C’erano una volta le specie di orchidea: per esempio Vanda coerulea, Phalaenopsis amabilis, Miltonia regnellii ecc. Oggi però ci sono anche e sempre di più Dendrobium ‘Pink Glow’, Angraecum ‘Crestwood’, Miltonia x ‘Aurora’, Bulbophyllum canaliculatm x sulawesi, Cattleya walkeriana x Pao da Acucar e anche Laeliocattleya (Laelia x Cattleya), Miltassia (Miltonia x Brassia), Vandopsis (Vanda x Phalaenopsis) ecc.
Significa che tutte le ultime orchidee citate sono ibridi, cioè derivano dall’incrocio fra due specie diverse (incrocio all’interno dello stesso genere, es. genere Cattleya), nel qual caso rimane il segno x a indicare l’ibridazione avvenuta in natura oppure viene indicata semplicemente la nuova varietà tra virgolette se l’incrocio deriva da mano umana; in alternativa provengono dall’unione di due generi diversi (ibrido intergenerico, es. tra Laelia e Cattleya), caso in cui i due nomi generici vengono fusi tra di loro.
È noto che gli esemplari ibridi non sono in grado di riprodursi: tutti sappiamo che il mulo, ibrido derivato da un asino e una cavalla, è sterile; ma nel caso delle orchidee l'ibrido può reincrociarsi con le specie parentali, cioè con i genitori (fenomeno chiamato “introgressione”); inoltre spesso scaturiscono ibridi che risultano comunque fertili (cioè i cui semi, ottenuti fecondando la pianta con un’altra identica, danno origine a nuove piante con le caratteristiche del genitore).
Quindi tra le orchidee l’ibridazione è un fenomeno molto comune (anche fra quelle spontanee, dei prati e dei boschi): logico che i floricoltori, una volta scoperta questa capacità e messo a punto un metodo semplice per compiere la fecondazione e ricavare le piantine da seme, abbiano ampiamente sfruttato il fenomeno. Gli ibridi portano ovviamente caratteri presi da entrambi i genitori: una volta fatte crescere e arrivate alla fioritura, i floricoltori decidono quali conservare, perché appaiono particolarmente belle, e quali invece non vale la pena di coltivare.
Ora sorge spontanea un’altra domanda: come si riproducono le piante ibride nel caso in cui risultino sterili, anziché fertili? È semplice: tramite meristemi, cioè tessuti “neonati”, in attiva crescita, che portano geneticamente tutti i caratteri della pianta da cui vengono prelevati, e che vengono posti in ambienti controllati affinché si possano sviluppare dando origine all’intera pianta.
La facilità con la quale avvengono questi incroci ha fatto sì che i floricoltori abbiano creato ormai migliaia di ibridi che sono a loro volta stati incrociati con specie botaniche o altri ibridi creando così discendenze praticamente innumerevoli. La riproduzione meristematica, a costo quasi nullo, ha poi permesso di moltiplicare queste incantevoli creature donando loro un prezzo decisamente accessibile rispetto al lavoro che c’è a monte per ottenerle.