Nel nostro Paese è arrivata nel 2011, in Lombardia, proveniente dalla vicina Svizzera dov’era giunta l’anno precedente: è la piralide del bosso (Cydalima perspectalis, sin. Diaphania p. e Glyphodes p.), un Lepidottero Crambide originario dell’Asia orientale (Giappone, Cina, Taiwan, Corea e India) e giunto in Europa, esattamente in Germania, nel 2007 con piante di bosso infestate. Dal 2014 è segnalata in tutta Italia, con maggiore concentrazione nel Nord e Centro.
A differenza di altri parassiti, contro la piralide del bosso non sono stati presi provvedimenti normativi, né a livello nazionale né in ambito europeo: l’insetto era stato inizialmente inserito nella lista d’allerta dell’Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante (Eppo) nel 2007, ma nel 2011 è stato cancellato perché, scaduti oltre tre anni dalla sua iscrizione, nessun Paese membro aveva sollecitato una particolare azione di carattere internazionale.
I danni causati dalla piralide del bosso
La forma nociva è quella larvale, che attacca esclusivamente il genere Buxus, e in particolare le specie B. sempervirens, B. sinica, B. microphylla e B. m. var. insularis (per inciso, le stesse bersaglio delle infezioni da Cylindrocladium buxicula, fungo altrettanto nocivo…).
Vengono aggredite tutte le piante fino ai 300 m slm, in vaso o in piena terra. I bruchi divorano i germogli, le intere foglie e perfino le cortecce verdi dei nuovi rami, causando innanzitutto un grave danno estetico e, naturalmente, aprendo la porta a un forte deperimento e alle infezioni fungine (come quella sopra citata).
Le piante attaccate mostrano inizialmente zone di seccume fogliare che, di primo acchito, possono essere ricondotte a un’infezione da Cylindrocladium. In breve tempo tuttavia, le foglie scompaiono, divorate, e appaiono vaste zone di arbusto spogliato. Col progredire dell’infestazione, oltre alla formazione di ragnatele, si evidenzia la decorticazione dei rametti più giovani. Nell’arco di qualche settimana l’arbusto passa da una normale forma rigogliosa alla quasi completa nudità intercalata da resti di lembi fogliari secchi. Le piante defogliate presentano un tipico intreccio di fili sericei fra i rametti e gli scheletri delle foglie.
Il ciclo biologico
La biologia di C. perspectalis in Europa non è ancora ben nota. In Italia l’insetto compie due-tre(-quattro) generazioni l’anno: sverna come larva in un bozzolo, piuttosto visibile, tessuto in autunno tra le foglie delle piante di bosso. L'anno successivo, con l’arrivo delle temperature miti primaverili, la larva completa il suo sviluppo, e dopo 4 settimane di alimentazione (a base di foglie, di cui erodono la pagina inferiore), s'impupa e sfarfalla per dare il via alla prima generazione. Gli adulti si accoppiano per deporre le uova.
Le uova vengono deposte in gruppetti, parzialmente sovrapposte, sulla pagina fogliare inferiore. All’inizio sono di colore giallo pallido, poi, man mano che maturano, imbruniscono facendo intravedere all’interno un puntino nerastro, la capsula cefalica in formazione.
Le larve diventano attive in primavera (marzo-aprile secondo l’andamento meteorologico), incominciando a nutrirsi attivamente del fogliame (mangiando l'intera lamina e lasciando intatta solo la nervatura centrale): possiedono un colore verde giallastro solcato longitudinalmente da bande nere e striature bianche lungo tutto il corpo, mentre la testa è di colore nero. A maturità raggiungono una lunghezza di 5 cm.
Dopo quattro settimane dalla nascita i bruchi tessono il bozzolo formando le crisalidi lunghe circa 2 cm, inizialmente di colore verde con strisce nere sul dorso e poi, a maturità, di colore marrone scuro; si localizzano nell’intrico della vegetazione, avvolte in un bozzolo biancastro.
Dopo tre settimane sfarfalla l’adulto, con ali di colore bianco con bande marroni scure sui bordi (apertura alare 4 cm).
Le larve, nutrendosi di foglie di bosso (che contengono un alcaloide tossico, la ciclobuxina), accumulano grandi quantità di alcaloidi che le rendono non appetibili (tossiche) da parte di predatori come uccelli, ricci, istrici, cinghiali ecc. Per questo motivo non è necessario che si nascondano, e possono rimanere ben visibili in superficie sui rami di bosso.
La prevenzione dalla piralide del bosso
Come prevenzione, distribuite ogni 20 giorni a partire da metà marzo una polvere di roccia (zeolite o caolino): crea una patina biancastra sulle foglie rendendole sgradevoli per le larve alla masticazione, oltreché taglienti (le polveri sono composte da microcristalli minerali) per il loro corpo. Ripetete il trattamento anche fuori cadenza dopo ogni pioggia abbondante che dilava la patina protettiva. L'ultimo trattamento va eseguito a inizio ottobre. E ricordatevi che prevenire, soprattutto in questo caso, è infinitamente meglio che curare!
A partire dal mese di marzo, controllate le foglie ogni 7 giorni per individuare precocemente le larve, segno di un inizio di infestazione. Installate a metà marzo le trappole a feromoni che monitorano la presenza degli adulti e indicano quando effettuare i trattamenti larvicidi. Questi consigli valgono anche per le zone già infestate dal parassita.
La difesa dalla piralide del bosso
Se le piante di bosso colpite non sono molte, si può provare a raccogliere i bozzoli in autunno-inverno, e poi nuovamente durante la bella stagione, per evitare che le larve e le crisalidi arrivino a maturità. Bozzoli, larve e crisalidi vanno chiusi in un sacco e smaltiti come rifiuti speciali, in ottemperanza alla legislazione vigente in materia di gestione di rifiuti in caso di lievi infestazioni.
In alternativa, sempre su poche piante, si può effettuare un lavaggio con acqua a forte pressione, per far cadere a terra le larve, raccoglierle ed eliminarle come rifiuto speciale.
Se però l’infestazione è di entità maggiore, è bene ricorrere tempestivamente a trattamenti. Tra i prodotti biologici, è efficace Bacillus thuringiensis var. kurstaki, batterio innocuo per l’uomo e qualunque animale tranne i Lepidotteri, in grado di provocare la paralisi del tratto digerente delle larve di piralide e conseguentemente la loro morte; il trattamento va eseguito quando sono visibili le larve in fase di nutrizione sul bosso. Si può utilizzare anche l'azadiractina (olio di Neem). Entrambi i prodotti biologici vanno irrorati con cadenza regolare: ogni 7 giorni il Bacillus, ogni 10 l'olio di Neem. La bagnatura deve essere molto accurata, perché spesso la femmina depone le uova nell'interno della pianta e comunque sulla pagina inferiore delle foglie.
Fra i principi attivi di sintesi chimica sono attivi cipermetrina e deltametrina, e i regolatori di crescita registrati per l’utilizzo su piante ornamentali; tutti agiscono sugli stadi larvali e in questa fase vanno irrorati. Per il loro acquisto e impiego è necessario il possesso del "patentino", quindi sarà un giardiniere professionista a consigliarli e a eseguire i trattamenti. Vanno però utilizzati come "ultima spiaggia", se l'infestazione è massiccia e rischia di divorare intere siepi di piante di pregio, es. nei giardini storici.