erbe di campo
Andare in campagna permette di trovare erbe di campo buone da mangiare, come i papaveri.
Una passeggiata in campagna in primavera-estate permette di raccogliere molte erbe di campo, buone da mangiare secondo ricette della tradizione

Per chi le sa cogliere, le meraviglie della campagna non finiscono mai o, meglio, possono finire a casa nostra, con i dovuti accorgimenti e modi, per prolungare il piacere della passeggiata, sottoforma di erbe di campo. Da aprile a settembre vale la pena, durante le gite e le escursioni, di dare un’occhiata alle umili piantine che si incontrano: alcune di esse offrono virtù nascoste, in campo gastronomico, per cui meritano di venire raccolte.

Le regole di base

Innanzitutto, bisogna essere completamente certi di raccogliere la pianta giusta, il che avviene mediante buone conoscenze botaniche, derivanti dagli studi o dall'esperienza, o mediante l'ausilio di uno o più buoni libri ricchi di fotografie (i disegni, seppure stupendi, spesso ingannano) o di un sito web scientifico come Actaplantarum. Ovviamente, se non siete esperti, all'inizio dovrete sempre portarli con voi, mentre, man mano che arricchirete il vostro patrimonio di conoscenza, potrete lasciarli a casa, ripromettendovi di consultarli ogniqualvolta sorga un dubbio. In questo caso, si raccoglie un campione il più possibile completo (rami con foglie, fiori e/o frutti) dell'esemplare sconosciuto, procedendo all'identificazione al ritorno a casa. La certezza sull'identità del raccolto serve per scongiurare la possibilità di servire in tavola una pianta velenosa.

In genere, nelle campagne l'inquinamento è piuttosto ridotto o quasi nullo, ma può sempre capitare che qualche “bravo cittadino” abbia deciso di trasformarne un angolo in discarica, dalla quale bisogna tenersi alla larga nella ricerca. Più in generale, vige la norma sensata di non raccogliere mai nulla di ciò che si rinvenga in situazioni ambientali “poco pulite”, come bordi di ferrovie, di strade e autostrade, discariche, parchi cittadini e aiuole spartitraffico o rotonde, fossatelli di scolo delle acque, bordi di campi coltivati (la deriva dei fitofarmaci è di circa 6-7 m) ecc. La stessa norma ritorna nel caso di pascolo del bestiame (mucche, pecore, cavalli ecc.), perché alcuni loro parassiti (trasmissibili all'uomo) possono ritrovarsi anche sulle piante della zona. La precauzione è ancora più tassativa in caso di consumo a crudo del vegetale, dato che la cottura spesso uccide uova e larve.

Consigli per la raccolta

Anche la raccolta vera e propria deve seguire alcune sensatissime regolette. Evitate di spogliare quanto trovate sul vostro cammino e appropriatevi solo del quantitativo giusto per il consumo in uno-due piatti. Solo se vi muovete una volta l'anno, potete abbondare un po’, per conservare l’eccedenza nel congelatore: le foglie si sbollentano per 2 minuti in acqua non salata, si scolano, si lasciano raffreddare, si infilano negli appositi sacchetti di plastica per alimenti e si inseriscono nel congelatore.

Nel contempo, se volete scongiurare graffi e tagli, dovete munirvi di un paio di guanti da giardinaggio per proteggere le mani, di un coltellino e delle cesoie per recidere rami e fogliame, e di una piccola zappetta per estirpare le piantine intere, i bulbi e i tuberi. Per trasportare agevolmente il bottino, bisogna prevedere l'uso di un cestino di vimini in cui appoggiare, senza sbatacchiarli o schiacciarli, i sacchettini di carta contenenti i diversi generi raccolti. La plastica, anche se pratica, è sconsigliata, perché accelera sempre i processi di maturazione.

Erbe di campo: un tesoro gastronomico

I preziosi tesori vegetali, fiori e foglie delle erbe selvatiche, hanno un preciso ruolo in cucina. Basta riscoprire le antiche ricette contadine, dettate dalla povertà abbinata all'inventiva e alla lunga sperimentazione. Se la ricerca gastronomica presso gli anziani agricoltori del luogo risultasse infruttuosa, potete sempre ricorrere ai testi che sempre più spesso si pubblicano sull'argomento.

Giusto per dare qualche indicazione spicciola, le foglie crude (portulaca, buon Enrico, silene ecc.) arricchiscono l'insalata, e cotte sostituiscono gli spinaci e le bietole. I fiori colorano le insalate (primule), ma anche le pastasciutte e i risotti in bianco (violette). Oppure si friggono in pastella (robinia, sambuco) o si stendono sulla superficie di torte e creme dolci (rosa canina). Ecco una piccola rassegna delle specie selvatiche che potrete reperire da aprile sino a settembre, con i “consigli per l’uso”.

