mele
Le varietà di mela sono migliaia.
Mela dai mille sapori diversi, da scoprire su e giù per l’Italia, fra le centinaia di varietà che il nostro Paese offre ai buongustai

La mela è il frutto più conosciuto e amato. Punto. E lo dimostrano anche le mille leggende nate nei secoli intorno alla mela. Coltivata sin dall'epoca preistorica, è famosa come pomo tentatore di Eva nel Giardino dell'Eden, e ricercato da Ercole (la sua undicesima fatica) fino al Giardino delle Esperidi, ai confini del mondo. Una mela incautamente donata da Paride alla sposatissima Elena scatenò la decennale guerra di Troia. Un'altra mela, regalata da Dioniso a Venere, provocò un'epica guerra tra gli dei. Ancora una mela, caduta in testa a un certo Isaac Newton, ci ha fatto scoprire una cosetta da nulla come la forza di gravità!

In Europa come in America nessuno resiste al tondo e sodo frutto: variopinto com’è, attira l’occhio; la buccia liscia e tesa conquista la mano; la polpa profumata, croccante e saporitissima incanta il palato. Insomma, non c’è bisogno del proverbio “una mela al giorno toglie il medico di torno” per farne una scorpacciata: piuttosto, che sia per questo che la mela è assurta a simbolo della gioia e dell’immortalità?

Da gustare a morsi

Fin dalla primissima infanzia, le mele dunque solleticano i nostri sensi, offrendoci il piacere di ammirarne le decine di sfumature cromatiche, di accarezzarne l’involucro liscio, lucido e sottile, e di addentarne la polpa croccante, succosa e gustosa: merito dell'acido malico e citrico, e soprattutto degli esteri amilico e caprilico, in essa molto abbondanti. Il gesto familiare di mangiare una mela a morsi, con tanto di buccia, ha l’insospettato potere di pulire e sbiancare i denti, rafforzando nel contempo le gengive.

Certo, oggi la buccia viene guardata con sospetto, tanto che molti la eliminano, immaginando così di liberarsi dei residui di fitofarmaci, che invece si concentrano piuttosto nel torsolo (che va quindi sempre e comunque scartato). È vero che il melo è l’albero da frutto che necessita di più trattamenti fitosanitari, ma è anche vero che ormai tutti i Consorzi di produzione applicano la lotta integrata, che si avvale di fitofarmaci più leggeri. Se poi volete stare proprio tranquilli a sgranocchiare la mela con la buccia, sceglietela biologica.

Una Dop e due Igp

Le mele si producono in tutta Italia ma le più buone si concentrano in poche regioni, da Sud a Nord in Campania, Toscana e arco alpino (dove la forte alternanza di temperatura fra giorno e notte conferisce loro un sapore inimitabile), in particolare in Trentino Alto Adige. E proprio qui troviamo la Mela Val di Non Dop, che racchiude le varietà Golden Delicious, gialla con “faccetta” arrossata al sole, Red Delicious, intensamente rossa, e Renetta Canada, aromatica e squisita al forno, nelle torte e nello strudel.

Poco più in là, in provincia di Sondrio, si coltivano le Mele di Valtellina Igp, che annoverano in maggioranza le Golden Delicious, seguite dalle rosse Stark Delicious e a grande distanza dalle estive Gala.

Viene invece dalla Campania (Napoletano, Caserttano e Beneventano) la seconda Igp, la Melannurca Campana, famosa per la polpa croccante e compatta, gradevolmente acidula e profumata, raffigurata già nei dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano e in particolare nella Casa dei Cervi, e definita dal grande naturalista Plino il Vecchio (I sec. a.C.) “Mala Orcula” in quanto prodotta intorno all'Orco (gli Inferi, ossia la zona di Pozzuoli dal cui terreno scaturivano vapori vulcanici). Da Mala Orcula ad anorcola e annorcola, è breve il passo per giungere nel 1876 ad Annurca, il nome ufficiale che compare nel Manuale di Arboricoltura di G. A. Pasquale. Particolare, per i frutti provenienti da vecchie piante, la fase di maturazione e arrossamento, che avviene nei “melari”, letti di paglia esposti a mezz’ombra dove le mele colte ancora verdi vengono appoggiate in unico strato e girate periodicamente finché si arrossano.

