hippeastrum papilio
Hippeastrum papilio

In genere l'Hippeastrum lo si scopre perché viene regalato da un amico più esperto, oppure si rimane folgorati dalla sua opulenza vedendolo fiorito nei garden center o trionfante in mezzo a una composizione floreale. Quella meraviglia della natura è un ippeastro, anche se i più lo conoscono con il nome di amarillide o amarillis, un equivoco simile a quello tra gerani e pelargoni, dove il Geranium è una specie diversa che ha poco a che vedere con il Pelargonium.

Hippeastrum e Amaryllis

Tra ippeastri e amarillidi, invece, la similitudine è notevole, non solo perché appartengono entrambi alla famiglia delle Amarillidacee, ma anche perché si assomigliano molto anche fisicamente. Entrambe le piante si originano da un grosso bulbo, producono lunghe foglie nastriformi e fiori a forma di giglio. Ma l’amarillide ha fiori più piccoli, anche se più numerosi, e spesso profumati, mentre l’ippeastro è il cugino “ricco”, dai fiori enormi, opulenti, a volte carichi di petali (o, botanicamente, “tepali”), fonte d’ispirazione per gli ibridatori floricoli che lo hanno declinato in numerosissime varietà.

La confusione nasce dal fatto che, sino a qualche decennio fa, esisteva l'unico genere Amaryllis all'interno del quale rientrava il sottotipo Hippeastrum. Oggi, più correttamente, il primo genere è stato sfrondato dei sottotipi, riducendolo alla specie più diffusa, A. belladonna, e poche altre, ed è più adatto alla coltivazione in piena terra nel Sud Italia, mentre l'ippeastro da vaso è stato nobilitato al rango di genere a sé stante.

Il delicato ippeastro

A differenza del cugino amarillide, l'Hippeastrum è originario delle zone tropicali o subtropicali dell'America meridionale, ed è più delicato da allevare. Dotato di un grosso bulbo (fino a 15 cm di diametro), emette il fogliame nastriforme, ancora più lungo e largo (fino a 120 x 5 cm) e di colore verde intenso quasi sempre dopo aver prodotto lo stelo fiorale cavo (alto fino a 60 cm), e spesso addirittura al termine della fioritura. Lo stelo sostiene da due a quattro (o eccezionalmente sei) fiori molto più grandi (oltre i 15 cm di diametro nelle varietà ibride olandesi), a forma d’imbuto, generalmente rossi, ma anche rosa, bianchi salmone o albicocca, a volte screziati o marginati, per lo più semplici ma anche doppi o semidoppi, a seconda dell’estro degli ibridatori. Non è raro vedere spuntare alla base, una volta appassito l’ultimo fiore dopo 7-10 giorni dall’apertura del primo, un secondo stelo fiorale, mentre è un evento eccezionale, appannaggio solo dei bulbi di prima qualità extra – i più grossi – anche un terzo stelo.

In natura dai fiori derivano grossi semi neri che, dopo l'impianto in vaso, impiegheranno più di tre anni per costituire un bulbo in grado di fiorire. Del resto, i tempi non cambiano nemmeno staccando i grossi bulbilli che si formano attorno al bulbo principale, e trapiantandoli in vaso: anche in questo caso dovranno passare almeno un paio d'anni prima di godere degli steli fiorali.

Contrariamente al cugino, però, l'ippeastro non resiste assolutamente al gelo, nemmeno con... "un golf di lana"! Se i bulbi sono stati piantati all'aperto, in zone caratterizzate da inverni rigidi, entro la metà di ottobre vanno estratti dalla terra, conservandoli al buio, appoggiati su uno strato di sabbia appena umida, fino al momento del reimpianto in giardino, all'inizio-metà di aprile. Solo nelle regioni a clima mite (Isole e Meridione costiero) i bulbi possono rimanere indisturbati nel terreno anche nel periodo invernale, opportunamente pacciamati in caso di sporadiche gelate. Se li avete allevati in vaso, facendoli fiorire in inverno, e desiderate rivederli in fiore l'anno successivo, fino alla Val Padana compresa potete lasciarli fuori, in posizione riparata dalla pioggia e dalla neve, mentre sulle Alpi i vasi vanno ritirati in cantina.

