incise per donare l’aroma all’alcol. Questa è la ricetta per prepararlo: occorrono 24 noci acerbe, 1/2 litro d’alcol a 95°, 2/5 di litro di acqua, 600 g di zucchero, alcuni chiodi di garofano, una stecca di cannella, scorza di limone non trattato (facoltativa). Tagliate in quattro le noci, ponetele in un capiente vaso di vetro e aggiungete l’alcol, lasciate riposare per 24 ore. Aggiungete i chiodi di garofano, la cannella e la scorza di limone, chiudete ermeticamente e lasciate macerare per 48 giorni agitando il vaso almeno una volta al giorno. Filtrate il liquore per eliminare le noci e le spezie. Portate l’acqua a ebollizione e fatevi sciogliere lo zucchero, lasciate raffreddare e mescolate al liquore filtrato. Imbottigliate e aspettate per almeno 48 giorni. Dura anni, e invecchiando diventa ancora migliore.
Poteri magici tra verità e leggenda
Nella vostra collezione di erbe aromatiche più o meno magiche, non fate mancare queste, che esprimono il meglio del loro potere nei giorni del solstizio estivo, secondo i dettami delle antiche credenze contadine.
Artemisia. Fra le tante specie, la più celebre è l’assenzio (Artemisia absinthium), chiamata anche “pianta dell’oblio” per le ben note proprietà allucinogene. È la protettrice dei viandanti, ai quali allevia il peso della via, facilitando il cammino terreno ma anche quello spirituale e ultraterreno; inoltre scaccia i diavoli, neutralizza il malocchio e la iettatura. Un mazzetto di artemisia appeso dietro la porta protegge la casa dalla folgore. Infine, dona l'incorruttibilità e vince la caducità delle cose: si aggiungeva il succo d’artemisia all’inchiostro per rendere la carta inattaccabile dalle tarme.
Iperico. È detto “erba o fiore di San Giovanni” perché, sfregando i petali, le dita si macchiano di rosso: il sangue del santo. Portarlo all'occhiello nella notte della festa proteggeva dalle streghe. Raccogliere e portarne con sé un mazzetto allontanava gli spiriti maligni. I suoi petali infusi nell’olio extravergine d’oliva per almeno due mesi, in una bottiglia lasciata al sole estivo, producono una lozione che allevia i dolori reumatici e le contusioni.
Menta. In epoche in cui la pulizia difettava, la menta veniva sparsa sul pavimento e nei giacigli per allontanare gli insetti molesti. E' un'erba che placa l’ansia e il mal di testa e il suo profumo ha il potere di scacciare i folletti maligni.
Prezzemolo. Purifica e protegge. Una piantina tenuta sul davanzale scaccia i diavoli e le streghe. Veniva somministrato in grandi quantità per indurre l’aborto (in realtà ha proprietà emmenagoghe, cioè favorisce il flusso sanguigno e le emorragie).
I fuochi di S. Giovanni
I falò accesi nei campi nella notte di S. Giovanni erano considerati, oltre che propiziatori, anche purificatori e l'usanza di accenderli si riscontra in moltissime regioni europee. I rituali intorno al fuoco erano connessi alla fertilità del raccolto, alla salute, alla buona sorte, alla protezione dai fulmini. Riti legati ai falò del solstizio sono presenti un po’ ovunque, dal Veneto alla Sicilia, dalla Germania al Nord Africa.
I contadini li accendevano in cima alle colline, in onore del sole, per propiziarsene la benevolenza e rallentarne la discesa; con le fiamme dei falò incendiavano anche le ruote di fascine, per farle rotolare lungo i pendii, allo scopo di scacciare gli spiriti maligni. Per purificarsi, vi gettavano le cose vecchie e i pupazzi che rappresentavano il vecchio e il maligno: il fumo prodotto, oltre ad allontanare le streghe in caccia di erbe, proteggeva dalle malattie e dalla malasorte.
In Veneto e a Pamplona (Spagna) si allestivano i falò negli incroci, per scongiurare le tempeste e i fulmini. In Germania, si incendiava una grossa ruota di infuocata, fatta rotolare fino a valle, dove passa il fiume: se la ruota arrivava accesa nell'acqua il segno era favorevole, in caso contrario era di cattivo auspicio. In Nord Africa, i Berberi accendono fuochi che producano fumo denso per propiziare il raccolto dei campi e per guarire chi vi passa in mezzo.
E la mattina dopo? Si girava tre volte intorno alla cenere lasciata dal falò, se ne raccoglieva una manciata da passare sui capelli e sul corpo per scacciare i mali…
Fave, spine e lumache
- La sera del 23 le ragazze nubili prendevano tre fave: una intera, una sbucciata e la terza spezzata a metà, e le mettevano sotto il cuscino prima di andare a dormire. Durante la notte dovevano prenderne una a caso: se tastavano quella intera, in arrivo buona sorte e ricchezza, se quella dimezzata, sorte né buona né cattiva, se quella sbucciata, infausti auspici di matrimonio... sbagliato.
- Cardi e altre piante spinose, come l’eringio, potevano nelle notti del solstizio estivo essere usati in riti magici per allontanare i guai, rappresentati appunto dalle spine.
- La notte di San Giovanni in molte località piemontesi era d’uso cucinare le lumache, piatto povero ma gustoso che si diceva avesse il potere, in quella notte speciale, di scongiurare le malattie.