  • erbe di campo borragine
    Borragine, dai fiori commestibili.

    Borragine, il fiore del Re Sole: amatissima da Luigi XIV di Borbone, re di Francia dal 1643 al 1715, la borragine (Borago officinalis) è bella nonostante l'aspetto un po’ irsuto, buona e scacciapensieri: è stata definita infatti "pianta del buonumore"! Fiorisce da aprile ad agosto, in strade di campagna, giardini abbandonati, presso macerie, siepi e scarpate, dalla costa fino a 800 m d'altezza, dove il clima non è troppo freddo. Ha una rosetta di foglie ovali con peli ispidi; da essa si levano i gambi fiorali, alti 20-30 cm, che portano fiori a 5 petali color azzurro-violetto, in una specie di spiga con la punta arrotolata. Utilizzate il più possibile freschi le foglie e i fiori, essiccando o congelando ciò che rimane. In erboristeria, la piantina è emolliente, astringente, rinfrescante, diuretica, depurativa e soprattutto sudorifera. In cucina richiede un'accurata pulizia, perché i peli trattengono la terra: lavatela bene con acqua corrente, immergetela per 10 minuti in una bacinella d'acqua con succo di limone, infine sciacquatela ancora sotto il rubinetto aperto. Se le nervature delle foglie sono troppo dure, incidetele con un coltellino e sfilatele delicatamente. Le foglie sostituiscono gli spinaci in zuppe e frittate, e aromatizzano i cetriolini sottaceto; i fiori azzurri vivacizzano minestre asciutte e insalate, da condire con l'aceto azzurro: macerate per 1 mese 20 fiori freschi in 1 litro di aceto di vino bianco, filtrate prima del consumo. I fiori freschi si possono candire, immergendoli in albume d'uovo sbattuto ma non montato, e poi nello zucchero caramellato; disponeteli sulla placca del forno, coperta da carta oleata, e seccateli a 100° con lo sportello semiaperto; conservateli in una scatola di metallo.

    erbe di campo calendola
    Calendola, dai petali commestibili.

  • Calendola, il surrogato dello zafferano: questa margherita color arancio (Calendula officinalis) era già utilizzata dai Romani per colorare di giallo le pietanze, grazie a un infuso dei suoi petali. Nasce spontanea in tutta Italia, soprattutto al Sud: entro i 600 m, la troverete ai margini dei campi, coltivati e non, nei vigneti e ai bordi delle stradine di campagna. Si distingue dalle margherite per l'intenso odore aromatico che emanano le foglie quando vengono strofinate. La pianta, che è perenne, forma spesso un cespuglietto di 50-70 cm, perché il fusto eretto si ramifica già alla base. Le foglie, vellutate al tatto per la presenza di corti peli, sono intere e hanno un tenue colore verde. I fiori, tra maggio e dicembre, hanno un allegro colore giallo-arancio e un diametro di 2-5 cm: si raccolgono alla mattina presto ancora chiusi recidendoli senza il gambo. Pianta ricca di principi attivi, è nota soprattutto per l'azione regolarizzatrice del flusso mestruale e per le proprietà cicatrizzanti. In cucina, i fiori in boccio si possono mettere sott’aceto o candire. I petali sostituiscono lo zafferano; danno colore all'insalata; insaporiscono salse, insalate, verdure cotte e carni; guarniscono formaggi e tartine; tingono lo sciroppo. Molto coreografico è il burro alla calendola: per 100 g di burro serve una manciata di petali che vanno pestati in un mortaio fino a ricavarne una pasta; questa si incorpora al burro ammorbidito a temperatura ambiente fino a ottenere un amalgama, che si ripone in frigo. Con 100 g di petali secchi e un litro di aceto di vino bianco si prepara un condimento particolarissimo.

    erbe di campo lavanda
    Lavanda, ottima per i cocktail.

  • Lavanda, la pianta dalle tante virtù: la lavanda (Lavandula angustifolia) è una pianta multiuso: ottimo detergente, buon cosmetico, efficace medicinale, insolito alimento, delicato profumo. Tipica pianta mediterranea, vive in terreni sassosi e aridi, lungo le coste tirreniche, e in Piemonte, da 0 a 1.700 m di quota. Attenzione: vita e habitat della pianta coincidono con quelli della Vipera aspis: prima di avvicinarvi a un cespuglio battete bene il terreno con i piedi o con un bastone, per dare la via di fuga a un eventuale animale. È una pianta perenne, alta 30-180 cm, di colore grigiastro e odore inconfondibile. Ha fusti eretti legnosi con rami giovani erbacei; le foglie sono lineari, grigio-verdastre e pelosine. I fiori sono riuniti in spighe di 3-8 cm, color blu-viola, e sbocciano tra giugno e settembre. L'olio essenziale di lavanda è antisettico, antispasmodico, cicatrizzante, diuretico, sedativo, stimolante, sudorifero, calma i nervi, placa il mal di testa, allevia i raffreddori allergici, aiuta il fegato e tonifica tutto l'organismo. In cucina si utilizzano le foglie (dall'aroma molto intenso) e i fiori, freschi o secchi, per aromatizzare minestre e stufati. I fiori freschi si racchiudono nella gelatina degli aspic, o nei cubetti di ghiaccio per bibite estive. Con i fiori si aromatizza lo zucchero, aggiungendo a 500 g 10 g di fiori freschi, da lasciar riposare ben chiuso per 2 settimane; e si profuma l'aceto: mettete 20 g di fiori freschi in una bottiglia da 1/2 litro di aceto di vino bianco, da far riposare per 1 mese.

