La vite, dalla quale deriva l'uva, ha origini molto antiche: presente allo stato spontaneo da oltre 300mila anni, era sicuramente già coltivata nella zona del Mar Caspio nel 1700 a.C., ma conobbe un grande sviluppo solo con gli Egizi, i Greci e i Romani. Immancabile nei banchetti dell’aristocrazia, consumata fresca o sotto forma di ‘nettare’ e ‘ambrosia’, l’uva era anche offerta agli eroi e agli dei in corone decorative, come mostrano antiche tavole pittoriche. Greci e Romani diedero grande impulso alla coltura: oltre ad aumentare la produzione di vino, che da prodotto elitario divenne bevanda sempre più popolare, utilizzavano l'uva come metodo di cura, dando origine all’ampeloterapia (dal greco ampelos, vite), per depurare l’organismo sfruttando le proprietà diuretiche e lassative del frutto.
Dopo un’immensa fortuna, tuttavia, con la fine dell'Impero Romano l’uva quasi scomparve, salvandosi dall’estinzione solo grazie ai monasteri. A partire dal Medioevo la coltivazione ha ripreso vigore e sono nate le moderne tecniche di produzione.
Duecento anni fa, però, dall'America sono arrivati parassiti, come la fillossera e la peronospora, che hanno messo in pericolo la vite europea, costringendo i coltivatori a innestare i vitigni sulle più resistenti viti di origine americana e a utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo. Solo nel Novecento viene regolamentata la produzione, attraverso specifiche normative volte a migliorare la qualità del frutto, anche a scapito della quantità.
Come si presenta
Piuttosto esigente, la vite chiede sole e luce d’estate, pioggia in primavera e inverno, aumento graduale della temperatura. Solo dove esistono le quattro stagioni, quindi, la vite produrrà generosamente il suo frutto succoso: l'uva, che si presenta come grappolo, con un graspo (scheletro legnoso) su cui si sviluppano gli acini polposi che contengono i semi.
Esiste un'enorme varietà di uve, con la distinzione fondamentale tra quelle utilizzate per produrre vino (uva da vino) e quelle destinate al consumo alimentare (uva da tavola); alcune varietà, come le uve moscato, hanno tutti e due gli usi.
Entrambi i tipi di uva derivano però da due uniche specie: Vitis vinifera, di origine euro-asiatica, madre della maggior parte dei vitigni sia da tavola che da vino, e Vitis labrusca, originaria dall’America del Nord e destinata principalmente alla produzione di uva da tavola e marginalmente per la produzione di vino.
Le varietà d'uva o vitigni
Di queste due specie esistono poi numerose varietà, o vitigni, selezionati dall’uomo nel corso della storia e che possono essere classificati secondo diversi punti di vista: per la destinazione di utilizzo (uve da vino, uve da tavola, uve da appassimento), per il sapore (aromatici o neutri), per la loro precocità o per le loro esigenze termiche. Proprio con la selezione, l’uomo è arrivato ad attribuire caratteristiche diverse ai vitigni a seconda della loro destinazione d’uso, del sapore e delle caratteristiche ambientali locali.
Nel caso delle uve da tavola ad esempio, bianche o rosse, è stato favorito uno spessore scarso della buccia, la consistenza soda e croccante della polpa e la presenza di pochi semi. Nel caso delle uve da vino invece la buccia è molto più spessa, la polpa è meno soda e più succosa e spesso i semi sono più grandi e numerosi.
Una menzione particolare merita, per la sua rinomata doppia attitudine, la cosiddetta “uva americana” o “uva fragola”, una varietà di labrusca che è usata sia come uva da tavola che per la produzione del Fragolino, il vino dolce e frizzante tipico del Nord Italia.
Per le uve da tavola si parlerà di raccolta mentre per le uve da vino si parlerà di vendemmia; i frutti andranno incontro al consumo diretto nel primo caso o alla trasformazione nel secondo caso.
Dopo la raccolta, l’uva da tavola può essere consumata fresca o essiccata, o può essere usata per produrre succhi di frutta. Nel caso invece dell’uva da vino, è grazie alla vinificazione che il mosto fermenta producendo alcol e trasformando il succo in vino.
L’uva può essere bianca o nera: la prima produce acini di colore giallo o verde chiaro (per esempio Italia, Regina, Aledo, Gloria, Canicattì, Matilde, Moscatel), la seconda dà acini di colore rossastro, viola o nero (Red Globe, Rosada, uva fragola).
Alcune varietà di uva da tavola tradizionali:
- uva Italia, ottenuta incrociando i vitigni Bicane e Moscato d’Amburgo, sempre validissima per la dolcezza e la dimensione dei suoi acini. Matura nella seconda metà di settembre.
- uva Cardinal, semi-apirena, ricercata in quanto molto precoce. Matura a fine luglio/inizio agosto e i suoi grappoli attraenti hanno acini grossi rosso - violacei, croccanti e squisiti
- uva Pizzutello nero e Pizzutello bianco, con i suoi bellissimi grappoli con acini allungati e croccanti. Matura a fine settembre ed è adatta anche alla coltivazione in vaso.
Tra le varietà di uva da tavola moderne ecco le più adatte alla coltivazione hobbistica:
- uva Citrina (moscatello aromatico), apirena, che matura molto precocemente e si distingue per il profumo intenso e per il sapore squisito; è una varietà molto rustica e resistente alle patologie fungine. Matura a inizio settembre.
- uva Zaffira (moscato blu), varietà di vite da tavola di recentissima selezione; matura molto precocemente (inizio settembre), è molto produttiva e i suoi acini blu sono medio-grandi e dolcissimi; anch’essa è molto rustica e resistente alle patologie fungine.