Forzatura: in fiore per Natale

L'Hippeastrum in Italia è ormai diventato tipica pianta natalizia, perché si trova in vendita prevalentemente a dicembre, già invasettato e pronto per la fioritura sulla tavola di Natale. Ma, con un minimo di previdenza, è possibile anche partire dai grossi bulbi di ippeastro, che sono stati già forzati alla fioritura, invasettandoli in casa (vedi dopo) e risparmiando qualcosina: basta solo avere l’accortezza di calcolare bene i tempi d’impianto, visto che tra la piantagione e la fioritura passano almeno 60 giorni, più facilmente 75, in inverno, pur al calduccio degli ambienti domestici.

Infatti, tra i vari pregi dell'Hippeastrum c’è la possibilità, da parte vostra, di scegliere quando bearvi della loro fioritura. Così, per un tripudio natalizio, i bulbi vanno piantati tra la metà di settembre e quella di ottobre, per una fioritura pasquale a dicembre-gennaio (dipende da quando cade la Pasqua), e per la normale fioritura primaverile-estiva in febbraio-marzo.

Partire dal bulbo è un’esperienza spettacolare, consigliabile a tutti ma soprattutto ai bambini non troppo piccoli (quindi non troppo impazienti, vista la lentezza della “rinascita”!): nell’arco di due mesi un “oggetto” immobile e “morto” si sveglia e riprende vita, quasi come fosse una fiaba, sviluppando prima uno stelo “serpentiforme” e poi esplodendo letteralmente in un trionfo di grandi “bocche” aperte in ogni colore!

Partendo dai bulbi

Il bulbo va collocato in un singolo vaso di diametro doppio rispetto a quello del bulbo, e comunque mai inferiore a 18 cm. Il vaso può essere in plastica o terracotta. Gradisce un substrato sciolto, fertile e leggermente sabbioso, per esempio una miscela di terra da giardino, torba e sabbia in parti uguali, oppure un buon terriccio universale. È consigliabile un buon drenaggio sul fondo. Non interrare completamente il bulbo (il cui apice deve essere rivolto in alto), perché deve sporgere per almeno un terzo o metà sopra il terriccio. Fare anche in modo che le radici siano tutte interrate, senza fuoriuscire in superficie. Durante la piantagione, inserire un tutore lungo il bordo del vaso: servirà per legare il grosso gambo che porta i fiori, il cui peso potrebbe sbilanciare il vaso. Eventualmente appoggiare sulla terra qualche sasso che appesantisca la base, soprattutto se il vaso è di plastica.

Collocare il vaso in posizione luminosa, preferibilmente senza sole diretto, in un ambiente fra 18 e 24 °C di temperatura; tollera anche temperature elevate ma non minime sotto i 10 °C. All’impianto va annaffiato abbondantemente per facilitare la ripresa vegetativa e poi appena il substrato si sta asciugando in superficie per indurre l'emissione dello stelo fiorale. Indicativamente, a 20 °C di temperatura serve un bicchiere d’acqua ogni 5 giorni circa. Quando lo stelo fiorale si è sviluppato e compaiono all’apice i grossi bocci, ridurre le annaffiature a mezzo bicchiere due volte a settimana. Non serve concimazione, che va rimandata a dopo la fine della fioritura. Legare morbidamente lo stelo fiorale al tutore appena si è sviluppato e prima che i bocci si aprano.

Se la pianta è già pronta

Nei garden center da ottobre a febbraio si trovano piante già pronte di Hippeastrum in diversi stadi di sviluppo: con il solo bulbo, con l’abbozzo di stelo fiorale o con lo stelo già sviluppato e portante all’apice già i boccioloni di cui s’intravvede il colore dei fiori. Tenete presente, nella scelta, che nel primo stadio di sviluppo passeranno circa 50 giorni prima di avere la fioritura, nel secondo 15-20 e nel terzo 4-5 giorni. La fioritura di ogni stelo dura una decina di giorni. Date la preferenza a piante in cui si veda spuntare anche un secondo stelo fiorale, distinguibile come una “linguetta” verde carnosa dall’apice del bulbo, in modo da prolungare lo spettacolo (e ottimizzare l’acquisto!).

Fate molta attenzione nel trasporto a casa, se lo stelo è già alto: potrebbe spezzarsi con un urto improvviso! E appena rientrati ponete subito un tutore, alto almeno 60 cm, nel terriccio del vaso, a cui legare lo stelo per evitare che la pianta si ribalti poi con il peso dei fiori.

