Le dature in settembre sono ancora in piena fioritura, accompagnandoci sino a ottobre, in giardino come in terrazzo.
Fino al secolo scorso fa esisteva un unico genere, Datura, ad accomunare dature e brugmansie, che in realtà hanno un portamento, un fogliame e una disposizione dei fiori ben diversi tra i due gruppi. Per distinguerle, si parlava di dature erbacee e dature arboree.
Poi i botanici, nel 1973, hanno creato il genere Brugmansia, a indicare solo le sei (o sette) piante legnose, con portamento arbustivo o arboreo, caratterizzate dalle lunghe trombe portate rivolte verso il basso: alle nostre latitudini sono solo esemplari coltivati.
Nel genere Datura sono rimaste invece le due specie erbacee o suffruticose (con la sola base lignificata) dalle campane erette, con la bocca rivolta verso l’alto: lo stramonio in particolare è divenuto spontaneo della flora italiana, si è cioè “naturalizzato”.
Qui parliamo della datura. Per le informazioni sulla brugmansia, cliccate su questo link.
L’“inquietante” datura
Non è certo colpa sua, ma la povera datura, rispetto alla brugmansia, non suscita lo stesso entusiasmo giardinieristico. Forse perché capita di incontrarla sulle dune sabbiose a pochi metri dal mare, forse perché l’aspetto quasi strisciante non la rende simpatica, forse per le foglie ugualmente grandi ma più lobate e appiccicaticce, oppure le corolle candide ma “a bocca aperta” rivolta verso di noi… Oppure, per chi ne è a conoscenza, i molti racconti stregoneschi (purtroppo veri) collegati alla sua velenosità, o proprio la sua pericolosità… Fatto sta che la Datura ha sempre faticato a trovare un posto in giardino o in terrazzo, riscattandosi solo negli ultimissimi anni, grazie a varietà selezionate molto accattivanti, e meno ingombranti della cugina brugmansia.
Le specie sono due, D. stramonium e D. metel. La prima, lo stramonio o “tromba delle streghe” o “erba del diavolo”, è quella naturalizzata nelle zone incolte del nostro Paese, nel Nord lungo le coste sulle dune sabbiose, e man mano che si scende lungo lo stivale anche nelle campagne, negli spiazzi liberi, ai bordi di stradine poderali e lungo i ruderi. È una pianta erbacea annuale che nelle zone miti diventa perenne, lignificando progressivamente i fusti più vecchi. Si erge fino a 1,80 m, allargandosi con l’età fino a 2 m, a mo’ di coprisuolo. Le foglie sono grandi, ovato-lanceolate, dentato-lobate, morbide e vellutate, un po’ attaccaticce. Da giugno a ottobre, all’ascella fogliare spuntano le nivee trombe semplici, lunghe fino a 20 cm: si aprono verso le 17 e si chiudono inderogabilmente la mattina successiva; spargono un dolcissimo profumo, molto apprezzato dalle falene, che compiono l’impollinazione. Ne derivano curiosi frutti rotondi, grandi poco più di una noce, fitti di aculei (donde il nome di “mela delle spine”), che a maturità si aprono a scatto, liberando qualche decina di semi simili a quelli del pomodoro.
La seconda, D. metel, “noce metella” o “tromba del diavolo”, proviene dalla Cina e s’incontra più raramente in forma spontanea. Si differenzia dallo stramonio per il maggior sviluppo in orizzontale (fino a 3 m di diametro), i rami spesso viola-neri, le foglie non vellutate né collose, le corolle color lilla e i frutti lisci, senza aculei. I floricoltori ne hanno ricavato diverse cultivar, tra cui una a fiore doppio lilla-viola, ‘Double Purple’, e una sempre doppia ma giallo crema, ‘Golden Queen’: queste sono reperibili nei migliori garden center in maggio-giugno.
Leggenda o verità?
Tromba delle streghe ed erba del diavolo sono denominazioni comuni che non lasciano spazio a grandi dubbi: si tratta di piante velenose, contenenti sostanze dalle proprietà narcotiche e allucinogene, sfruttate da tempo immemorabile dal popolo Rom, nella cui medicina tradizionale soprattutto lo stramonio occupa un posto importante. Furono proprio queste popolazioni nomadi a trasferirlo dal Caucaso, sua terra d’origine, in tutto il mondo, tant’è vero che la pianta si riscontra spesso presso le loro aree di sosta: una volta approvata, veniva delimitata tutt’intorno proprio spargendo i semi dello stramonio. Lo impiegava una “guaritrice” esperta per dare euforia durante i festini, come tranquillante (!) per i bambini difficili, per combattere la depressione e risolvere i problemi respiratori.
Il potere allucinogeno, a partire dal tardo Medioevo, venne usato dagli stregoni durante i sabba per indurre stati di trans, dagli aspiranti suicidi, e dagli avvelenatori in generale (anche di corte) per sbarazzarsi di figure scomode. Più recentemente, lo stramonio fu utilizzato come “siero della verità” durante l’ultima guerra mondiale, e in medicina per tentare di lenire i tremori senili e il Parkinson.
Nel Sud America invece è stato adoperato (e forse lo è ancora…) per affinare la sensibilità dei cani da caccia, nei riti di zombificazione ai Caraibi e come afrodisiaco.
Negli ultimi decenni la noce velenosa e la noce metella balzano periodicamente agli onori della cronaca, durante la bella stagione, per avvelenamenti causati dall’incauta passione per le erbe spontanee, che porta persone disinformate a raccogliere le grandi foglie, scambiandole non si sa bene per quale pianta commestibile, per farne risottini malefici o contorni tossici.
