Da millenni il melograno viene utilizzato, fra l'altro, anche come pianta tintoria, grazie ai frutti e alla corteccia. Vediamo nel dettaglio come si utilizza.
La storia del melograno
È una pianta antichissima, i cui fiori e frutti sono ricordati nelle leggende mediterranee e mediorientali. La melagrana è il frutto per eccellenza delle antiche civiltà mediterranee. Pomo della discordia tra Afrodite, Era e Atena, nel giudizio di Paride, è citata più volte anche nel Vecchio Testamento, tra le piante della terra promessa, come pure nei testi buddisti.
Furono i Romani a denominarla Malum Punicum, avendola conosciuta nel Nord Africa, nei dintorni di Cartagine.
Considerata simbolo di prosperità e ricchezza e quindi coltivata in molto luoghi, nella Spagna meridionale la pianta era tanto presente da aver dato il suo nome alla città di Granada.
Scheda botanica e habitat
Arbusto delle Punicacee, alto dai 2 ai 5 metri, con radici rossastre e nodose e rami rigidi e spinosi, è caratterizzato da fiori di color rosso-arancione e da una bacca coriacea, grande come una mela, divisa all'interno in diversi scompartimenti rivestiti da una membrana giallastra, contenenti semi rossi, ricchi di un succo rosso e acidulo.
Originario del Sud-Est asiatico, si è naturalizzato in Africa e nell'Europa mediterranea. Viene oggi coltivato nei Paesi caldi di tutto il mondo per la bellezza dei suoi fiori e dei frutti commestibili.
Utilizzo del melograno
Utilizzata in farmacopea, la corteccia della radice e dei rametti di melograno contiene pelletierina, principio attivo ad azione tenifuga.
Se ne ricorda l'utilizzo nella medicina popolare sarda, dove i pastori che dovevano percorrere lunghi tratti di campagna deserta nella calura estiva usavano fasciarsi il ventre con bende intrise di succo di melograno, per proteggersi dalle fermentazioni intestinali.
Mentre i semi carnosi entravano nella preparazione di una bevanda chiamata “granatina”, preparata con succo di melograno e sciroppo arricchito con karcadé.
Proprietà coloranti
Grazie alla presenza di tannini e di flavonoidi, le pigmentazioni estratte dalla scorza della melagrana e dalla corteccia delle parti legnose della pianta sono particolarmente solide alla luce e ai lavaggi, una volta fissate sui tessuti, sia di fibra animale (lana, seta) che vegetale (lino, cotone, canapa e altri).
Vasta anche la palette delle colorazioni ottenibili: dal giallo freddo delle bucce della melagrana ancora acerba, a quello dorato estraendo il colore dalle bucce a maturazione, all'arancione ottenuto estraendo il colore dall'intera bacca. Dal grigio tenue al nero intenso, sviluppando il colore in presenza di solfato ferroso. Diversi toni di verde cupo, dal bottiglia allo smeraldo – ancor oggi ammirabili sui tappeti anatolici antichi – si possono ottenere, secondo un'antica ricetta babilonese, facendo bollire della lana precedentemente tinta in blu con indaco in un decotto di scorze di melagrana. Grazie alla sua duttilità cromatica, il colorante fu molto usato in Europa anche nella stampa a mano su tessuto nel corso del XIX secolo.
Tingere in giallo su lana/cotone
- Pesare il materiale da tingere e calcolare due volte e mezzo il peso in melagrane intere (es. 100 g di tessuto:250 g di melagrane). Spezzettare le melagrane, aggiungere acqua e fare un decotto per 30'. Filtrare.
- Sciogliere 20 g di allume e 5 g di cremor tartaro in un po' d'acqua calda e aggiungerli all'estratto di melograno.
- Immergere il materiale da tingere ben bagnato e farlo bollire per 45'. Lasciar intiepidire nel bagno.
- Estrarre, sciacquare e asciugare.
(consulenza Rosella Cilano, Natural Color Consultant, www.tinturanaturale.it)