Siamo messi male. Questa è la sintesi non solo per la prossima estate, ma anche durante l’inverno, la primavera e l’autunno. Il Pianeta Terra oscilla fra bombe d’acqua e mesi di siccità ininterrotta, in ogni sua parte. L’Italia non fa eccezione: in realtà cade, nell’arco dei 365 giorni, circa la stessa quantità di precipitazioni del passato, ma il problema è che, anziché cadere 20 ml per volta spalmati su una giornata una volta a settimana, precipitano a secchiate da 150 ml in due ore ogni 2 mesi. È evidente che, oltre a fare enormi danni, questo tipo di pioggia non è nemmeno utile, perché non ha il tempo di imbibire la terra e penetrare in profondità rimpinguando le falde, dalle quali poi attingiamo l’acqua potabile o meno. Semplicemente, scivola via correndo verso valle e verso il mare.
Questo preambolo per dire che, d’ora in avanti, avremo sempre gravi problemi di siccità. Al di là delle conseguenze sull’agricoltura e sulle attività produttive in relazione alle centrali idroelettriche, qui – a chi piace fare giardinaggio e avere un bel balcone fiorito – interessa sapere cosa poter coltivare per ottenere colori da aprile a settembre senza dover utilizzare molta acqua, in vista del probabile razionamento in molte zone d’Italia e della sicura necessità di risparmiarla il più possibile.
Piante da poca acqua: ogni 7-15 giorni
Infatti, fra le specie da balcone ci sono enormi differenze in termini di “sete”: specie come le surfinie o gli impatiens/vinca in luglio con 35 °C vanno annaffiate mattina e sera per evitare che si affloscino, rallentino la fioritura e poi si secchino. Scegliendo le piante più parche per richiesta idrica si risparmia due volte: sulla bolletta dell’acqua e sull’acquisto delle piante perché non bisogna comprarne altre per sostituire quelle morte di sete già a inizio luglio.
Ne esistono infatti tante che possono resistere con una buona annaffiatura ogni 10-15 giorni: sono le succulente, per lo più Cactacee (i classici cactus a forma di palla), Crassulacee (come l’albero di giada, Crassula ovata), aloe ecc.
Poi ci sono le Aizoacee, cioè le cosiddette “amanti del sole” o “mesembriantemi”: Delosperma, Lampranthus, Oscularia, Drosanthemum vivono benissimo in vaso in estate e inverno e, da aprile a ottobre regalano quasi tutti una cascata ininterrotta di fiorellini a margherita in tutte le tinte dal bianco al porpora; basta annaffiarle ogni 7 giorni, sebbene possano resistere anche 2 mesi senza bere (ma naturalmente smettono di fiorire).
Simili, ma non uguali, sono le facilissime portulacche, che hanno le stesse caratteristiche ma sono annuali: garantiscono 6 mesi di fiori ogni giorno nuovi, a fronte di pochissima acqua (anche ogni 7 giorni).
Anche le Graminacee ornamentali, quasi tutte provenienti da terreni steppici o desertici, si accontentano di poche gocce d’acqua ogni tanto (anche ogni 7 giorni) e regalano spighe e pannocchie di fiori (poco vistosi) che poi permangono come infruttescenze piumose per mesi e mesi. Sostanzialmente vanno tutte benissimo, dal Phormium e dal Miscanthus in poi.
Piante da poca acqua: ogni 4-5 giorni
Poi ci sono le erbacee a foglie e/o fusti rigidi, quelle glauche e alcune bulbose estive.
Foglie e fusti rigidi riducono la traspirazione fogliare e minimizzano l’appassimento degli steli per la mancanza di turgore idrico: è il caso di garofanini (Dianthus), limonium o statice, valeriana rossa (Centranthus ruber), semprevivo (Helichrysum bracteatum), gaura, cleome, achillea, osteospermum o dimorfoteca. Tutti garantiscono una fioritura rigogliosa da aprile fino a settembre e oltre.