Ancora peggio, ogni anno non manca la notizia relativa al precipitoso ricovero in ospedale di ragazzi ignoranti in cerca dello sballo, che volontariamente cercano e bevono o fumano l’erba del diavolo, sulle montagne più isolate dell’Appennino: la loro ricerca di un fittizio benessere rischia ogni volta di trasformarsi in una tragedia… E a volte lo diviene proprio, così stupidamente…
Velenose, anzi velenosissime
Le sostanze contenute nelle dature hanno infatti un forte potere psicotropo: significa cioè che agiscono sulle cellule nervose del cervello, tanto da poter dare conseguenze psichiatriche permanenti, scatenando malattie mentali latenti che altrimenti non si sarebbero forse mai manifestate… I ragazzi che le usano evidentemente non sanno che la dose allucinogena è molto vicina a quella tossica, e quest'ultima spedisce facilmente all’altro mondo il cervello o l’intero corpo…
Tutte le Solanacee (pomodori & co.) sono infatti velenose in qualche loro parte, incluse le brugmansie, ma lo stramonio le batte tutte: contiene un cocktail di alcaloidi di tutto riguardo, fra cui la scopolamina e l’atropina. La concentrazione varia secondo le diverse parti della pianta: foglie, fiori e semi sono in genere le parti più ricche di alcaloidi, e vengono appunto impiegate sotto forma di “insalata”, di tisana o di tabacco da fumare. Un tempo venivano persino prescritte le sigarette allo stramonio per placare le crisi d’asma: peccato che il lenimento potesse diventare definitivo, visto che la morte subentra proprio per paralisi dei muscoli respiratori…
Oggi è quasi impensabile di poter utilizzare lo stramonio in fitoterapia, perché l’elevata tossicità degli alcaloidi si abbina a un contenuto molto variabile tra una pianta e l’altra: non è possibile una titolazione (cioè una quantificazione precisa) del principio attivo.
Mantenere la datura con molta prudenza
Con tutto questo, non vogliamo spaventarvi oltre misura al punto dal desistere dal coltivare queste spettacolari piante: se non fossero coltivabili in un comune giardino o terrazzo, non si troverebbero nemmeno in vendita (come accadeva per il papavero da oppio).
Ma è ovvio che, non essendo piante innocue, servono attenzioni particolari per godere del loro splendore in tutta sicurezza.
Innanzitutto, sconsigliamo di allevare brugmansie e dature se avete bambini piccoli, mentre con quelli più grandicelli valutate se sono in grado di rispettare il divieto di toccarle: soprattutto i frutti ancora chiusi potrebbero incuriosirli, così come i semini sparpagliati sul pavimento una volta “sparati” dalla capsula matura. Uguale “sconsiglio” in presenza di cuccioli di cani, gatti e coniglietti mentre, una volta adulti, valutate in base al comportamento: se rimangono “devastatori”, potrebbero accanirsi anche su queste piante, mordendole o graffiandole e poi leccandosi tutto il succo velenoso…
In alternativa, ponete le piante in un punto sicuramente non raggiungibile da bambini e animali.
Infine, quando la maneggiate, utilizzate i guanti, oppure lavatevi subito bene le mani con il sapone: la linfa non è velenosa per contatto, ma solo per ingestione. Se volete raccogliere i semi delle dature, seccateli in un luogo inaccessibile e conservateli in un boccettino etichettato, in modo da non scambiarli per qualcos’altro di innocuo.
Coltivare la datura
- Stramonio e noce metella si possono coltivare a partire da seme, da porre in seminiera in gennaio-febbraio e trapiantare a dimora, in giardino o in vaso, in marzo-aprile. Oppure si acquistano le piante già pronte per la fioritura, delle due varietà esistenti.
- La posizione può essere a mezz’ombra (obbligatoria per le varietà) o, preferibilmente per le specie, in pieno sole anche d’estate. Non temono eccessivamente il vento, nemmeno quello salmastro, mentre la grandine rimane un nemico temibile.
- La terra può essere anche sciolta o sabbiosa, mentre quella per il vaso deve essere per piante fiorite. Sul fondo il drenaggio non è indispensabile. Il vaso, in plastica, deve misurare almeno 24 cm per una singola pianta.
- L’irrigazione non deve mai mancare: le lamine fogliari perdono enormi quantità d’acqua che dev’essere reintegrata continuamente; il terriccio infatti deve rimanere sempre inumidito (ma non inzuppato). Non deve mancare il sottovaso, di almeno una misura in più del vaso.
- Altrettanto importante la concimazione: è una pianta energivora e richiede un prodotto potassico, es. un concime liquido per piante da fiore distribuito ogni 7-10 giorni nell’acqua d’irrigazione.
- Va soggetta a fisiopatie che si manifestano attraverso il fogliame: se avvizzisce rimanendo verde, è una carenza d’acqua; se appassisce dopo esser diventato giallognolo, è un eccesso idrico; se scolorisce uniformemente si tratta di una carenza di ferro: somministrate il sequestrene ma, se il problema non si risolve nell’arco di una decina di giorni, forse è colpa di un terriccio troppo torboso e povero. Se il fogliame cade, tastate il substrato: è una carenza o un eccesso d’acqua.
- È preda anche del ragnetto rosso, che attacca piante troppo esposte al sole e con scarsa umidità.