C’è chi si arrampica da solo, fin troppo, e va dissuaso, e chi non si aggrappa e va indirizzato, ma anche chi lancia tralci qua e là, da domare: le rampicanti sono un vasto, affascinante mondo che risolve tanti problemi in giardino.
Come metterle a dimora in terra in 9 punti
- Le erbacee o sempreverdi si piantano in primavera; quelle a foglia caduca all’inizio della primavera o nel tardo autunno.
- Se le addossate al muro, il suolo alla base è sempre povero e secco: aggiungete una generosa quantità di concime organico.
- Scavate una buca di diametro doppio rispetto alle dimensioni del pane di terra; nel caso delle clematidi è necessario un impianto un po’ più profondo del normale. Inserite la zolla nella buca; posizionate il tutore vicino alla pianta, inclinato verso il muro, e guidate i tralci su di esso. Lavorate finemente il terriccio per chiudere la buca, colmatela, pressate bene e annaffiate in abbondanza.
- Tutti i rampicanti, e in particolare le clematidi, gradiscono una severa potatura in primavera dopo l’impianto, per stimolare una crescita rigogliosa.
- I supporti preesistenti sono: recinzioni a rete o sbarre, pergole, berceaux, gazebi a maglie; i tralci vanno accompagnati fra le sbarre o maglie e fissati.
- I supporti aggiunti più classici sono: grigliati di plastica o legno e reti di metallo o plastica, mentre i singoli tutori obbligano a usarne almeno quattro agli angoli. Esistono in vari colori (verde, bianco, naturale) e dimensioni; il legno deve essere impregnato contro gli agenti atmosferici, il metallo zincato o inox.
- Sono obbligatori i supporti anche se la pianta viene addossata a murature (oggetti o pareti) perché non è in grado di attaccarsi da sola, tranne edera e viti. È meglio siano distanziati da esse di circa 5 cm, per favorire l’attorcigliamento o il fissaggio dei tralci.
- Attenzione: glicine e bignonie richiedono supporti in legno massiccio, perché quelli in metallo (sia ferro battuto sia acciaio inox) si piegano con l’avvolgimento e sotto il loro peso.
- I fissaggi si fanno con legacci in rafia o tubetto di plastica forata, lasciandoli morbidi attorno al fusto, e ponendoli a intervalli regolari per distanziare i tralci e limitare il rischio di affollamento eccessivo. Ogni anno in inverno vanno controllati, allentati o sostituiti; in estate invece si fissano i tralci in allungamento.
Rampicanti in vaso, molte ma non tutte
- Tutte le piante rampicanti e sarmentose si possono coltivare ovunque in Italia, ma nel Nord d’inverno muoiono se non sono allevate in contenitore da spostare in luogo fresco e riparato.
- Innanzitutto, serve una dimensione minima di 30 x 30 x 30 cm, aumentandola in base alla vigoria della specie e comunque da una primavera all’altra di un paio di misure fino alla massima sopportabile. Ancora meglio le vasche di legno, soprattutto per le specie più vigorose, purché di dimensioni adeguate (almeno 40 x 40 x 50 h cm per pianta).
- Indispensabile un sistema di sostegni: quello più pratico è dato dal grigliato saldato alla vasca in legno, oppure un traliccio in plastica da inserire nel vaso o da agganciare al muro a cui appoggiare il vaso (ma al momento del ricovero bisognerà potare la pianta per staccarla).
- Se si tratta di specie rustiche che devono coprire un gazebo, vasi e vasche vanno posti a ridosso dei pilastri di sostegno della struttura e i tralci indirizzati e fissati su di essi.
- È preferibile utilizzare un terriccio specifico per piante rampicanti.
- Sarà necessario curare molto l’irrigazione (no agli stress idrici) e la concimazione, attraverso un prodotto granulare a lenta cessione per gli arbusti da giardino.
- NON possono vivere in vaso, nemmeno grande: Actinidia kolomicta, Campsis, edera, glicine (tranne ‘Amethist Falls’), kiwi, Macfaydena, Maurandia, Pandorea jasminoides, Petraea volubilis, Tecoma, Thunbergia grandiflora, uva fragola, vite americana e canadese, zucche ornamentali.
Rampicanti o sarmentose?
Quelle che si arrampicano da sole… Le rampicanti non sono altro che liane, cioè specie i cui fusti sottili sono incapaci di sostenersi da soli. Devono quindi cercare un supporto cui aggrapparsi per salire in verticale; in sua mancanza sono costrette a strisciare al suolo, sperando di ricevere la quantità di luce necessaria alla sopravvivenza. Tutte le piante rampicanti possono strisciare, ma raramente una pianta nata tappezzante può arrampicarsi.
Le specie rampicanti propriamente dette sono quelle in grado di attaccarsi da sole al supporto; Quanto ai metodi per arrampicarsi, sono i più diversi. Ci sono specie “autoportanti”, come l’edera, le ortensie rampicanti o il Ficus pumila, dotate di robuste “radici aeree” a ventosa per attaccarsi al supporto: non sono radici ma vi assomigliano per le corte ventose che portano.
Poi c’è il nutrito stuolo di chi emana, dagli esili tralci incapaci di sostenersi, i viticci, ossia foglie o parti di esse (le stipole basali) che si sono modificate, assumendo l’aspetto di sottilissimi filamenti con elevata capacità di torsione e “sensibilità” alla presenza di un supporto.
Ma ci sono anche le rampicanti in cui è il fusto stesso, “volubile”, a possedere all’apice la sensibilità alla vicinanza del sostegno e la capacità di ritorcersi attorno a esso.
Ogni specie è predeterminata per andare in senso orario o antiorario nell’avvolgimento, in base all’emisfero d’origine: tutte le rampicanti native dell'emisfero boreale girano in senso antiorario e quelle provenienti dell'emisfero australe lo fanno in senso orario, per “colpa” della rotazione dell’asse terrestre.
… e quelle che vanno indirizzate. Anche se tecnicamente tutte le piante che non possiedono organi specializzati nell’aggancio, bensì solo il fusto volubile, vengono definite sarmentose, nella pratica giardinieristica queste ultime sono le piante non rampicanti (a volte parzialmente volubili come i rincospermi), che si allungano appoggiandosi a sostegni ai quali sono incapaci di agganciarsi. Quando il sostegno finisce o viene spostato, i rami già molto lunghi ricadono verso il basso perché impossibilitati a sostenersi da soli.