Collocate il vaso in un luogo luminoso, preferibilmente non raggiunto dai raggi solari, e possibilmente in una stanza non troppo calda (il calore eccessivo riduce la durata della fioritura) o comunque lontano da fonti di calore. Utilizzate un sottovaso o un portavaso decorativo. Annaffiate con un mezzo bicchiere d’acqua due volte a settimana, dopo che il terriccio in superficie si è perfettamente asciugato. Non occorre concimare: il bulbo ha dentro di sé tutte le risorse nutritive necessarie alla fioritura. Eliminate i singoli fiori man mano che appassiscono e l’intero stelo tagliandolo alla base quando tutte le corolle sono ormai andate (attenzione allo sgocciolamento del grosso stelo cavo tagliato…).

Aspettate a mettere a riposo la pianta: normalmente il secondo stelo a questo punto si è già fatto vedere (così come, una volta reciso anche il secondo, è già apparso l’eventuale terzo stelo), ma a volte passano 7-10 giorni prima che la “linguetta” del successivo stelo appaia. Se invece si stanno sviluppando solo foglie, riconoscibili come “linguette” sottilissime, non carnose, lo spettacolo è purtroppo giunto al termine e la pianta va appunto predisposta alla fine coltivazione per questa stagione.

Cosa fare dopo la fioritura?

Quando la pianta ha emesso le foglie, potete stare certi che non produrrà ulteriori steli fiorali. È giunto il momento di cambiare tipologia di cure, per prepararla al riposo, oppure di eliminarla se non desiderate conservarla: d’ora in poi la sua decoratività cade a picco, visto che le foglie nastriformi, se si allungano troppo, si piegano o si spezzano, incapaci di sostenersi da sole, e in seguito si seccano; inoltre non è certo che, nonostante cure corrette, la pianta rifiorisca, fenomeno che avverrebbe non nella primavera dell’anno che sta arrivando, bensì in quella dell’anno successivo… In poche parole: vale la pena di conservare e curare il bulbo se avete spazio sufficiente e siete sicuri di poterlo seguire, altrimenti meglio regalarlo a un giardiniere più dedito… Se però le cure sono corrette, il bulbo potrà regalarvi anche una decina di primavere-estati di fioriture!

E non è secondario nemmeno il prezzo d’acquisto: rispetto ad altri bulbi, come quelli di giacinto, narciso, bucaneve, crochi ecc., quelli di ippeastro e amarillide sono decisamente costosi (fino a 10-15 euro l’uno, partendo da un minimo di 5 euro), e le piante già invasettate ancora di più, quindi eliminarle a fine fioritura è un gesto che, oltre che un tantino immorale (le piante sono esseri viventi e trattarle da “usa-e-getta” non è propriamente etico), anche antieconomico!

Per risparmiare qualcosa, a volte si trovano in vendita piantine definite “a un solo stelo” a 3-4 euro: non è una “fregatura”, bensì di tratta di piante o provenienti da bulbi al primo anno di fioritura, che quindi non potranno dare più che uno stelo fiorale, o alle quali è già stato tolto il primo stelo, il più bello, utilizzato come reciso nelle composizioni floreali.

Piccole cure, poi il riposo per l'Hippeastrum

Se decidete di tenere la pianta dopo la sfioritura, spostatela in un punto meno visibile della casa, perché adesso la funzione decorativa è terminata, e diminuite le annaffiature (una sola volta a settimana) aggiungendo però a ogni somministrazione una dose di concime liquido per piante da fiore: il bulbo deve ricostituire le proprie riserve energetiche. Nel frattempo le foglie si svilupperanno pienamente: eventualmente legatele al tutore, per evitare che ciondolino in qua e in là.

Dall’inizio di aprile, spostate il vaso in esterni, al sole o mezz’ombra, sempre annaffiando e concimando fino a tutto settembre, dopodiché le concimazioni si interrompono e le annaffiature si diradano a due al mese. All’inizio di dicembre le foglie si seccheranno e andranno tagliate alla base, sospendendo le bagnature. Per rifiorire in primavera, il bulbo deve “sentire il freddo”, ossia passare almeno un mese con temperature inferiori a 10 °C (ma superiori a 0 °C) con terriccio asciutto.

Stagonospora curtisii hippeastrum
Stagonospora curtisii su Hippeastrum.