Antiche varietà da Nord a Sud

In Italia ci sono almeno 300 antiche varietà di mele, oltre naturalmente alle decine di cultivar moderne. Non stupisce quindi che, tra Presidi Slow Food e tipicità, ci sia l’imbarazzo della scelta. Optiamo quindi per quelle più “note”, conosciute anche al di fuori dei confini regionali.

Il Piemonte vede la tutela di Slow Food estendersi alle sue Vecchie varietà di mele piemontesi, coltivate nel Torinese e nel Cuneese: la Grigia di Torriana, tondeggiante, leggermente schiacciata, gialla, ruvida e rugginosa; la Buras, parente delle grigie, ma più simile alle renette; la Runsè, inconfondibile per il colore rosso vinoso e la buccia lucente; la Gamba Fina di forma appiattita, colore rosso scuro e polpa bianca; la Magnana, piccola e rossa; la Dominici, grande, un po’ allungata, con buccia gialla e leggermente ruvida e polpa color crema; la Carla, piccola, irregolare, giallo-paglierino screziata di rosa; la Calvilla, bella, aromatica, profumata, ma molto delicata al tocco. Caratteristiche comuni a tutte sono la lunga conservazione in locali freschi e l’aumento del sapore aromatico con il passare delle settimane. Sono reperibili localmente da metà settembre fino alla fine dell’anno.

In provincia di Piacenza si commercializza la Mela piacentina, una denominazione che comprende sette antiche varietà: Verdone, color verde mela; Calera, gialla e rossa; Fior d’acacia, dolcissima; Salame, allungata; Rugginosa, ideale da cuocere; Brusca, acidula e aromatica; e Carla.

Scendendo nelle Marche, sono Presidio Slow Food le mele Rosa dei Monti Sibillini (Fermo e Ascoli Piceno), antico insieme di razze coltivate tra i 450 e i 900 metri di altitudine e preziose per la serbevolezza: raccolti tra settembre e ottobre, i frutti si conservano perfettamente fino ad aprile. Sono caratterizzate da una polpa acidula e zuccherina e un profumo intenso e aromatico, che le rendono perfette anche per la preparazione di torte e dolci. Le mele sono piccole, irregolari, leggermente schiacciate e con un picciolo cortissimo. La buccia può essere verde con striature rosa o giallo aranciato; oppure gialla con sovracolore rosso vivo nella parte soleggiata; o anche verdi con striature rosso vino, a seconda del gruppo d’appartenenza. I produttori sono riuniti in un’Associazione Mele Rosa dei Monti Sibillini, che s’impegna a una coltivazione ecocompatibile e sta cercando di concentrare l’offerta e la vendita diretta, anche ai ristoranti di qualità.

Sull’opposto versante, quello toscano, oltre alla Rosa del Casentino, coltivata in provincia di Arezzo, e all’affine Rotella (così chiamata per la forma appiattita) della Lunigiana, tipica della provincia di Massa Carrara, si segnala una curiosa mela simile alla Golden, ma dalla buccia ruggine, saporitissima sia cruda sia cotta, la Rugginosa della Valdichiana, superstite in pochi esemplari sparpagliati sulle colline senesi. In tutta la regione si reperiscono le piante della Muso di bue, allungata, lucida, verde arrossata dal sole, dalla polpa croccante e mediamente aromatica.

E ritorniamo in Campania dove, tra le numerose tipicità, troviamo innanzitutto la Limoncella, dal frutto medio-piccolo con buccia giallo limone o verde e una polpa squisita, dolce, acidula, croccante e molto profumata. È gialla e medio-piccola anche la Chianella, prodotta nelle aree collinari dell’Irpinia. Decisamente particolare invece la Zitella, che nasce da singole piante sulle colline avellinesi e beneventane: è una mela piccola, appiattita e asimmetrica, bianco-gialla con sfumature rosse, che all’assaggio sprigiona un sapore dolce-acidulo e aromatico proveniente da una polpa croccantissima.

