Ogni pianta madre cerca di allontanare il più possibile i propri semi, perché possano sopravvivere in condizioni di non forte competizione o in caso di sconvolgimento dell'habitat. Normalmente è il vento o la corrente dell'acqua, se non un animale a operare l'allontanamento, ma ci sono alcune piante che invece i propri semi li "sparano" letteralmente il più lontano possibile.
Infatti, qual è lo scopo finale della Natura? Riprodursi, cioè arrivare a produrre semi fertili e far sì che questi germoglino e ricreino una nuova pianta simile a quella madre. Tra la produzione dei semi e il momento in cui germoglieranno sta una fase delicatissima, quella della “dispersione”, cioè l’allontanamento del seme dalla pianta madre. Il motivo è evidente: un eventuale sovraffollamento creerebbe una fortissima competizione tra i diversi esemplari, facendo sì che solo pochi, i più robusti, sopravvivano, o magari nessuno di essi a causa della mancanza di risorse sufficienti. Senza contare che, se tutte le piante figlie crescono nello stesso punto, un eventuale sconvolgimento dell’habitat (naturale o per mano dell’uomo) eliminerebbe in un sol colpo tutte le piantine di quella specie.
Meglio allora allontanarsi il più possibile, compatibilmente con le forze che può avere un seme… Nei milioni di anni dell’evoluzione, molte specie vegetali hanno escogitato piccoli “trucchi” per favorire l’allontanamento dei semi: la leggerezza per il trasporto tramite il vento, la vicinanza a corsi d’acqua per un trasporto passivo, l’appetibilità per il movimento a opera degli animali (e un tegumento, una buccia resistente ai loro succhi gastrici…), i dispositivi di aggancio al pelo degli animali ecc.
E qualche pianta ha elaborato un meccanismo attivo, con il quale è direttamente la pianta madre a provvedere all’allontanamento dei propri semi-futuri figli. Come? “Sparandoli” letteralmente, il più lontano possibile, tramite un meccanismo a scatto.
Le pareti che costituiscono il frutto sono infatti dotate di cellule particolari, in grado di immagazzinare relativamente grandi quantità di acqua durante le fasi di maturazione del frutto stesso e dei semi all’interno. In questo lasso di tempo il frutto è ancora immaturo e molto turgido grazie all’idratazione. Man mano che i semi si avviano alla maturità, e con esso il frutto, il tessuto più esterno o quello più interno (dipende dalla specie) della parete del frutto si irrigidiscono, indebolendo i peduncoli che tengono attaccati i semi alla parete interna del frutto. Quando lo strato turgido raggiunge la massima pressione, contrastata dallo strato irrigidito, l’involucro del frutto è talmente teso che possono bastare semplicemente i raggi solari che si intensificano durante il giorno estivo a provocare lo strattone finale che determina l’apertura delle suture (a mo’ di fustelle) predefinite sulla superficie del frutto stesso. Lo scatto è così violento da provocare il distacco finale dei semi dai peduncoli che li tenevano attaccati all’interno del frutto, semi che vengono così lanciati lontano, come da una piccola fionda. A volte è invece uno sfioramento meccanico a determinare l’apertura, ma il risultato non cambia: i semi vengono sparati lontani (anche a 10 m) e, se in quel momento sta passando un animale (magari proprio la causa dell’apertura), le sostanze gelatinose che li avvolgono si attaccano al manto, permettendo un maggiore allontanamento, quasi avessero “preso l’autobus”.
Ma quali sono le piante più note che sfruttano “la catapulta”? La più famosa è il cocomero asinino (Ecballium, che in greco significa “lanciare fuori”, elaterium), il cui frutto a forma di piccolo cocomero spinoso è come un palloncino gonfiato che viene lasciato andare nell’aria senza nodo di chiusura: spara a tradimento schizzi vischiosi fino a 10 m di distanza al solo sfioramento; attenzione se arrivano sulla pelle nuda o negli occhi: il gel è irritante e bisogna subito lavarsi con acqua e sapone. C’è poi la piccola Oxalis corniculata, un’infestante dai minuscoli fiorellini gialli e dal frutto a capsula allungata che, sfiorato, si apre a fiore lanciando semini bruni, appena mucillaginosi, fino a 1 m nei dintorni. Anche lo stramonio (Datura stramonium) ha un’irta capsula che facilmente si impiglia nelle pellicce di passaggio e, al calore delle giornate agostane, si apre a scatto lanciando per circa 1 m i grossi semi piatti color nocciola. Infine l’impatiens (Impatiens walleriana) apre all’improvviso le proprie capsule scure, lanciando minutissimi semi in un raggio di 2-3 m intorno.