    erbe di campo ortica
    Ortica, buona lessa e negli gnocchi.

  • Ortica, mettetela in pentola per vendetta: questa “temibile” erba (Urtica urens) nei secoli ha fornito fibre per tessuti, colore per tinture, clorofilla per medicinali, proteine e minerali per alimentazione, e sollievo ai reumatizzati. Pianta nitrofila (ama terreni ricchi di azoto), si trova vicino a centri abitati e vecchi ruderi, nelle terre incolte e lungo le strade di campagna, in tutt'Italia, dal mare fino all'alta montagna. Si riconosce principalmente per l'irritazione che lascia sulla pelle. È una pianta erbacea perenne a fusti annuali, di 1-2 m di altezza; ha foglie ovali, seghettate, di colore verde scuro; i piccolissimi fiori, color giallo-verdastro, compaiono tra giugno e settembre. Per la raccolta, di giovani fusti fogliosi e cimette, si raccomandano guanti robusti e cesoie! È ricca di vitamina A e C, di minerali (calcio, ferro e potassio), e di aminoacidi essenziali (acetilcolina): ha proprietà depurative, diuretiche, ricostituenti, antidiarroiche, emostatiche; combatte l'artrite e ridimensiona il colesterolo. In cucina si usano crude in insalata le cimette più tenere, mentre le altre parti vanno sbollentate per renderle innocue: sostituisce benissimo gli spinaci (risotto, frittata, torte salate, contorno, ripieno), mentre la clorofilla colora la sfoglia. La grappa all'ortica, di color verde smeraldo, si prepara aggiungendo a 1 litro di grappa 20-30 foglie di ortica e 100 g di zucchero, lasciate riposare per 1 mese, scuotendo la bottiglia ogni giorno.

    erbe di campo papavero
    Papavero, le foglie giovani si mangiano lesse.

  • Papavero, dai campi alla tavola: l'appariscente papavero (Papaver rhoeas) è stato in passato molto mitizzato, ma anche molto utilizzato come sonnifero. È reperibile in campi coltivati, ai bordi di strade di campagna, lungo scarpate stradali e ferroviarie, in prati incolti ed erbosi; nel Centro e nel Sud lo si trova fino ai 1.700 m d'altitudine. Ha fiori grandi e solitari, fatti di 4 petali scarlatti spesso macchiati di nero, da aprile a giugno; caduti i petali, rimane al centro la capsula che sparge i semi al vento; i fiori sono prodotti da una rosetta basale di foglie pelose e sfrangiate. Fusti, foglie e frutti freschi contengono un lattice bianco, ricco di alcaloidi, di sapore sgradevole, che scompare del tutto dopo essiccazione o cottura. Ha proprietà antispasmodiche, sudorifere, tossifughe, calmanti, coloranti. In cucina può essere consumato da tutti in abbondanza: non usate però l'acqua di cottura, resa amarissima dalla rhoeadina (un alcaloide amaro). Le foglie insaporiscono minestre e zuppe; oppure si lessano e si ripassano al burro, o all'olio, aglio e peperoncino; consumatele in stufato con patate, pomodori, olive; sostituitele agli spinaci in sformati e torte salate; infine usatele per frittate e omelette.

    erbe di campo tarassaco
    Tarassaco, per insalate depurative.

  • Tarassaco, è buono e fa bene: il notissimo dente di leone (Taraxacum officinale) è un solare ed efficace “scaccia tossine”. Da marzo in poi punteggia prati di collina e di montagna fino a 2.000 m: vietatissima la raccolta nei prati sottostanti a frutteti irrorati con fitofarmaci. Dalle rosette basali di foglie seghettate spuntano al centro i "fiori" (falsi fiori) gialli sostenuti da gambi intensamente laticiferi; a maturità dei semi compaiono i "soffioni", infruttescenze aeree pronte a disseminare al vento. Le foglie del tarassaco, in virtù di vitamine (A, gruppo B, C e K) e minerali (principalmente potassio e ferro, ma anche magnesio, calcio, fosforo, manganese, sodio), e soprattutto grazie all'olio essenziale ricco di sostanze amare (tarassina, tarassacina ecc.), depurano l’organismo rimettendo a nuovo fegati intossicati, reni svogliati e intestini superpigri. Anche in cucina il tarassaco agisce beneficamente, a patto di consumarlo crudo in un'insalata mista; cotto invece sostituisce spinaci, bietole o erbette in torte salate e polpettoni. I bocci si conservano come i capperi (sott'aceto o sotto sale), o come sottoli insaporiti con aglio, peperoncino ed erba cipollina.

    erbe di campo cardo
    Carduus pycnocephalus, buono come tutti i cardi.