In tutta la Calabria vale la pena di salire in quota per cercare le mele di montagna: la Cotogna, giallo-verde con sovracolore rosso uniforme e polpa croccante color crema, fine, di sapore dolce; la Coccia, dalla forma schiacciata e appiattita, di colore giallo-verde con sovracolore rosso chiazzato, anch’essa croccante, succosa e dolce; e la Limoncella, di cui qui esiste anche una variante rossa proveniente da piante sparse nel comune di Tiriolo (Cz).

Due le tipicità da assaggiare in Sicilia: la Cola e la Gelata, ambedue conservate alle falde dell’Etna, a un’altitudine tra 600 e 1.800 m. La prima ha forma cilindrica e viene raccolta prima della maturazione, a metà-fine ottobre, per essere trasferita nel fruttaio dove assume la tipica colorazione gialla entro fine novembre-inizio dicembre; nei magazzini artigianali di pietra lavica si mantiene fresca fino ad aprile. La Gelata è una mela medio-grossa, schiacciata, con buccia verde-gialla cerosa e lucida, e polpa semitrasparente, simile al ghiaccio, croccante, succosa, profumata, dolce, gustosissima; pronta all’inizio di settembre, si conserva fino a febbraio.

La Sardegna, infine, offre su tutto il territorio antichi esemplari di meli Appicadorza, i cui frutti si raccolgono a fine settembre ma devono completare il processo di maturazione, che avviene legandoli a grappolo e appendendoli a un trave, oppure stendendoli su un letto di paglia. Vanno consumati entro dicembre per godere al massimo delle qualità organolettiche, riassumibili nella croccantezza e nel sapore acidulo e aromatico.

Una mela al giorno…

Dice il proverbio: "una mela al giorno toglie il medico di torno". Nulla di più vero: grazie a vitamine e minerali è diuretica, disintossicante, energetica e rinfrescante; mentre la vitamina A giova alla pelle, alle mucose, alle pareti sanguigne (protette anche dalla vitamina PP della buccia) e al sistema nervoso. Lo zolfo e il tannino ne fanno un disinfettante e antibatterico; gli acidi organici favoriscono la digestione e combattono la gastrite; la pectina infine abbassa il colesterolo cattivo (LDL) e innalza quello buono (HDL). Consumata cruda risulta astringente per i tannini, mentre cotta è lassativa grazie a fibre, pectine e acido tartarico.

I diabetici devono moderarne il consumo, dando la preferenza alle varietà meno dolci (sì a Granny Smith, Renette e Annurca, no a tutte le Delicious e Gala), a causa del contenuto in glucosio.

Dal sidro al Calvados, all’aceto

Se preferite berla, la mela, da frutto versatile qual è, regala ottime bevande di interesse gastronomico o terapeutico: il sidro altro non è che il “vino di mela”, poiché si ottiene facendo fermentare i frutti affettati e pestati entro tini di legno, esattamente come l’uva. Se la fermentazione è stata completa, la bevanda che ne deriva avrà gusto secco e gradazione alcolica attorno a 5-6°; se è stata bloccata anzitempo sarà più dolce e meno alcolica. Distillando il sidro così ottenuto, si ricava un’acquavite, chiamata Calvados in Bretagna e Normandia, e Batzi in Svizzera.

Lasciando il sidro nei tini, questo spontaneamente prosegue nella fermentazione: si ricava così l’aceto di mele, ricco di Acetobacter, microrganismi presenti anche nell’organismo umano. Oltre che come condimento per l’insalata, l’aceto di mele (un cucchiaino in un bicchiere d'acqua) è un ottimo digestivo e dissetante; sotto forma di sciacqui guarisce le infiammazioni della bocca; versato nell’acqua del bagno allontana la fatica della giornata; infine usato puro rimargina piccole ferite.

Mela, lasciatevi tentare da lei - Ultima modifica: 2022-01-15T06:28:32+01:00 da Elena Tibiletti