Le foglie glauche, ossia ricoperte da peli chiari che conferiscono un colore grigiastro, sono ancora più attrezzate a reggere le estati infernali: traspirano poco anche loro e in più riflettono i raggi solari grazie al colore chiaro, evitando di surriscaldarsi. Per esempio, Cineraria (= Senecio) maritima, Phlomis fruticosa, Helichrysum italicum (“pianta del curry”), Cerastium tomentosum, Calocephalus brownii e l’australiana Eremophila nivea.
Le bulbose estive sono anch’esse una grande risorsa: Hemerocallis, Lilium, gloriosa, tigridia, Montbretia, gladiolo si mettono in vasi capienti in marzo, bagnando ogni tanto, e si attende la fioritura estiva: peccato che sia una sola e non si ripeta. No invece alla dalia, tubero super-assetato soprattutto in vaso.
Piante da poca acqua: le “legnose”
Ancora più parche nella richiesta idrica sono le piante legnose, i piccoli arbusti normalmente coltivati per la lunga fioritura, perenni da un anno all’altro, mal riconosciuti come arbusti perché le porzioni terminali dei rami sono spesso simil-erbacee. La presenza di lignina conferisce una rigidità indipendente dal turgore determinato dall’ingresso di acqua nella pianta, e al tempo stesso riduce la traspirazione e quindi il fabbisogno di annaffiature. Le rappresentanti più conosciute sono grandi classici da terrazzo: geranio (Pelargonium), lantane (Lantana camara e L. sellowiana), dipladenia e mandevilla, eliotropio, Solanum pseudocapsicum e Verbena bonariensis (non le verbene ibride da fiore).
Tra gli arbusti veri e propri si annoverano altrettanti best-seller: oleandro, ibisco esotico (Hibiscus rosa-sinensis), buganvillea, mirto, rose. A seconda della grandezza del vaso, dell’insolazione, della temperatura e del vento possono resistere fino a 7-10 giorni senz’acqua.
Piante da poca acqua: le aromatiche
Appartengono alle piante poco assetate anche le aromatiche legnose (suffruticose, cioè legnose alla base ed erbacee all’apice): lavanda (tranne Lavandula stoechas, assetata), salvia da cucina, rosmarino e timo difficilmente risentono di stress idrici perché provengono al caldissimo e aridissimo bacino del Mediterraneo e si sono evolute nei millenni per sopportare questa condizione. E parallelamente resistono al freddo (tranne quello alpino).
Le salvie da fiore oggi tanto di moda (es. S. greggii, S. farinacea, S. microphylla, S. guaranitica ecc.) hanno invece maggior bisogno idrico della Salvia officinalis, perché sono erbacee a fusto mediamente rigido e foglie morbide, ma non sono mai assetate quanto la notissima S. splendens, del tutto sconsigliabile.
Piante da poca acqua: le australiane
Ancora più parche sono le piante australiane, ultimamente di gran moda in Italia proprio perché reggono le alte temperature e la poca acqua (provengono dai deserti australi) e fioriscono ininterrottamente. Cercate Callistemon, Metrosideros, Leptospermum, Chamaelaucium, Grevillea, Boronia: tranne la prima, che fiorisce solo in aprile-maggio ma resiste al freddo, tutte le altre si colorano da maggio a settembre ma in Val Padana vanno protette dalle basse temperature (basta un telo di tessuto non tessuto e l’addossamento a una parete esposta a sud).
Come riconoscere le piante assetate
In genere tutte le piante a foglie grandi, lisce o molli chiedono tanta acqua perché è il liquido interno a mantenere erette le foglie: se manca, si afflosciano. Se anche il fusto è erbaceo, liscio e morbido, privo di fibre consistenti a irrobustirlo, la carenza idrica fa reclinare rapidamente rametti e pianta intera. Quando si ammoscia l’intera pianta, anche fornendo acqua in abbondanza si è già ingenerato un meccanismo di sofferenza che, da un lato, rallenta la fioritura e riduce le dimensioni dei fiori, e dall’altro rende vulnerabile il soggetto a malattie e parassiti. Insomma, la carenza idrica per chi vive d’acqua è sempre nociva, anche se viene tamponata in fretta; se invece diventa un’abitudine, porta al disseccamento delle foglie e poi dell’esemplare.