  • Cardi selvatici, non solo spine: nell'Italia del Sud si consumano parecchi cardi selvatici, la cui azione depurativa e detossificante è simile a quella del carciofo, per esempio Carlina acaulis, C. acanthifolia, Onopordum acanthium, Carthamus tinctorius Carduus picnocephalus, tutti caratterizzati da un fiore analogo al carciofo, di colore bianco, giallo, rosa o rosso, e dalla presenza di abbondanti e più o meno pungenti spine su foglie e/o fusto e/o calice fiorale. Di tutti questi si usano le foglie: si privano delle spine, sfilettandole poi per eliminare la nervatura, indi si lessano come gli spinaci, e si consumano con un filo d'olio, o ripassate in padella, o in zuppa. C’è poi uno strettissimo parente del carciofo coltivato, a cui somiglia molto tranne che per dimensioni, il cugino selvatico (Cynara scolymus ssp. cardunculus), spontaneo nel bacino del Mediterraneo: nel Lazio i capolini immaturi vengono conservati sottolio. Nella stessa regione si consumano anche i giovani germogli di Scolymus hispanicus (spinosissimo cardo dai fiori gialli), annegati nell'acquacotta di Viterbo, e i teneri gambi del cardo mariano (Silybum marianum, dalle ampie foglie spinulose reticolate di bianco e dai fiori rosa carico), apprezzato anche in Calabria e in Puglia.

Come vestirsi per andare per erbe di campo

Il primo e indispensabile requisito per godersi realmente una passeggiata è anche il più elementare: vestiamoci adeguatamente al luogo! Anche in piena estate è bene avere almeno un paio di calzettoni al ginocchio e le scarpe da trekking in modo da evitare scivoloni, se non addirittura i pantaloni lunghi, che proteggono meglio le gambe, evitando graffi e punture d’insetto (o, peggio, i morsi delle ormai rare vipere). Un cappello a tesa larga e un paio di occhiali da sole completano l’abbigliamento da passeggio.

Se l'abbigliamento è importante, non sono da meno gli accessori da portare con sé, soprattutto se la passeggiata si prevede sia di una giornata intera. In uno zainetto, pratico perché lascia le mani libere, non devono mancare la borraccia d'acqua, i viveri, la scatolina del pronto soccorso, un eventuale felpa, il k-way, un coltellino, una palettina, un paio di cesoie e alcuni sacchetti di carta.

In mano il classico cestino di vimini con le sponde alte, da foderare con un letto di foglie fresche. L'ausilio di un lungo bastone (magari scelto proprio nel bosco) consente di frugare tra le pietre e di battere il terreno per dare modo agli animaletti, talvolta nocivi, di allontanarsi al nostro passaggio, evitando “brutti incontri”. Infine, gli appassionati di fotografia non dimentichino l’“attrezzo del mestiere” con una pila di scorta!

In campagna, un comportamento rispettoso

Non sempre ce ne si rende conto ma, in campagna (e talvolta anche in città), ci si trova a "casa d'altri", cioè in un luogo dove non si deve urlare, strepitare o correre a perdifiato. Un tono di voce normale serve a non spaventare oltremisura gli animaletti dei prati. Una camminata a passo lento o normale evita le storte così come gli inciampi nei sassi, nelle radici o nelle piante lianose. Se la zona è coperta, il cellulare è d’obbligo anche durante un pomeriggio di relax in famiglia.

In luoghi sconosciuti è preferibile seguire le stradine o i sentieri tracciati, abbandonandoli solo per brevi digressioni nelle vicinanze. Dovrebbe poi essere intuitivo che un tempo incerto, una minaccia di pioggia o il tramonto imminente impongono di non uscire in passeggiata, per evitare piccoli o grandi guai.

 

Per approfondire

PIANTE SPONTANEE ALIMENTARI
Fitoalimurgia del Basso Veneto tra storia, cucina e tradizioni
31966 - Ultima modifica: 2020-05-29T13:14:10+02:00 da Elena Tibiletti
Raccogliere erbe di campo in primavera-estate - Ultima modifica: 2020-06-06T07:21:59+02:00 da Elena Tibiletti