Il genere Senecio è un genere botanico con circa 1.500 rappresentanti differenti, accomunate dai caratteri botanici del fiore, l’elemento che consente di classificare le diverse specie: vi appartengono specie erbacee, a loro volta suddivisibili tra quelle “insignificanti” dal punto di vista ornamentale, e anzi spesso infestanti nei campi, quelle spontanee o endemiche di aree selvatiche italiane, in genere di montagna, quelle acquatiche o amanti di suoli molto umidi, e quelle aventi valore decorativo, soprattutto nelle varietà floricole, migliorate dall’intervento dell’uomo. Queste ultime sono piante da esterni, suddivise tra specie verdi da fiore che richiedono acqua e altre da foglia che resistono anche “in asciutta”.
Poi ci sono le specie suffruticose o arbustive, solitamente adattate ad ambienti aridi e rocciosi, alcune delle quale con buon valore ornamentale.
Infine ci sono le specie succulente, quelle che si fa veramente fatica ad accomunare a tutte le precedenti: a loro volta si dividono tra esemplari muniti di fusti e foglie, soggetti in cui prevalgono, per buona parte dell’anno, i fusti succulenti spogli, vestiti di foglie solo nella stagione della fioritura, e specie che le foglie non le producono mai…
A onor del vero, l’ultima riclassificazione botanica sistematica ha leggermente sfoltito i Senecio, riassegnandone una decina ad altri generi: noi riportiamo anche la nuova classificazione, ma qui descriveremo ugualmente le specie-ex Senecio perché gli appassionati le conoscono, appunto, come senecio…
Senecio, un genere eterogeneo
Specie sparse in tutto il mondo, dall’Europa all’Asia, dal Sud Africa alla Siberia, dal Sud America alla Nuova Zelanda. Erbacee annuali, biennali o perenni; suffruticose, rampicanti, arbustive o arboree (come S. johnstonii, un grosso albero che cresce a 4.000 m di altitudine sulle pendici del Kilimangiaro); succulente; acquatiche.
Rustiche, semirustiche o delicate; da coltivare in piena terra all’aperto (per aiuole, bordure, siepi, muretti, roccaglie o per coprire terreni) o in vaso (in terrazzo o serra).
La stragrande maggioranza ha infiorescenze a capolino, raggruppate in corimbi, di fiori gialli, ma con le debite eccezioni cromatiche.
Ne derivano frutti ad achenio sormontato da un vistoso pappo bianco, che ha regalato il nome al genere: il latino senex significa “vecchio”, proprio come la “barba” candida che portano queste piante a fine ciclo. Questo è il catalogo dei Senecio!
I Senecio più noti: la cineraria...
È originaria delle isole Canarie, dove si comporta da perenne, mentre da noi generalmente vive da annuale, anche per colpa delle avversità climatiche: desidera una temperatura costante intorno ai 22 °C, ma non può vivere in appartamento, dove si riempie di afidi nell’arco di pochi giorni (per la coltivazione, vedi in fondo).
Si tratta della notissima cineraria, un tempo S. cruentus o Cineraria cruenta e oggi riclassificata come Pericallis x hybrida. Il nome comune venne creato ex novo nella seconda metà del secolo scorso, per evitare il richiamo alla vecchiaia che evocava la denominazione senecio, poco gradita ai compratori…
Si tratta di una pianta erbacea alta e larga fino a 50 cm, dal portamento compatto, densa di foglie di colore verde scuro, larghe e palmate, dentate ai margini, fiorisce in primavera, tra aprile e maggio portando agli apici dei rami vistosi capolini, del diametro fino a 5 cm, nelle tonalità del blu, del rosa e dell'azzurro, con o senza occhio bianco.
Tra le varietà, ‘Grandiflorus’ raggiunge appunto i 5 cm di diametro del fiore; ‘Stellatus’ è alta fino a 80 cm e ha numerosi capolini a forma di stella, come ‘Multiflorus Nanus’ che però è alta solo 30 cm. Si utilizza per aiuole effimere (alla fine di maggio la fioritura è già finita, e non vale la pena di tenere le varietà poliennali perché negli anni successivi fioriscono ben poco) in zone miti, vista la delicatezza dal punto di vista termico. Si può tenere anche in vaso sul balcone, riparandola durante eventuali notti primaverili fredde.
Per coltivarla, leggete in fondo.