Alcune varietà di uva fragola:
- Fragola bianca dorata
- Fragola bianca precoce
- Fragola nera
- Fragola nera precoce
- Opalina - fragola nera aromatica
- Smeralda - fragola nera precocissima jumbo
- Topazia - fragola bianca senza semi
Alcune varietà di uva da vino bianche:
- Falanghina,
- Fiano,
- Greco di Tufo,
- Verdicchio,
- Chardonnay,
- Sauvigon,
- Trebbiano,
- Malvasia.
Varietà di uva da vino rosse:
- Cabernet Sauvignon,
- Merlot, Brunello,
- Sangiovese,
- Montepulciano,
- Nero d’Avola,
- Cannonau,
- Carignano.
Le uve senza semi (apirene)
Tutti i bambini e molti adulti amano gli acini d’uva senza semi poiché sono molto più piacevoli da mangiare. Non tutti sanno che l’assenza di semi, o la loro piccola dimensione, nelle varietà d’uva che presentano questa caratteristica è la conseguenza di un processo naturale a cui però l’uomo aggiunge la chimica.
Il fenomeno dell’apirenia (dal greco: assenza di semi), in natura, è causato da due distinti processi di incompleta fecondazione dei gameti femminili all’interno dei fiori. Il primo processo prende il nome di stenospermocarpia cioè la fecondazione avviene ma il processo di sviluppo dell’embrione è abortito, dando quindi vita a semi rudimentali; il secondo processo prende il nome di partenocarpia ossia, nonostante avvenga l’impollinazione e la conseguente emissioni di ormoni dello sviluppo degli acini, la fecondazione è assente e nessun embrione si sviluppa. In questo caso i semi sono completamente assenti ma anche la dimensione degli acini è inferiore.
Per la produzione di uve da tavola senza semi ma con acini grossi, i produttori sono forzati a intervenire con concimazioni eccessive o anche con somministrazioni di fitormoni sintetici al fine di andare incontro ai gusti dei consumatori.
La vite per uva da tavola
Per prima cosa bisogna scegliere i vitigni più adatti al terreno e soprattutto il portinnesto giusto. È consigliabile rivolgersi a un vivaista serio, fornendogli le indicazioni necessarie sulle caratteristiche del terreno, l’esposizione e il microclima.
In autunno si prepara lo scasso, meno profondo su un terreno asciutto e sciolto, più profondo in un suolo compatto o impoverito. L’impianto va fatto in primavera nelle regioni settentrionali, mentre nelle zone meno fredde, sui laghi e nel Meridione, si può piantare anche in autunno. Nella buca si pone una pala di buon letame, un po’ di concime minerale e uno strato piuttosto spesso di terra fine. Si distendono nella buca le radici e si ricopre con terra fine sin quasi all’altezza dell’innesto. Quindi, si taglia la barbatella (vite di un anno) a due gemme perché non si sforzi troppo nell’attecchimento e si mantiene la terra intorno leggermente umida, morbida e sempre libera da erbacce.
La vite è una pianta arborea rampicante il cui portamento, in agricoltura, è determinato dal sistema di allevamento (“ a terra”, “a Guyot”, “a cordone speronato”, “a tendone”, “a pergola”, “a alberello”). Il portamento naturale è invece irregolare, con ramificazione rada ma molto sviluppata in lunghezza. Le forme di allevamento più adatte per un vigneto di uva da tavola consistono nella forma a spalliera, controspalliera o a pergolato semplice inclinato con piantagione delle barbatelle non troppo fitte e con i tralci tesi a un’altezza accessibile. Si utilizzano pali in legno trattato, in legno con cemento alla base, oppure quelli appositi in cemento (forati o pieni). A essi si legano, a due diverse altezze, i fili zincati ai quali si fissano i tralci di vite mediante legacci di plastica. I filari devono risultare abbastanza distanziati fra loro (3-4 m).
La concimazione si effettua in autunno con 100-140 g di perfosfato minerale, 50-70 g di solfato potassico, 100-120 g di solfato ammonico da somministrare a ogni pianta.
La potatura è sempre indispensabile, in marzo. Di solito i fiori appaiono su rami nati dai tralci dell’anno precedente, e le gemme migliori sono quelle a metà del tralcio. Se il tralcio ha già rametti pendenti, questi vanno potati a due-tre gemme; se invece non ha rametti, si possono lasciare sette-otto gemme. Quando questi tralci invecchiano, vanno eliminati nel momento in cui sono pronti i nuovi tralci vigorosi. Quando i tralci si sono sviluppati e portano i grappoli, vanno potati a distanza di due-tre foglie al di sopra dell’ultimo grappolo, mentre i tralci che non ne portano vanno potati a circa 50 cm.
In viticoltura, al fine di produrre varietà selezionate e di migliorarne la vigoria, si utilizza ampiamente la tecnica dell’innesto, le varietà selezionate sono innestate su portainnesti, ossia fusti con apparato radicale nato da seme e dalla cui vigoria e rusticità dipende lo sviluppo dell’intera pianta. I vitigni per uva da tavola si propagano con innesto a occhio a gemma vegetante in primavera, a spacco in marzo-aprile, in genere su portinnesti americani, che resistono al calcare e alla fillossera, oppure per margotta.
Se coltivate uva apirena (cioè senza semi), è fondamentale effettuare anche la spollonatura, cioé l'eliminazione dei germogli lungo il tronco; il diradamento dei germogli, da effettuarsi dopo l'allegagione; la cimatura, cioè l’accorciamento dei tralci che si allungano troppo; la legatura dei tralci, che permette una migliore esposizione al sole dei grappoli durante la maturazione.