Lo scalogno (Allium cepa var. ascalonicrum), della famiglia delle Amarillidacee, è un ortaggio ben noto in Romagna, dov'è diffuso e ampiamente apprezzato (e viene chiamato "scalogna").
Più piccolo della cipolla, più grande dell'aglio, lo scalogno è una via di mezzo tra i due odorosi bulbi, anche per il sapore: somiglia più alla cipolla, rispetto alla quale ha un gusto più intenso ma meno pungente e un po' più dolce. In realtà, è una varietà di cipolla, ma rispetto a lei è molto meno "profumato", il che significa che non mette a repentaglio l'annusabilità delle mani, dopo averlo tagliato e, durante l'operazione, nemmeno le ghiandole lacrimali, dato che "non fa piangere".
Originario dell'Asia centrale, deve il nome alla cittadina palestinese di Ascalon dove era coltivato inizialmente. Da qui la pianta si è diffusa verso l'India e il Mediterraneo orientale e sembra che sia stata introdotta in Europa nel XII-XIII secolo dai Crociati che rientravano dal vicino Oriente.
Com’è fatto lo scalogno
Si tratta di un bulbo composito simile a quello dell'aglio, formato da due o tre bulbilli uniti insieme, di colore bianco-violaceo, avvolti singolarmente da una pellicola esterna di colore dal ramato al rossastro, ma privi di un involucro esterno comune.
Il diametro massimo dello scalogno è di 5 cm, e il bulbo è più affusolato rispetto a quello di cipolla e più grande di quelli d’aglio.
Produce una piantina erbacea annuale, alta 20-30 cm, con foglie allungate, lineari e lisce. Non crea fiori: si riproduce mediante piantagione dei bulbi da un anno all'altro.
Dove e come si coltiva lo scalogno
Coltivato in tutto il mondo su piccola scala, è maggiormente diffuso negli Stati Uniti e in Francia. In Italia viene coltivato in Romagna da tempo immemorabile e il rinnovato interesse per le produzioni tipiche locali degli ultimi anni ha portato a un rilancio della coltura tra Faenza e Rimini. Si può allevare in tutta Italia, anche in vaso purché non piccolo.
Poiché è sterile e privo di fiori, lo scalogno si riproduce solo tramite bulbo. Si interrano i singoli spicchi in autunno o all'inizio della primavera, da fine febbraio a fine marzo, in un terreno argilloso moderatamente concimato prima dell'impianto. Va poi innaffiato con regolarità e moderazione per tutta la stagione, sospendendo una decina di giorni prima della raccolta.
Si raccolgono i bulbi sotterranei, in giugno per il consumo fresco e in luglio se destinati alla conservazione. Si conservano per circa due mesi in un luogo buio, fresco e asciutto, in cassette di legno in unico strato.
Come si usa in cucina lo scalogno
A differenza di aglio e cipolla, lo scalogno non deve mai prendere colore, non va rosolato né soffritto, perché il sapore cambia, diventando decisamente amaro. Va fatto disfare a fuoco lento.
Lo scalogno è indicato per antipasti e portate raffinate; si impiega nella preparazione di insalate, frittate e torte salate, contorni e salse come la Bernese.
Sperimentate subito la ricetta di un primo piatto goloso alla moda della Romagna: i garganelli con broccoletti e scalogno.
In Francia viene aggiunto alle pietanze, sia crudo che cotto, al posto della cipolla, per un sapore più delicato; inoltre viene usato, pestato nel mortaio e mescolato con burro o formaggi cremosi, per accompagnare grigliate di pesce o di carne. Sempre Oltralpe, conservato nel vino o in aceto di vino, costituisce la base per svariate salse.
Si può anche conservare in salamoia o sott'aceto, per un insolito e stuzzicante antipasto.
È ingrediente fondamentale nella cucina iraniana e insaporisce riso fritto, involtini nepalesi e molti piatti dell'India meridionale.
Anche le foglie dello scalogno, raccolte ancora verdi e tagliate finemente, si possono utilizzare per arricchire insalate miste.
Valore nutrizionale dello scalogno
Come aglio e cipolla, contiene un olio essenziale a base di disolfuro di allile e propile, cioè zolfo e sostanze aromatiche. Ha caratteristiche antibiotiche e disinfettanti delle vie respiratorie e gastrointestinali, rafforza le difese dell'organismo, è aperitivo e digestivo.
Svolge una certa azione anticancerogena, ostacolando la formazione nell'intestino di prodotti di putrefazione che facilitano le neoplasie.
Nella cultura contadina italiana gli si attribuivano proprietà afrodisiache, del tutto infondate.