… e la cineraria marittima
Al contrario della precedente, la cineraria marittima è un campione di rusticità: se ben pacciamata alla base in autunno, con abbondanti foglie secche, resiste fino a 800 m sulle Alpi. Ma vive benissimo anche al mare (è originaria delle coste mediterranee), su terreni sabbiosi, o poveri o aridi o rocciosi, e prospera anche in vaso, con l’accortezza di rinvasarla solo quando ha occupato tutto lo spazio disponibile usando un terriccio leggero e ben drenato: non è pianta assetata. Si utilizza come coprisuolo, in aiuole, per bordure e su muretti e roccaglie, sia da sola, sia in abbinamento con erbacee che fioriscano in tinte squillanti.
Anch’essa ha cambiato di recente il nome: da S. cineraria o S. maritimus o Cineraria maritima è diventata Jacobaea maritima. È una suffruticosa o arbustiva alta fino a 60 cm, con fusti che tendono a sdraiarsi (va eventualmente legata senza stringere per non snaturarne il portamento) e a seccare le foglie in basso. E proprio nel fogliame risiede il suo valore ornamentale: lamine lunghe fino a 15 cm, riccamente lobate, coriacee, ricoperte da una fitta peluria color verde-grigio di sopra e bianco argento di sotto (il segreto per sopravvivere senz’acqua sotto i cocenti raggi estivi).
Al confronto, è del tutto insignificante la fioritura (in giugno-luglio), di piccoli capolini color giallo bronzo: volendo, gli scapi fiorali si possono tagliare appena si formano, per conservare meglio l’ornamentalità del fogliame.
Riprodurla è facilissimo: basta staccare, in qualunque stagione, una talea di un rametto dell’anno precedente e metterla in un vasetto con metà torba e metà sabbia.
I Senecio ornamentali meno noti
Meriterebbe una maggior diffusione S. elegans o S. purpureus (oggi Jacobaea elegans), un’annuale originaria del Sud Africa, cespugliosa e compatta, dalle foglie oblunghe, profondamente lobate, dentate, viscose, verde scuro e lunghe 12 cm. Merita appunto per le infiorescenze rosso violacee a margherita di 3-4 cm di diametro. Adatta alla piena terra e al vaso, su terreno fertile e in pieno sole.
È invece perfetta per le bordure, la roccaglia e i muretti a secco, soprattutto in zone marittime, anche vicino alla costa, S. greyi, ribattezzata Brachyglottis greyi. Originario della Nuova Zelanda, è un arbusto sempreverde, dall'aspetto compatto, alto fino a 1 m, con foglie oblungo-ovate, di color verde scuro con margine bianco nella pagina superiore, coperte di lanugine bianca in quella inferiore.
Sboccia tra giugno e agosto in un corimbo apicale lungo fino a 15 cm e largo 12, composto da molti fiori gialli a forma di margherita. Non ha particolari esigenze, se non un terreno ben drenato e un’esposizione soleggiata. Non resiste sulle Alpi.
Un altro arbusto sempreverde dal bel fogliame grigio argento, finemente inciso, addensato a formare un cespuglio compatto, alto e largo fino a 80 cm, è S. vira-vira o S. leucostachys, ideale come punto focale in aiuole o ai capi del vialetto d’ingresso, o anche da allevare in mastello.
Tollera qualunque esposizione (all’ombra non appariranno i soliti fiorellini gialli, comunque poco decorativi) e terreno, purché ben drenato, in tutta Italia tranne che sull’arco alpino, dove non resiste al gelo. Come tutti i Senecio arbustivi, è facilissimo riprodurlo per talea.
Ama i terreni umidi, come quelli che si trovano nel sottobosco di alberi caducifogli, che offrono anche la necessaria ombra estiva che richiede, S. tussilagineus, ora denominato Farfugium japonicum. Proviene da Cina, Giappone, Corea e Taiwan ed è un’erbacea sempreverde cespitosa, acaule (senza fusto), rizomatosa, alta 30-45 cm e larga circa 60 cm.
Il suo vanto sono le grandi e vistose foglie di 20-30 cm di diametro, coriacee, circolari, cuoriformi o reniformi, di colore verde scuro lucido con margini ricurvi e nervature evidenti che si dipartono dal centro. Le infiorescenze, alte fino a 70 cm, sono gradevoli, di colore giallo.
Ne esiste una varietà ‘Aureomaculata’, caratterizzata dalle chiazzature giallo oro sul fogliame (donde il nome comune di “pianta leopardo”). Tollera il caldo, su suolo umido e in ombra, e il gelo (le foglie fino a –5, le radici sino a –15 °C) se ben pacciamata; è meno adatta alla vita in vaso. Si riproduce per divisione del rizoma, all’inizio della primavera.
