bosco autunno
Al bosco bisogna accostarsi con rispetto, perché non è casa nostra.
Una piccola guida comportamentale per chi, esperto o neofita, passeggia nel bosco, per un corretto rapporto con la natura

I più fortunati hanno incominciato ad andare nel bosco fin da bambini, per mano a mamma e papà, in piacevoli giornate di festa alla scoperta di un mondo nuovo. Molti invece hanno avuto il "battesimo" da adulti, grazie al partner o agli amici. Qualcuno, più sfortunato, c'ha provato e ne ha ricavato un'esperienza spiacevole, dovuta all'inesperienza sua e di quanti lo accompagnavano. Sì, perché una passeggiata nel bosco, momento che dovrebbe essere di massimo godimento dei sensi e dell'anima, a volte si può trasformare in un incubo, se non si conoscono né si rispettano alcune, fondamentali regole. Che non compromettono assolutamente il sacro piacere di una bella camminata ma, anzi, ci permettono di apprezzare al meglio tutto quanto il bosco ci può donare senza correre alcun pericolo (e la Natura - si sa - non è tenera con chi non la ama e non la rispetta...).

La tenuta adatta al bosco

Il primo e indispensabile requisito per godersi realmente una passeggiata è anche il più elementare: vestiamoci adeguatamente al luogo! Il bosco, e la media montagna, richiedono un abbigliamento appropriato e non improvvisato. Ciò significa che - purtroppo, diranno i cultori dell'improvvisazione - l'escursione va programmata, per evitare di ritrovarsi in canottiera, bermuda e scarpe da tennis senza calzini nel bel mezzo di un fitto bosco. La tenuta più idonea rimane sempre quella "a cipolla", vale a dire composta da diversi strati (maglietta, camicia, maglione o felpa, giacca a vento o giubbotto), di pesantezza variabile a seconda della stagione, che possiamo togliere o mettere, in relazione alle esigenze termiche personali. La maglietta di lana, più nota come "maglia della salute", è sempre indicata, perché consente di assorbire il sudore senza provocare raffreddamenti repentini della pelle, nocivi anche (se non di più) sotto il solleone. Il "capo-spalla" dovrebbe essere impermeabile e munito di cappuccio. In caso contrario, si consiglia il sempreverde k-way. Un paio di robusti pantaloni lunghi di velluto a coste o di jeans pesante completa l'insieme, a cui si aggiungono i calzettoni lunghi (in lana o cotone) e gli scarponi da trekking, sfoderati in estate e imbottiti in inverno.

Tendenzialmente, è consigliabile tenere la maggior quantità di cute coperta da indumenti, al fine di scongiurare il più possibile l'ingresso di "ospiti sgraditi", zecche in testa (vedi alla fine dell'articolo), ma anche ragni, zanzare (frequenti nei boschi umidi), vespe e calabroni. Va da sè che, se l'animaletto deve perforare una camicia per giungere alla pelle, le conseguenze saranno sicuramente meno dolorose e/o pericolose. Il medesimo discorso vale per le caviglie e i piedi, per i quali i pericoli sono rappresentati anche da vipere, rovi e altre piante spinose o urticanti. Per questo motivo, sia i calzettoni che i pantaloni devono coprire la maggior superficie possibile, e devono essere in tessuto pesante, per ridurre i rischi di perforazione.

Ma bisogna che anche gli scarponi siano in materiale spesso e robusto, arrivando a coprire oltre la caviglia, in modo da evitare la possibilità di gravi storte nel caso di affondamento in una buca (spesso invisibile perché ricoperta dalla vegetazione del sottobosco). Una suola ispessita permette di camminare su qualunque superficie, anche molto accidentata, limitando la sofferenza della pianta del piede. Al tempo stesso, gli scarponi devono essere comodi, flessibili e leggeri da portare, pena la trasformazione della passeggiata in una tortura. In sostanza, è un elemento di vestiario sul quale non conviene lesinare in qualità...

Gli accessori giusti

Se l'abbigliamento è importante, non sono da meno gli accessori da portare indispensabilmente con noi. Rimanere senza una goccia d'acqua a mezzogiorno, esattamente a metà dell'escursione, con il rifornimento più vicino a 10 km, farebbe passare la voglia di camminare a chiunque! Dunque, forniamoci di uno zaino, per il quale valgono le medesime considerazioni espresse riguardo agli scarponi: deve essere robusto, per resistere a eventuali strappi, impermeabile per sopportare gli acquazzoni improvvisi o le nevicate, e nel contempo leggero e anatomico, ben assestato sulla nostra schiena. In più, è necessaria una buona capienza, per accogliere la borraccia d'acqua, i viveri, la scatolina del pronto soccorso, un eventuale maglione e un paio di calze di riserva, il k-way, una corda robusta e un po' di spago, qualche elastico, un coltellino e qualche sacchettino di carta. Questi ultimi oggetti possono sempre tornare utili, vuoi per deprecabili emergenze, vuoi per raccogliere e conservare parti di vegetali o di animali. E se lo scopo della passeggiata è un ricco bottino di funghi, non deve mancare (per legge) il classico cestino di vimini con le sponde alte, da foderare con un letto di foglie fresche. L'ausilio di un lungo bastone (magari scelto proprio nel bosco) consente di frugare il sottobosco e di battere il terreno per dare modo agli animali, talvolta nocivi, di allontanarsi al nostro passaggio, evitando "brutti incontri". Infine, gli appassionati di fotografia non dimentichino l'"attrezzo del mestiere" con un rullino di scorta!

