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La bolla del pesco deforma le foglie, ed è quindi facilissima da riconoscere.
La bolla del pesco è una malattia fungina che rende le foglie bollose. Va prevenuta, perché curarla quando è in atto è impossibile

La bolla del pesco (Taphrina deformans) è una malattia fungina che colpisce gli alberi da frutto, in particolare le Drupacee.

Fra le piante attaccate dal fungo, il pesco è il bersaglio quasi esclusivo, ma molto sporadicamente possono venire colpiti anche albicocco, ciliegio e susino. Non attacca tutte le varietà di pesco, poiché alcune sono resistenti o tolleranti, per esempio Amsden, Buco Incavato, S. Anna Balducci ecc.

Si manifesta principalmente sulle foglie e, se l’attacco non viene curato, poi anche sui frutti e infine, nei casi più gravi, sui germogli.

Come si manifesta e che danno provoca la bolla del pesco

Le foglie vanno incontro a deformazioni che determinano il caratteristico aspetto bolloso (sembra quasi che siano deformate da galle) da cui il nome della malattia, con colorazioni insolite che vanno dal giallo all’arancio fino al rosso intenso.

La pianta colpita perde molti fiori e quelli che allegano (dove cioè riesce a formarsi il frutticino) danno luogo a frutti stentati, piccoli e di cattivo sapore, perché poco alimentati dalle foglie anche se non colpiti; se vengono invece attaccati dal fungo presentano malformazioni che richiamano i sintomi fogliari.

Nei casi più gravi l’attacco può interessare anche i germogli.

Le foglie colpite perdono la capacità fotosintetica e sono destinate a cadere fino anche alla completa defogliazione; la pianta non è più in grado di alimentare la parte aerea, con gravi conseguenze per lo sviluppo dei germogli dei frutti e per la preparazione delle gemme dell’anno successivo: oltre a una perdita di produzione nell’anno si avranno ripercussioni anche negli anni a venire.

Bolla del pesco: quando colpisce

Il fungo viene favorito da condizioni di elevata umidità, e temperature tra fine inverno-inizio primavera comprese tra 7 e 28 °C; a fine gennaio-inizio febbraio, leggeri innalzamenti della temperatura possono risultare determinanti per la “ripartenza” del patogeno dormiente, perché 8 °C per qualche giorno sono già sufficienti.

I primi sintomi si manifestano con lo sviluppo delle gemme e perdurano fino alla caduta delle foglie, che può anche essere anticipata nel cuore dell’estate.

Con il procedere della stagione i tessuti vegetali sono sempre meno recettivi, e lo sviluppo della malattia risulta più contenuto.

Come si previene la bolla del pesco

Risulta fondamentale prevenire la malattia, perché quando i sintomi si notano vistosamente è già tardi per intervenire, non essendo disponibili prodotti ad attività curativa.

Per prevenirla o ridurne la virulenza, è bene raccogliere sempre ed eliminare il fogliame caduto in autunno, ed eventualmente passare la spazzola per tronchi raccogliendo con cura tutti i residui.

Su piante non colpite è consigliabile eseguire due trattamenti preventivi, a base di sali di rame, uno alla caduta delle foglie in autunno e l’altro appena prima della schiusura delle gemme.

Su alberi colpiti la primavera precedente seguite quanto indicato qui sotto.

Come si cura la bolla del pesco

In caso di alberi già colpiti l’anno precedente, è bene sapere che le spore (“semi”) del parassita svernano sul fogliame colpito e caduto a terra, ma anche nelle microfessure della corteccia dell’albero e fra le squame che proteggono le gemme durante l’inverno; così, alla ripresa primaverile, sono pronte a ripetere l’infezione. La loro penetrazione può già avvenire appena le gemme cominciano a ingrossarsi, durante una pioggia.

Quindi è fondamentale trattare con anticrittogamici in questa fase, quando le gemme sono ingrossate ma non ancora aperte, tra l’inizio di febbraio e l’inizio di marzo, secondo la temperatura e la piovosità, per proteggerle dall’infezione.

Nei casi gravi o con piogge continue si può ripetere il trattamento nella fase di “bottone rosa”, cioè quando le gemme si stanno aprendo e s’intravvedono i petali rosati, non ancora aperti.

Non si effettuano mai trattamenti in fioritura per non danneggiare gli insetti impollinatori come le api, ma appena i petali sono caduti si ripete il trattamento.

Eventualmente, si può svolgere un ultimo intervento alla formazione dei frutticini (1 cm di diametro).

Quindi si sospende ogni iniziativa, che non avrebbe più alcuna efficacia (il parassita ha già provocato danni in profondità alla pianta), e si riprende a trattare subito dopo la caduta delle foglie ed eventualmente un’altra volta nel cuore dell’inverno.

I principi attivi consigliati sono i sali di rame (ossicloruro, solfato, poltiglia bordolese ecc.) ammessi in agricoltura biologica.

Si ribadisce che sono inutili i trattamenti quando la malattia è già comparsa, poiché non ci sono prodotti curativi, in grado di arrestare la malattia.

Bolla del pesco: come si cura - Ultima modifica: 2013-09-02T10:20:48+02:00 da Redazione GI