Proviene infine dal Messico S. petasitis (oggi chiamato Roldana p.), un arbusto sempreverde, vigoroso (alto fino a 3 m), dalle grandi foglie verde cupo bordate di rosso e dalle vistose infiorescenze gialle tra agosto e ottobre: è particolarmente amato nei giardini della Riviera Ligure, dove vive a mezz’ombra.
Le succulente facilissime....
È la tipica pianta “ereditata” dopo un trasloco, trovata cioè sul balcone abbandonata dalla precedente proprietà: S. angulatus o S. scandens sopravvive infatti all’incuria (ma non al gelo: muore a 0 °C) grazie a fusti e foglie succulenti, potendo resistere anche a 45 °C, in pieno sole e senza una goccia d’acqua per mesi.
Questa sudafricana ha un bel fogliame verde lucido, a forma di cuore dentato, portato da fusti violacei, incapaci di sostenersi e allungati oltre 1,50 m (servono sostegni e legature, soprattutto in vaso).
Tra ottobre e gennaio (secondo la primavera australe) si riempie di graziose infiorescenze stellate giallo oro. Nelle zone miti resiste in piena terra, come ricadente da muretti o coprisuolo su roccaglie (attenzione: può diventare invadente!); altrove va allevata in vaso da ricoverare al fresco (10-12 °C) d’inverno. Ben poche le esigenze: un substrato non acido, molto sole, qualche goccia d’acqua in vaso d’estate. Per averla, basta staccarne un rametto e metterlo in vaso. Ha una “sosia” in tutto e per tutto: S. tamoides.
... quelle facili...
Detta anche “pianta del rosario”, perché i suoi lunghi ed esili fusti sono costellati di foglie verdi tondeggianti, simili appunto ai grani da scorrere in preghiera, S. rowleyanus (oggi Kleinia rowleyana) è una succulenta dal portamento strisciante o ricadente: si consiglia la coltivazione in vaso, appeso o posto in alto su una mensola, perché in piena terra (solo in zone molto miti) si corre il rischio di pestarla, visto che i fusti si allungano per 60-70 cm.
Raramente fiorisce tra le mura domestiche: accadrebbe tra settembre e novembre, con capolini bianchi puntinati di porpora, profumati.
Non ha particolari esigenze, se non quelle delle succulente: terra leggera e ben drenata, poca acqua, mezzo sole, ricovero invernale a 10-15 °C. La sua sosia è S. herreianus (rinominata Kleinia herreiana), le cui foglie rotonde sono di colore verde-azzurro con venature verde scuro.
... e quelle per esperti
Chiamata anche “pianta candela” a causa dei fusti cilindrici, carnosi, divisi in articoli (fragili: all’urto si staccano subito, ma si riutilizzano per fare nuove piante) incapaci di sostenersi, al cui apice in autunno si formano le foglie succulente, piccole, puntute e incise, S. articulatus ha un uniforme color verde glauco ed è alta fino a 40 cm. Sempre tra novembre e gennaio fiorisce in giallo, senza suscitare grandi emozioni.
Talloni d’Achille: la temperatura invernale, ideale tra 8 e 12 °C (senza bagnarla), e l’acqua, che deve essere sempre pochissima (non più di una volta al mese e solo nella bella stagione): queste raccomandazioni valgono anche per tutte le successive succulente.
Teme molto l’eccesso idrico anche S. stapeliaeformis, ugualmente a fusti carnosi, cilindrici, alti fino a 25 cm, color verde scuro-grigio-violaceo con costolature ornate da spine morbide e bianche. Si differenzia per la fioritura in gialloarancione, con corolle grandi (diametro fino a 4 cm).
Somiglia a S. articulatus l’esotica S. kleinia, un tempo chiamata Kleinia neriifolia per il fogliame caduco effettivamente simile a quello dell’oleandro, portato in cima a fusti succulenti a sezione cilindrica, suddivisi in articoli meno fragili e di colore verde-grigio-beige.
Originaria dell’Africa meridionale e delle Canarie, forma cespugli alti fino a 3 m nelle terre di nascita e fiorisce in color crema.
Proviene dal Sud Africa S. scaposus, che si distingue per il tronco quasi inesistente, da cui si diparte subito una rosetta di foglie cilindriche erette e arcuate verso l’alto, ricoperte di peluria bianca quando la pianta è giovane. I fiori gialli a margherita sono relativamente grandi rispetto alle dimensioni della pianta, e hanno discreto valore decorativo.
