Cos’hanno in comune i radicchi “selvatici”, rossi, variegati o verdi, che crescono in piccoli cespi di poche foglie allungate e ben separate tra di loro, e i grossi radicchi rossi “a palla”, turgidi e dalle foglie ben serrate le une sulle altre? Semplice: lo stesso progenitore, la cicoria spontanea, Cichorium intybus, dai graziosi fiori di un sorprendente color indaco e dalle piccole foglie verde scuro dall’intenso sapore amaro.
Apprezzati già dai Romani
E il gusto amaro probabilmente rappresentò un deterrente al consumo, per l’uomo preistorico che però, a un dato momento, si accorse che quelle foglioline non erano velenose (come invece buona parte dei vegetali amari), bensì gradevoli e tonificanti per l’organismo. Fu proprio nel bacino del Mediterraneo che la scoperta si verificò, nella Preistoria: la cicoria selvatica è infatti originaria delle nostre terre, dove furono i Romani ad “addomesticarla”, ricavandone, già oltre due millenni fa, varietà più “dolci”, che si diffusero dopo il Medioevo anche nell’Europa Centro-Settentrionale, dove incontrarono grande apprezzamento.
Intendiamoci: “dolce” non significa gusto delicato, dolciastro e quasi “insipido” come può avere la lattuga. I radicchi infatti conservano tutt’oggi una spiccata personalità, dovuta al gradevole sapore amarognolo, più incisivo nelle varietà “selvatiche”, cosiddette “da taglio”, appena stemperato nei radicchi rossi, di Verona o di Chioggia, ancora più sfumato nei radicchi variegati e nell’autentico Trevigiano. L’amarognolo conquista molti estimatori, soprattutto nelle fasce d’età non giovanissime, quando è più facile apprezzare sapori non “omologati”, ma vi consigliamo un piatto di radicchio Trevigiano appassito in padella e servito con una dadolata di pancetta abbrustolita: potrebbe far accostare alla grande famiglia dei radicchi anche i palati più refrattari.
Come nasce il Trevigiano
A proposito di Trevigiano: è il più pregiato fra i radicchi ed è anche il più caro in termini economici. Ambedue i fattori dipendono dalle cure che richiede da parte del coltivatore prima di risultare commestibile: i radicchi infatti diventano rossi solo dopo un certo periodo di imbianchimento (vedi più sotto) e questa pratica necessita di parecchie attenzioni. Se l’imbianchimento avviene nell’orto, come nella coltivazione familiare, bisogna stare attenti ai marciumi dovuti all’acqua piovana penetrata nel cespo chiuso e alle lumache che facilmente si annidano tra le foglie serrate.
Nel caso del radicchio Trevigiano, invece, gli agricoltori verso la metà di novembre estirpano le piante con tutta la radice, le raggruppano in mazzi e le pongono in profondi solchi nel terreno, coprendole. Trascorse due-tre settimane, le tolgono dalla terra, eliminano le foglie esterne rovinate e pongono le piante in grandi vasche di acqua di falda, fredda (al massimo 15 °C) e pura. In pochi giorni si sviluppa il nuovo germoglio: le piantine vengono poste in terra morbida e umida, al buio e al caldo, perché sviluppino le caratteristiche foglie allungate e rosse. È il momento di ripulire i radicchi dalle foglie rovinate, di scortecciare e tornire la radice, di lavare bene ogni pianta e di confezionarla in cassette pronte per la vendita.
Imbianchimento, fra storia e leggenda
A torto o a ragione, Treviso ama considerarsi la patria del radicchio: la procedura appena descritta si farebbe risalire come origine al 1860, quando il paesaggista Francesco Van den Borre, specializzato nell’allestire parchi e giardini, giunse a Treviso dal Belgio, a villa Palazzi, per realizzare uno dei più bei complessi di verde annesso a una villa veneta, sul modello del giardino all’inglese. Si ipotizza – ma il figlio di Francesco, Aldo, a suo tempo smentì la congettura – che Van den Borre, esperto anche nelle tecniche di imbianchimento delle cicorie belghe, abbia consigliato la tecnica agli agricoltori trevigiani per le loro insalate.
Nell’incertezza, attorno al radicchio Trevigiano sono poi nate alcune pittoresche leggende: una racconta che i semi siano approdati nella Marca, caduti dal becco di uno stormo di uccelli di passaggio sul campanile di una chiesa nel Trevigiano; le piantine che ne derivarono vennero coltivate e perpetuate con cura dai frati.
Un’altra leggenda spiega che il radicchio rosso nacque per caso da una dimenticanza: in un inverno particolarmente gelido, un contadino tornò a casa una sera con una carriola piena di radicchi di campo, raccolti in tutta fretta per evitare che divenissero immangiabili sotto la morsa del gelo. Poi però il contadino si dimenticò della carriola, ricoverata in magazzino, e del suo contenuto: una sera, durante il filò, un familiare si accorse della carriola dimenticata, estrasse dal mucchio una piantina, tolse le foglie esterne ormai appassite e rovinate, e sorprendentemente trovò un bel radicchio dal cuore sano e dal colore rosso vivo.
