C’è una palma originaria dell’Italia, ma paradossalmente poco nota e ancor meno coltivata: è la palma di San Pietro o palma nana. Sarà forse perché appunto, essendo spontanea nelle regioni meridionali, ha meno appeal rispetto alle palme nordafricane o “hawaiane”? Eppure, adesso che il cambiamento climatico ha ingentilito le temperature invernali, la Chamaerops humilis), resiste benissimo in giardino o in vaso perfino in Val Padana.
Com’è fatta la palma di San Pietro
Unica palma autoctona italiana, è spontanea in Sicilia e Sardegna, e proprio dall’isola sarda di San Pietro, dov’è largamente diffusa, ha preso uno dei nomi comuni. È anche facilmente reperibile, anche sotto forma di esemplari di grandi dimensioni, presso i garden center e i vivai specializzati.
È una piccola palma sempreverde, alta fino a 3 m e larga fino a 2 m, con crescita molto lenta del “fusto” (botanicamente “stipite”) e portamento a cespuglio. Lo stipite, corto e squamoso, è in genere singolo (a volte però, sugli esemplari più anziani, si formano altri “fusti” dallo stesso piede). La chioma è data da fronde, portate all’apice dei fusti, arcuate, lunghe fino a 1,5 m, di colore verde intenso, portate da un picciolo legnoso, lungo e spinoso. La lamina fogliare (larga fino a 45 cm) è palmata e divisa in segmenti lineari che conferiscono l’aspetto a ventaglio, color verde bottiglia, rigidi e con punte aguzze. Le grandi infiorescenze a pannocchia si formano alla base delle foglie; seguono i frutti ellittici rossi o gialli, non commestibili, contenenti un solo seme duro.
Esiste anche un’altra Chamaerops, cerifera, una palma molto più piccola della C. humilis con fogliame di colore glauco. È molto più resistente al freddo e, grazie alle sue piccole dimensioni, si adatta facilmente alla coltivazione in vasi di media dimensione. Anche C. cerifera è reperibile nei garden center e nei vivai specializzati meglio riforniti.
Da + 50 a –10 °C, ma al sole
La palma di San Pietro può essere coltivata anche nel Nord Italia in piena terra o in vaso, perché sopporta bene fino a –10 °C. Solo sulle Alpi va coltivata obbligatoriamente in vaso e ritirata in veranda a inizio novembre e fino a fine marzo. Desidera un’esposizione soleggiata (anche in piena estate), al massimo a mezz’ombra. Tollera il caldo intenso (fino a 50 °C) e il vento, anche salmastro. In caso di neve, la coltre va prontamente spazzata dalle foglie per evitare macchie persistenti.
Coltivare la palma di San Pietro in giardino…
In giardino può essere impiegata come esemplare singolo al centro di un’aiuola o come quinta in una grande roccaglia, magari abbinandola al piede con bulbose da fiore primaverile ed estivo di piccola e media taglia e con erbacee annuali e perenni di medie dimensioni.
La Palma di San Pietro desidera un substrato fertile e sciolto, leggero e soprattutto molto ben drenato (non sopporta il ristagno idrico); tollera anche suoli poveri, sassosi, aridi o sabbiosi. Necessita di annaffiature solo nel primo anno dopo l’impianto, quando la terra è ben asciutta. Nei primi anni si giova di fertilizzanti organici (letame o stallatico secco) distribuiti in autunno. Eventuali foglie secche possono essere recise con un seghetto, mentre non va potata (privata delle fronde ancora verdi) per non rovinare la bella sagoma naturale.
… e in vaso
La palma di San Pietro deve alloggiare in vasi di plastica al Nord e di terracotta al Sud, di diametro pari a due terzi del diametro della chioma, con 5 cm di ghiaia sul fondo e un terriccio di riempimento composto da due terzi di universale e un terzo per piante grasse arricchito da 2-3 manciate di perlite. Si rinvasa ogni 2-4 anni in un contenitore di due misure in più, fino alla massima sostenibile.
Si annaffia da marzo a settembre ogni volta che il substrato è ben asciutto, e nei restanti mesi all’incirca una volta ogni 30 giorni, sempre senza sottovaso. Concimate con metà dose, se volete che non cresca troppo, di concime granulare universale in aprile e in settembre.
I nemici peggiori sono il ragnetto rosso e le cocciniglie: il primo si combatte vaporizzando ogni giorno il fogliame ed eventualmente trattando con un acaricida, le seconde con un prodotto anticocciniglia; in entrambi i casi si può utilizzare il sapone molle come prodotto naturale. Inoltre, nelle zone costiere o comunque molto calde anche d’inverno, è bersaglio della Paysandisia archon, un lepidottero le cui larve distruggono lo stipite della pianta.
Palma di San Pietro in via d’estinzione
La palma nana è in pericolo d’estinzione: ha oggi una distribuzione geografica molto ridotta ed è ben rappresentata solo nella Riserva naturale dello Zingaro, sulla costa fra Palermo e Trapani, della quale è il simbolo ufficiale.
Deve la salvezza all’intenso e secolare allevamento da parte della popolazione locale che, con le sue fronde, fabbricava scope richiestissime in tutta la Sicilia.
Le piante “defoliate” si riconoscono per l’elevazione del fusto dal terreno, dovuta proprio alla periodica perdita delle foglie. Il portamento normale invece, come rivela il nome comune, dà piante basse e raccolte, in cui il corto fusto viene occultato dai ventagli di foglie.