Infine c’è S. crassissimus, una succulenta sempreverde alta fino a 60 cm, caratterizzata da foglie carnose, lanceolate e piatte, color verde-azzurro con margini viola, così come sono viola le fiammature sui fusti. Fiorisce in giallo chiaro tra luglio e settembre.
I Senecio bruttini e infestanti
Premesso che non esistono piante “bruttine”, è vero però che alcune sono decisamente inesistenti dal punto di vista decorativo e si diffondono a macchia d’olio: è il caso di S. vulgaris, il senecione comune o erba cardellina, annuale infestante tipica dei campi coltivati. Velocissima nel compiere l’atto riproduttivo (2-3 mesi), si permette di rinascere da seme varie volte nel corso dell’anno, rendendo vani i tentativi di liberarsene anche da giardini e orti. Alta fino a 40 cm, ha fusto eretto, con foglie alterne, lobate o dentate, irsute, diverse lungo l’asse del fusto, e minuscole infiorescenze gialle, che sbocciano tutto l’anno, soprattutto nelle zone più miti.
È arrivato nel Dopoguerra dal Sud Africa (e in Svizzera è nella Lista nera delle infestanti) S. inaequidens, il senecione sudafricano, altra annuale alta fino a 60 cm con foglie intere, lineari e dentellate. I soliti fiori a margherita spargono semi da aprile a novembre negli incolti sassosi, in zone ruderali, greti, massicciate, ma anche campi, colture varie, vigneti, oliveti…
Fa infine parte della tradizione popolare l’erba di San Giacomo, un tempo S. jacobaea e ora Jacobaea vulgaris, che veniva utilizzata (con scarsi risultati) contro l’epilessia. Erbacea perenne, alta fino a 1 m, porta foglie lirate e lobate, e fiorisce tra giugno e ottobre con margherite giallo-arancio, infestando campi, prati, incolti, orti, giardini, muri vecchi e ambienti ruderali in genere.
Meglio non lasciarle mai andare a seme, altrimenti la crescita sarà esponenziale…
I Senecio spontanei nell'umidità
Alcuni senecio hanno invece in comune l’habitat umido e il terreno mai arido, come si trova sulla riva di fiumi, ruscelli, torrenti e laghetti: per esempio il senecione dei rivi, S. aquaticus, ribattezzato Jacobaea aquatica, biennale che fiorisce tra giugno e ottobre; oppure il senecione palustre (ex S. paludosus, ora Jacobaea paludosa), perenne alta fino a 2 m con i soliti fiori gialli tra giugno e settembre, reperibile in Pianura Padana e in pericolo d’estinzione; infine il senecione serpeggiante (da S. erucifolius a Jacobaea erucifolia), altra perenne di 1,2 m di fusto con capolini gialli tra giugno e settembre, presente in tutta Italia isole escluse.
Altri poi sono a loro agio nelle radure dei boschi o nei canaloni di montagna, purché ugualmente umidi: fra le circa 80 specie spontanee in Italia, tutte abbastanza simili tra loro, ricordiamo il senecione silvano (S. nemorensis), alto fino a 1,20 m, in fiore tra luglio e agosto dalla collina all’alta montagna in tutto il nostro Paese; il senecione montanino (S. squalidus), fiorito tra aprile e agosto tra gli 800 e i 2.000 m di quota; il senecione delle selve (S. sylvaticus), più diffuso nel Nord Italia, ammantato di giallo da giugno a settembre; e il senecione alpestre (S. ovatus), alto fino a 1,60 m, ramificato e ricco di infiorescenze tra giugno e settembre, reperibile nelle faggete del Centro-Nord Italia dai 300 ai 2.000 m d’altitudine.
Gli endemici d'alta quota
Infine, certi senecio si inerpicano fra le rocce, salendo ad alta quota lungo l’arco alpino, e solo lì: sono i cosiddetti “endemismi”, ossia piante che si ritrovano solamente in poche aree italiane ben definite.
Quello che più frequentemente si incontra è S. doronicum, il senecione mezzano, perenne alta fino a 70 cm, con foglie basali verde scuro, leggermente pelose, a formare un piccolo cespo, e bei fiori gialli a margherita tra giugno e agosto: lo si trova sulle Alpi dalla Liguria al Friuli, fra 1.300 e 2.500 m di quota.
