Le bacche di goji sono coltivate da migliaia di anni nelle valli himalayane, in Mongolia, Tibet e nelle due provincie cinesi di Xinjiang e Ningxia e sono considerate elemento essenziale della medicina tradizionale cinese. Si trovano spontanee anche in Corea e Giappone.
Originaria della Cina interna e delle montagne della Mongolia, questa pianta arbustiva ha trovato largo successo perché è nota in Oriente come “pianta della longevità” per la sua capacità di migliorare le funzioni dell’organismo proteggendolo dalle malattie.
Il nome goji si riferisce alle bacche di due specie botaniche molto simili: Lycium barbarum e Lycium chinense, appartenenti alla famiglia delle Solanacee (quella del pomodoro, patata, melanzana, peperone ecc.). Il L. chinense è la specie coltivata più a sud in Cina e ha una taglia minore, mentre il L. barbarum è tipico delle aree del Nord, soprattutto nella provincia di Ningxia, e sia la piante, sia il frutto hanno maggiori dimensioni.
Com'è fatto il goji
Si tratta di piante perenni, a foglia caduca e a portamento arbustivo cespuglioso che si adattano a vari climi e terreni, resistono molto al freddo e sopportano climi secchi. Le piante hanno una buona vigoria, i nuovi rami in un anno possono superare il metro di lunghezza. La pianta adulta può superare i 3 m.
La fioritura avviene da giugno a settembre, con fiori che si formano nelle ascelle fogliari dei rami principali o secondari dell'anno. I fiori hanno petali di colore lavanda, lilla pallido e sono autofertili.
La maturazione delle bacche è scalare, da agosto ad ottobre a seconda della zona di coltivazione. La raccolta è molto laboriosa e viene fatta in vari passaggi, distanziati di circa una settimana. I frutti sono di forma elissoidale, colore rosso arancio, di lunghezza di 1-2 cm, larghi 0,5-1 cm, e di peso di circa 0,2-0,6 g. Contengono molti piccolissimi semi (da 10 a 60, di solito 20). La raccolta deve essere manuale essendo i frutti assai delicati. È una pianta che può dare i primi frutti già al secondo anno e raggiunge la piena produzione al 3° o 4°. In Cina si raggiunge una produzione di 8 ton/ettaro.
Si hanno poche notizie certe sulle varietà, in Cina ci sono varie selezioni (ad esempio "Ningxia" 1, 2 , 3, 4, 5) non troppo definite; in Internet vengono citate "Xia ma ye", "Da ma ye", "Ning-qi n.1"; negli USA sono citate "Crimson star" (che sarebbe Ning-qi 1) e "Phoenix tears".
Come coltivare il goji
- Come tutte le piante che provengono dalle montagne cinesi, ha ottima resistenza al freddo ma non ama il caldo intenso, il vento arido e asciutto e l’ambiente afoso.
- Preferisce esposizioni in pieno sole e necessita di norma di irrigazione, anche a goccia. Predilige terreni alcalini o neutri, comunque assolutamente drenanti, ma ha un ampio spettro di adattabilità. Si consiglia una buona lavorazione e una concimazione organica di fondo, accompagnata da concimi complessi in relazione alla fertilità del terreno impiegato.
- Di norma si formano dei filari singoli, per facilitare l'accesso alla chioma al momento della raccolta.
- Preferibile mettere a dimora a fine autunno e in inverno, per permettere una buona partenza vegetativa in primavera. Se le piante sono in vaso si può comunque piantare fino a tarda primavera. Distanze: la distanza tra le file può essere al massimo di 1,5-2 m, mentre minimo 1 m nella fila.
- La forma di allevamento è a cespuglio: l'arbusto di goji cresce naturalmente in modo cespuglioso producendo vigorosi rami e polloni inseriti nella parte bassa del tronco; si può autosostenere, ma è preferibile accompagnare la crescita con tutori e sostegni, in modo da regolare la formazione della chioma. Il modello potrebbe essere quello già noto per alcuni piccoli frutti come il lampone e l'uva spina. Ad alberello o fusetto (con eventuali sostegni e fili orizzontali): in questo caso si forma un tronco principale e si cerca di regolare la posizione dei numerosi rami laterali in modo che formino un "ombrello" all'altezza desiderata per facilitare la raccolta.
- Con la potatura si consiglia di rimuovere i succhioni basali, non fruttiferi, troppo vigorosi, in maggio-giugno. Con la potatura invernale, necessaria, si deve correggere la forma della chioma, a seconda di quella prescelta, e rinnovare i rami fruttiferi.
- Il goji nelle terre d'origine è sensibile a molti parassiti (es. alternaria), insetti e acari. Da noi non c'è ancora sufficiente esperienza per definire un protocollo di difesa, quindi bisogna presidiare costantemente le piante. È molto attaccato anche dagli uccelli, golosi dei suoi frutti, e da lumache e limacce che possono eliminare tutte le foglie.
- Si propaga facilmente in vari modi, innanzitutto da seme (di solito ha una buona germinabilità, ma si ottengono piante molto disformi); per la semina si possono economicamente estrarre i semi dai frutti essiccati che si acquistano nei negozi. Altri metodi preferibili per ottenere uniformità genetica sono la talea (sia erbacea a giugno o semilegnosa in luglio e agosto, nonché legnosa se raccolta in inverno), o per pollone radicale (da estirpare e separare in inverno). In Italia viene anche micropropagata in laboratorio.
La coltivazione in vaso
Oggi non è difficile trovare le piantine di goji coltivate anche in vaso purché di grande dimensione e con terriccio fresco e fertile, preferibilmente con posizione soleggiata la mattina e nel tardo pomeriggio.
Proprietà nutrizionali del goji
Le bacche rosse hanno elevato potere antiossidante e ottime qualità nutritive, e sono anche molto ornamentali. Si possono consumare fresche, ma vengono usate soprattutto essiccate o trasformate in succo concentrato. Le bacche secche sono dolciastre e hanno leggero sapore di mirtillo, uva passa e lampone. Per forma e dimensioni somigliano molto ai frutti di uva passa, ma di colore rosso, più o meno intenso.
Le foglie sono impiegate come sostituto del tè.
La leggenda parla delle bacche di goji come frutto della longevità, e il consumo di succhi di goji è esploso già da alcuni anni in varie parti del mondo, soprattutto per una spinta commerciale salutistica che attribuisce a questo frutto molte proprietà.
È inserito tra i cosiddetti nuovi "superfrutti", assieme a melograno, acari, alchechengi ecc. Trattasi in effetti di un frutto ricco di polisaccaridi, carotenoidi e altri composti (vitamine, acido cumarico, betasitosterolo, cerebroside, betaina,..) e risulterebbe benefico per la salute per la sua attività antiossidante, antinvecchiamento, stimolante del sistema immunitario, con benefici cardiovascolari, per il diabete e la funzionalità degli occhi.