Comportiamoci bene nel bosco

Non sempre ce ne rendiamo conto ma, nel bosco così come in campagna (e talvolta anche in città), ci troviamo a "casa d'altri", cioè in un luogo dove, se non veniamo esplicitamente invitati a farlo, non ci dovremmo neanche sognare di urlare, strepitare o correre a perdifiato. Poiché nel bosco nessuno ci ha invitato, vale la regola di utilizzare sempre un tono di voce normale, per non spaventare oltremisura gli animali suoi abitanti, e di non correre. In questo secondo caso, si evitano le storte così come gli inciampi nelle radici o nelle piante lianose, senza contare che una corsa sfrenata su di un pendio può realmente portare... sull'orlo del precipizio!

E' poi buona norma, in una foresta sconosciuta, non avventurarsi da soli e anzi mantenersi sempre a portata di vista dei compagni. Un fischietto o il telefono cellulare (se la zona è coperta) possono permettere un allontanamento maggiore. Naturalmente, i bambini devono rimanere costantemente vicini agli adulti, i quali devono poter intervenire prontamente in caso di pericolo. E' preferibile seguire i sentieri tracciati, abbandonandoli solo per brevi digressioni nelle vicinanze.

Dovrebbe poi essere intuitivo che un tempo incerto o, ancor di più, una minaccia di pioggia impongono di non affrontare l'escursione, esattamente come un orario troppo tardo: al calare delle tenebre anche l'escursionista più esperto fatica a ritrovare la strada giusta per il ritorno, con conseguenze non sempre felici.

Il senso dell'orientamento

Che ci si inoltri nel bosco di tutta una vita o in uno appena individuato, è sempre possibile il rischio della perdita dell'orientamento, che può rendere veramente difficoltoso il rientro. Infatti, anche la foresta più nota può cambiare, per esempio attraverso il taglio di alberi imponenti o di macchie di sottobosco che fungevano da personali punti di riferimento. Al di là dello scontato consiglio di portarci dietro una bussola, verificando ovviamente il punto cardinale di ingresso nel bosco, se la giornata è serena possiamo basarci sulla posizione del sole in relazione all'orario d'orologio (in estate però ricordiamoci dell'ora legale!).

Viceversa, non fidiamoci troppo del muschio, che l'opinione comune vuole addossato a tronchi e muretti sul lato esposto a nord. Non è sempre vero, perché se la posizione è costantemente ombreggiata da altre piante, e magari in concomitanza è presente anche un ristagno d'acqua, il muschio si può rigogliosamente insediare anche verso sud...

Sulle tracce degli animali

Uno dei grandi piaceri che il bosco ci può regalare consiste nella presenza di numerosi animali fra quelli che normalmente non ci è dato vedere, se non in televisione o sui libri. Certo, l'emozionante e repentino incontro con un capriolo piuttosto che con un leprotto o un picchio non è frequente, e all'uopo vale ancor di più la regola del silenzio, anche nei movimenti.

E' indubbiamente più facile intuire l'esistenza di un cinghiale o di uno scoiattolo dalle tracce che essi lasciano al loro passaggio. In inverno, il giorno dopo una abbondante nevicata è appassionante tramutarsi in "Sherlock Holmes" andando a caccia di impronte nel bianco manto, visibili peraltro anche in altre stagioni nelle zone fangose. Un buon testo può suggerirci l'identificazione attraverso altri tipi di tracce, come gli scortecciamenti degli alberi (provocati dagli ungulati per liberarsi del pelo superfluo, dei parassiti e del "velluto"), le buche (scavate dai cinghiali in cerca di tuberi e radici), le tane, le fatte (escrementi), i ciuffi di pelo, le piume, il bolo alimentare (rigurgitato da alcuni uccelli, come il gufo), o i frutti smangiucchiati (pigne desquamate dagli scoiattoli, gusci svuotati, ecc.).

Se la foresta non è fitta, ma lascia intravedere ampi spicchi di cielo, è una buona idea il munirsi di un binocolo, per osservare, in primavera e in autunno, il passaggio degli uccelli migratori, o di qualche rapace diurno (poiane, falchi, gheppi, ecc.).