L’altro è il senecione biancheggiante, così chiamato perché le foglie sono ricoperte da una fitta peluria bianca, necessaria per sopportare il sole delle vette: vive tra 1.700 e 2.600 m slm sulle Alpi dalla Lombardia al Friuli. Un tempo denominato S. incanus, oggi ha nome Jacobaea incana, ed è caratterizzato da un’altezza massima di 10 cm (!), raggiunta dallo scapo fiorale: i capolini hanno colore giallo aranciato. Queste meraviglie da sole valgono la scalata, ma ricordatevi: sono specie protette, da catturare solo con la macchina fotografica!
L'affascinante edera del Kenya
Lo chiamano Kenya Ivy nei Paesi anglosassoni, dove questo graziosissimo senecio è molto apprezzato: Senecio macroglossus è un sempreverde dalle foglie veramente simili a quelle dell’edera, con la stessa forma, il medesimo colore verde scuro brillante e, nella cultivar "Variegata", la stessa screziatura bianca, ma succulente.
Sono portate da esili fusti allungati, variegati di porpora, lunghi fino a 2 m, che rendono la pianta ideale per la coltivazione in basket o su mensole alte, come ricadente, oppure in vasi con traliccio su cui indirizzare i fusti. Attenzione: i fusti radicano ai nodi! Cosa che può rendere ideale l’edera del Kenya come coprisuolo o su muretti e recinzioni, in piena terra, ma solo nel Meridione più mite: se la temperatura scende sotto i 10 °C le foglie cadono, e la pianta muore sotto i 5 °C.
Questa perenne originaria dell’Africa australe mantiene il periodo di fioritura tra settembre e dicembre: produce belle margherite grandi (fino a 4 cm di diametro) di color giallo pallido.
Desidera una posizione in pieno sole e un substrato leggero ma fertile (es. una parte di buona terra da giardino e una di sabbia), con un ottimo drenaggio sul fondo.
Si annaffia solo tra aprile e ottobre, e solo con terra completamente asciutta. Si integra l’acqua d’annaffiatura con una dose di concime una volta al mese.
Facilissimo riprodurla: basta prelevare un rametto con almeno un nodo e metterlo in terra in un vasetto.
Non mangiate i Senecio!
Attenzione: non mangiate le margherite e nemmeno il resto della pianta! Tutti i senecio (compresi quelli succulenti) contengono sostanze nocive, chiamate alcaloidi pirrolizidinici, che risultano epatotossici e cancerogeni se ingeriti.
Per questo motivo è sconsigliabile fornire al bestiame un fieno di prati dove vivono i senecio: soprattutto nei piccoli, anche in allattamento, l’esito è fulminante. Curiosamente, al pascolo le mucche snobbano quello stesso senecio che ruminano invece una volta seccato nel fieno…
Come coltivare in 9 mosse la cineraria multicolore
- Senecio cruentus si può ottenere da seme, da porre in seminiera in ottobre al Sud, novembre al Nord, a temperatura costante di 20 °C e poi, a germinazione avvenuta, a 16 °C, diradando le piantine e ripicchettandole in vasetti singoli quando sono alte 10-12 cm.
- Naturalmente si possono anche acquistare, tra marzo e aprile, le piante già pronte per la fioritura.
- La piantagione in piena terra o il trapianto in un vaso di almeno 18 cm di diametro avvengono tra marzo (Sud) e aprile (Nord), in una posizione a mezz’ombra perché non tollera i raggi solari forti, ma anche riparata dal vento e da forti piogge.
- Il substrato ideale è dato da buona terra da giardino, con un po’ di terra di foglie, torba e sabbia; completa l’opera un buon drenaggio sul fondo del vaso o della buca.
- Va sempre annaffiata in abbondanza, soprattutto in vaso, appena il terriccio si è asciugato. Il contenitore deve avere il sottovaso, sempre con un velo d’acqua sul fondo. Gli stress idrici provocano una “fioritura” di afidi verdi o neri, che debilitano irreversibilmente la pianta.
- Gli afidi compaiono puntuali anche quando la pianta viene posizionata in casa, anziché all’aperto. In alternativa, si possono presentare gli aleurodidi (mosca bianca delle serre). Intervenite prontamente con un insetticida e spostate l’esemplare all’esterno.
- Appena si formano i boccioli, e durante tutta la fioritura, somministrate una dose di concime liquido per piante da fiore nell’acqua d’annaffiatura ogni 10 giorni.
- Eliminate regolarmente i fiori appassiti per salvare l’estetica della pianta.
- Al termine della fioritura la pianta, che è annuale, esaurirà pian piano il suo ciclo vitale.