Legume tipico e popolarissimo nel Centro-Sud Italia, dove viene consumato anche crudo con il pecorino o si mangia lesso risucchiandone la polpa e scartando la buccia, la fava ha un passato singolare: all’epoca dei Romani veniva snobbata perché ritenuta “cibo impuro”, ed era utilizzata essiccata come segnalino di voto nelle elezioni di magistrati e re. Nulla vieta comunque di coltivarla anche nel Nord Italia, variando naturalmente il periodo di semina e dunque di coltivazione.
Com'è fatta la fava
Vicia faba, famiglia Fabacee o Leguminose, originaria del bacino del Mediterraneo, è una pianta annuale, a portamento eretto, glabra, di colore grigio-verde. Radice fittonante, ricca di batteri simbionti che fissano l’azoto atmosferico. Fusti quadrangolari, alti 80-100 cm. Foglie, alterne, paripennate, composte da due o tre paia di foglioline sessili, ellittiche, con la fogliolina terminale trasformata in un’appendice poco appariscente. Fiori da 1 a 6 su un breve racemo all’ascella delle foglie, bianchi, con una macchia scura sulle ali. Frutto a legume allungato, contenente da 2 a 10 semi.
Ama gli inverni miti e le escursioni termiche limitate, per questo nel Sud si può coltivare già a partire dall’autunno.
Dove, quando e come seminare la fava
La fava può resistere anche in Val Padana, se viene seminata da metà febbraio a metà marzo (quando le temperature più rigide dovrebbero essere passate), mentre nel Centro-Sud si semina tra metà ottobre e inizio dicembre. Predilige un terreno di medio impasto e fertile, ma si adatta anche a quelli compatti e argillosi, oppure calcarei e sabbiosi, purché sempre ben drenati, con pH neutro o leggermente alcalino, assolutamente non acido.
In autunno, prima della semina e alla lavorazione del terreno che deve avvenire fino a 30 cm di profondità, bisogna interrare nella parcella prescelta un concime a base di potassio (ottima la cenere di sola legna, in dose di 500 g/mq) e 4 kg/mq di letame maturo.
La semina si effettua su file, a distanza di 20 cm tra i semi e di 80 cm tra le file. Poniamo 3-4 semi per ogni buchetta a profondità di 8 cm circa, richiudiamo e, al termine, annaffiamo bene. Con temperatura di 20 °C ci vorranno una ventina di giorni per ottenere il germogliamento.
Cure essenziali
Nel frattempo, e finché le piantine non hanno raggiunto almeno i 30 cm d’altezza, liberiamo con assiduità il terreno dalle malerbe, la cui competizione danneggia fortemente le giovani fave, oppure stendiamo subito una pacciamatura naturale di paglia o erba falciata.
A 20 cm d’altezza effettuiamo una leggera rincalzatura per renderle più salde: se utilizziamo la terra tra una fila e l’altra, creeremo automaticamente anche le canalette dove far scorrere l’acqua.
Inoltre è preferibile, sebbene non indispensabile, posizionare una rete di plastica fissata a paletti per il sostegno delle piante: diventa un dovere solo in zone molto ventose, per evitare che le piante si sdraino.
Soprattutto all’inizio e quando crescono i baccelli, irrighiamo in abbondanza se non piove, ma senza esagerare: la fava è molto sensibile agli eccessi di umidità e ai ristagni.
Infine procediamo con la cimatura nel momento in cui si formano i primi baccelli: asportiamo all’apice del fusto gli ultimi 10 cm. Con questa pratica bloccheremo la crescita in altezza e stimoleremo invece la produzione di rami laterali con fiori e poi baccelli. Inoltre si elimina la porzione di pianta, appunto il germoglio apicale, preferita dagli afidi neri, quasi l’unico nemico delle piante di fava. Seguono le ruggini, da combattere con rame.
Arriva la raccolta
Servono 70-90 giorni dalla semina al raccolto, che si svolge in passate successive, nell’arco di 2-3 settimane tra marzo e giugno nel Sud, tra fine maggio e luglio nel Nord, quando i baccelli iniziano a rigonfiarsi in presenza del seme. Si raccoglie partendo dalla base della pianta, in modo che poi anche i baccelli in alto si ingrossino velocemente. Appena colte e piccole, si possono anche mangiare crude. Se i semi diventano troppo grossi, invece, è meglio essiccarli per l’inverno.
Dopo aver raccolto completamente, le piante si possono falciare e interrare nel terreno con una passata di motozappa: è una sorta di sovescio che apporta soprattutto azoto al suolo.
CONSERVARE LE FAVE
- Se il raccolto è eccessivo, possiamo essiccare le fave già sgranate su un graticcio, all’ombra e all’aria, oppure nel forno su una leccarda con lo sportello semiaperto per un’ora a 80 °.
- Oppure le possiamo congelare: sciacquiamole velocemente e lasciamole asciugare per qualche ora, poi mettiamole nel sacchetto da gelo e in congelatore.
- Attenzione: le fave possono provocare una grave e acuta malattia, l’emolisi (distruzione dei globuli rossi), causata da due sostanze contenute solo in questi legumi, la vicina e la convicina. La patologia si presenta solo negli individui (prevalentemente maschi) privi di un enzima, il glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), che neutralizza le sostanze tossiche. La carenza viene chiamata “favismo” proprio perché si manifesta in tutta la sua gravità mangiando fave.