La raccolta di erbe e frutti

Nove volte su dieci, durante la passeggiata, capita, per curiosità o per conoscenza, di raccogliere qualcuno dei doni che il bosco offre, siano essi fiori, foglie, rami, frutti, funghi, sassi, gusci di lumache o altre spoglie di animali selvatici. Ovviamente viene utile il cestino di cui sopra, ma anche i sacchettini di carta in cui separare e proteggere i vari generi raccolti. Nonostante le sembianze di naturalezza del gesto, la raccolta di prodotti del bosco richiede necessariamente un insieme di cautele e di esperienza che merita un approfondimento specifico.

I pericoli nel bosco

Proprio perché il bosco è un organismo vivo, popolato da numerosi esseri viventi, e con una sua peculiare conformazione ambientale, i pericoli che può nascondere sono svariati e non sempre percepibili.

Al dato oggettivo di pericolosità, di un animale, di una pianta o di un habitat, si aggiunge la nostra imperizia, che determina comportamenti sbagliati (come si indicava più sopra) e l'imprevedibilità degli accadimenti, che non va mai sottovalutata, anche in caso di grande esperienza da parte nostra.

La scarsa confidenza con l'etologia può indurci a pessimi incontri con vipere, scolopendre (millepiedi), ragni, zecche, calabroni e vespe, che lasciano un segno più o meno grave e comunque, indubbiamente, rovinano la giornata.

Le piante spinose o urticanti provocano danni di entità inferiore, ma sono ugualmente fastidiose e sgradevoli.

La raccolta di piante, frutti o funghi velenosi, scambiati per prodotti mangerecci, può avere conseguenze devastanti.

Ma anche una semplice storta, dovuta a una corsa o un salto nel vuoto di pochi centimetri o a una fossa nascosta, compromette irrimediabilmente il divertimento, senza contare la possibilità di incidenti peggiori.

E se poi ci si mette anche il maltempo, con raffiche di pioggia e fulmini, il brivido è assicurato.

Senza creare allarmismi inutili (è quasi impossibile che le disavventure elencate si presentino tutte assieme...), si sottolinea per l'ultima volta che il bosco è per tutti... coloro i quali lo amano e lo rispettano!

Le zecche

Da anni è stata segnalata una vera invasione di zecche nelle campagne e nei boschi di tutta Italia, complice il clima umido e caldo che esse prediligono. Sono aracnidi (cugine dei ragni) minuscoli (2-8 mm), di colore da marrone a nero, che vivono sul terreno e sulla vegetazione arbustiva e arborea, in attesa del primo mammifero di passaggio, del quale avvertono la presenza grazie alla sua emissione di anidride carbonica. Si ancorano allora ai vestiti o al pelo, raggiungendo la pelle, nelle cui pieghe (cima dei calzettoni, retro del ginocchio, inguine, ascella, cintura dei pantaloni, elastico del reggiseno) si insinuano impiantandovi il rostro boccale succhiatore.

Dopo una passeggiata in terreni a rischio (laddove la selvaggina di pelo o i cani da caccia o da tartufo abbondano) è necessario ispezionarsi (e farsi ispezionare "sul retro") accuratamente: la zecca appare come un piccolo neo insolito. La rimozione avviene con le pinzette, da stringere spingendo sulla pelle per afferrare il rostro (non spingiamo sul corpo della zecca, altrimenti rigurgita il pasto di sangue e con esso eventuali protozoi pericolosi). Se il rostro, o parte di esso, rimane infisso nella cute, può provocare una fastidiosa infezione. Dopo l'asportazione della zecca e la disinfezione della parte, questa andrà osservata per circa due settimane: in caso di arrossamenti che si estendono progressivamente in modo concentrico al punto d'infissione, bisogna subito recarsi al pronto soccorso spiegando l'accaduto.

La scatola del pronto soccorso

Sperando di non dovercene mai servire, la scatola del pronto soccorso nel bosco deve contenere un disinfettante per ferite e abrasioni, cotone idrofilo, garze, cerotti, un coltellino pulito, un rotolo di benda e un laccio emostatico (sostituibile con un pezzo di corda).

La minaccia di pioggia

In caso di temporale, vale sempre il vecchio consiglio di uscire dal bosco, a costo di inzupparsi da capo a piedi. La "doccia" è sicuramente preferibile di fronte al rischio-fulmini, elevatissimo fra gli alberi, la cui cima appuntita li attira invariabilmente. Tutt'al più, è possibile cercare riparo sotto una sporgenza naturale di una parete rocciosa, o all'interno di una grotta, purché distanti almeno 7-8 m dall'albero più vicino.

 

Tratto da La Casa sui Campi n. 6/2000

Passeggiare nel bosco con saggezza - Ultima modifica: 2023-04-13T20:26:41+02:00 da Elena Tibiletti