Treviso celebra i suoi radicchi
Non è invece una leggenda il fatto che, dal dicembre del 1900, ogni anno all’approssimarsi del Natale (nei primi 10 giorni circa di dicembre) Treviso ospiti la Mostra del radicchio Trevigiano, che trasforma l’operosa cittadina veneta in un giardino d’inverno. Nelle bancarelle trionfano le tre varietà di radicchio, tipiche della zona, che hanno ottenuto l’Indicazione geografica protetta (Igp): il radicchio rosso di Treviso precoce, il radicchio rosso di Treviso tardivo e il radicchio variegato di Castelfranco.
Il radicchio rosso di Treviso tardivo, il cosiddetto “spadone”, è quello più noto e utilizzato in cucina. Ha un cespo allungato con foglie serrate e avvolgenti di un bel colore rosso vino, con costola dorsale grossa senza nervature secondarie evidenti; alla rottura è croccante e di sapore appena leggermente amarognolo. Gustatelo crudo in insalata, magari condita con l’aceto balsamico invecchiato di Modena, oppure cotto: alla griglia con un filo di olio e sale, stufato con la cipolla o i dadini di pancetta, nel risotto con una spolverata di Parmigiano o con pasta di lucanica…
Il radicchio rosso di Treviso precoce si distingue sia perché giunge sul mercato in settembre, in anticipo rispetto al precedente (che arriva in dicembre), sia per i grossi cespi allungati con foglie meno carnose, ampie e avvolgenti, di colore rosa intenso, con costola centrale bianca che s’innerva sulla foglia.
Infine, il radicchio variegato di Castelfranco ha una forma completamente diversa, con grandi foglie aperte e morbide, arricciate, colorate nei toni del giallo e del verde tenue, striate di porpora e di giallo. Anche il sapore è più “gentile”, tendenzialmente dolce con una leggerissima punta amarognola, accontentando chi proprio non ama l’amaro.
Tutte le varietà di radicchio
Oltre ai radicchi Trevigiani, il grande gruppo delle insalate invernali arrossate annovera molti altri rappresentanti.
Il gruppo dei radicchi rossi, con foglie di colore rosso intenso e nervature centrali bianche, comprende principalmente:
- il radicchio di Verona, invernale, con foglie rosso vivo, nervature corte e bianche, a formare un cespo fitto e arrotondato, pronto anche senza imbianchimento;
- il radicchio di Chioggia, autunnale, con foglie color rosso sanguigno, ampie nervature bianche, cespo rotondo e molto compatto;
- il radicchio di Treviso o trevigiano, invernale, a foglie molto strette e allungate color rosso vino, grosse costole bianche che formano cespi leggeri e poco serrati lunghi fino a 20-25 cm.
I radicchi variegati o screziati hanno foglie di colore verde-giallo con variegature verdi, rosse o bianche, di diversa intensità e forma. Si dividono in:
- il radicchio di Castelfranco, con foglie verdi variegate di rosso, nervature poco accentuate, cespo rotondo e compatto, croccante e leggermente amarognolo;
- il radicchio di Chioggia, con cespo di forma globosa.
I radicchi da taglio hanno foglie piccole, leggere e allungate, senza nervature evidenti, di colore verde intenso, a volte screziato di rosso. Sono i radicchi più amari, da consumare in genere crudi.
Una “medicina” naturale
I radicchi fanno parte del gruppo delle cicorie, ma le varietà a foglia rossa, verde chiara o bianca beneficiano meno dei tanti principi attivi della cicoria: possono vantare “solo” un buon contenuto in antociani, i pigmenti rossi che proteggono il cuore e le cellule dall’invecchiamento. La preferenza deve andare ai radicchi da taglio a foglia verde, molto più efficaci. In generale, i radicchi sono antianemici per l'ottimo contenuto in ferro e clorofilla; lassativi per il contenuto in fibre; aperitivi e digestivi se amarognoli; diuretici quando contengono molto potassio. Inoltre combattono l'osteoporosi grazie al calcio, arricchiscono l’organismo di acido folico (sono consigliati alle donne quando desiderano concepire un bambino), non fanno ingrassare (solo 13 Kcal per etto) ma saziano con la fibra e sono consentiti ai diabetici perché contengono uno zucchero innocuo, l’inulina.
Due ricette per la salute e la bellezza
Contro l’anemia centrifugate al momento due manciate di foglie di radicchio verde fino a ottenere un bicchiere di succo, da bere la mattina a digiuno per almeno un mese.
Per ravvivare il colorito del viso, centrifugate al momento foglie di radicchio verde e radicchio rosso fino a ottenere mezza tazza di succo, aggiungete acqua a riempire la tazza e bevetene due al giorno per 15 giorni.