Il fungo Stagonospora curtisii si manifesta con macchie o striature rosso vivo dalle radici fino al fiore. Si previene mantenendo limitata l’umidità, sia del terriccio sia atmosferica: le annaffiature si somministrano solo dopo che il substrato si è asciugato almeno in superficie. Se compaiono le strisce rosse, è necessario irrorare tutta la pianta tranne i fiori con fungicidi a base di rame. Attenzione a non confondere il fungo con occasionali macchie rosse derivanti da danni meccanici (urti, graffi ecc.): queste ultime sono sporadiche e circoscritte, mentre quelle fungine sono vere e proprie strisce con distribuzione abbastanza uniforme. In piena terra, invece, i grossi bulbi possono venire rosicchiati da topi, arvicole e cinghiali.

Migliaia di varietà di Hippeastrum

hippeastrum_bulbi_raziel
Una piccola parte della gamma di bulbi di Hippeastrum di Raziel Bulbi.

L’attività degli ibridatori di ippeastri ha avuto inizio alla fine del 1700 in Olanda, per poi estendersi in altri Paesi, fra cui gli Stati Uniti dove nella seconda metà dell'800 vennero create grandi collezioni. Nel 1933 venne fondata l’American Amaryllis Society (Aas), dalla quale nella seconda metà del secolo scaturì l’International Bulb Society (Ibc). Già prima della Seconda guerra mondiale l’Aas allestiva mostre con più di 1.200 varietà. Dopo la guerra gli Olandesi ripresero in mano le redini dell’ibridazione e produzione, seguiti a ruota dai Sudafricani con gli ibridi Hadeco. In Italia vasto assortimento di cultivar di ippeastro dallo specialista di bulbose Raziel (www.raziel.it).

hippeastrum vittatum
Hippeastrum vittatum

Le specie più belle di Hippeastrum

  • H. aulicum, originario di Brasile e Paraguay, alto 45 cm, con fiori rossi a base verde, avente la curiosa caratteristica di fiorire d'inverno nel Sud Italia ed entrare in riposo vegetativo nella stagione calda.
  • H. candidum, dall'Argentina, alto 60-80 cm, dai caratteristici fiori penduli e profumati, bianchi a macchie gialle e verdi, che compaiono in estate.
  • H. papilio, tipico del Brasile, sempreverde a fioritura primaverile, con fiore dall’aspetto di farfalla, bianco e bordeaux.
  • H. reginae, proveniente da Messico, Perù e Brasile, alto 50 cm, con foglie molto lunghe e fiori scarlatti dall'interno bianco-verde, che appaiono all'inizio dell'estate.
  • H. vittatum originario di Ecuador e Perù, con foglie decidue e fiori dai colori variabili, da cui sono derivati moltissimi ibridi largamente coltivati.
  • H. x johnsonii, derivato dall'incrocio tra H. reginae e H. vittatum, ibrido storico resistente alle basse temperature (–7 °C), color rosso carico con striscia centrale chiara.
  • Di tutte queste, le specie più facilmente reperibili in Italia sono H. papilio, H. vittatum e H. x johnsonii. Nel mondo ne sono state classificate circa 90.

Hippeastrum nel linguaggio dei fiori

L’ippeastro nel linguaggio dei fiori è simbolo di bellezza, eleganza e fierezza, tutte doti facilmente percepibili guardandone il fiore. Risulta molto gettonato dai floreal designer per i matrimoni invernali, nella versione candida, nel bouquet della sposa ma anche per i centrotavola delle feste, in questo caso di colore rosso abbinato a stelle di Natale bianche (o viceversa).

La poesia dedicata all'Hippeastrum

Un fiore deve avere queste dimensioni
per nascondere la finestra invernale,
e questo colore, il rosso
di una Fiat con la capote abbassata,
per impressionarci, apatici come siamo divenuti. 

Mesi fa la cipolla gigantesca di un bulbo
metà sopra la terra
tirò fuori la lingua verde
e lentamente, giorno dopo giorno,
il fiore è entrato nel nostro mondo, 

chiuso, come mani che catturarono una falena,
poi aperto, come si aprono gli occhi,
e l'amarillide, vedendoci,
in qualche modo non si è scoraggiato.
È davanti a noi adesso 

mentre mangiamo la nostra minestra;
versi un po' della tua acqua che bevi
nel suo piattino e qualche briciola
di terra fragrante cade
sul tavolo.

Connie Wanek, Amaryllis (1997)

Hippeastrum (amarillis), bulbo fiorito a Natale - Ultima modifica: 2024-12-09T06:00:12+01:00 da Elena Tibiletti