La domanda, come lavorare il terreno, ha una risposta allo stesso tempo lineare e non banale. È una procedura da ripetere annualmente, scopri tutti i dettagli

Come lavorare il terreno è una delle domande più diffuse tra gli appassionati di giardinaggio o di orticoltura. È una domanda che raccoglie in sé molti aspetti. Il perché è presto detto. Le piante traggono dal terreno l’acqua e gli elementi nutritivi indispensabili per il loro regolare sviluppo.

Dunque il substrato che le ospiterà dev’essere di buona qualità, sufficientemente profondo e soffice da essere penetrato con facilità dalle radici. Se non lo fosse – e comunque ogni anno in autunno alla fine delle coltivazioni non lo è più –, bisogna lavorarlo per bene.

Lavorazione del terreno, perché va fatta

La terra deve essere lavorata, innanzitutto, per rompere la crosta superficiale (o “suola di lavorazione”) che si forma ogni anno. Poi, secondo il giardinaggio tradizionale, per rimescolare gli strati più superficiali con quelli più profondi, in modo da rimiscelare gli elementi nutritivi e la granulometria (cioè lo scheletro del terreno, cioè le particelle di sabbia, ghiaia, limo, sassolini ecc.) del suolo.

Quindi per decompattare la terra, indurita dalle coltivazioni o dal calpestamento, e incorporarvi nel contempo buone quantità d’aria, in modo da renderla soffice.

E anche per aggiungere sostanze nutritive (concimi) o correttive (per migliorare la struttura del suolo o modificarne la natura chimica) fino in profondità. Infine per sminuzzare le zolle, in modo che le particelle finissime siano più accoglienti per le radici delle nuove piante e non le danneggino.

L’Orticoltura, il giardinaggio e la lavorazione autunnale

Se la terra viene lavorata nell’arco dell’autunno, a seconda delle zone e del termine della coltura precedente, basterà un solo passaggio di lavoro, perché il resto dell’opera verrà compiuto senza alcuno sforzo da parte del giardiniere, a opera delle intemperie invernali.

Sarà infatti l’alternanza tra freddo (o gelate) notturno e tepore diurno, tra piogge intense, nevicate e manto nevoso, giornate asciutte, a operare un’ulteriore lavorazione, sminuzzando le particelle di terra, mescolandole alle parti solide, rendendole friabili e accoglienti, sciogliendo il concime e miscelando le sostanze nutritive alla terra.

Al termine, tra la metà di febbraio e quella di aprile, il suolo sarà in perfetto equilibrio, e basterà una leggera, e poco faticosa, lavorazione superficiale per ottenere un letto di semina o di piantagione assolutamente perfetto.

Quando lavorare il terreno

Tra metà ottobre e metà dicembre, tutte le parcelle di terreno che via via si liberano da piante erbacee o da orto vanno lavorate; così come va lavorato l’intero terreno destinato a un nuovo giardino, tappeto erboso, orto, frutteto.

Il suolo non deve essere gelato: l’avvertenza vale soprattutto per le zone di montagna, dove già a fine ottobre la terra può congelarsi a 10 cm di profondità.

La terra, inoltre, deve essere “in tempera”, cioè né troppo asciutta (si polverizzerebbe), né troppo umida (sarebbe impossibile da penetrare, appiccicandosi alla vanga oltre che alle suole delle scarpe): prendendo in mano una noce di terra, dovete riuscire a formare una pallina che non si appiccica alle dita.

La giornata perfetta è ovviamente asciutta, più o meno soleggiata, non troppo fredda. Le fasi lunari, invece, non hanno alcuna influenza sulle lavorazioni della terra, che possono essere svolte indifferentemente in luna calante o crescente.

Concimare l’orto e l’apertura del terreno

Quando la coltura si esaurisce, rimuovete tutti i residui delle piante morte o comunque a fine ciclo: se reincorporati alla terra, apporterebbero preziosa sostanza organica, ma anche spore (“semi”) di funghi parassiti o uova di insetti che facilmente hanno infestato le piante durante la bella stagione. Meglio rimuovere il tutto con cura, gettandolo tra i rifiuti organici e non nella compostiera casalinga.

Quindi distribuite il concime e/o le sostanze correttive da incorporare alla terra. Poi passate all’apertura del terreno, da effettuarsi con una vanga, oppure con una zappa su terreni duri e compatti o sassosi, o con una motozappa su vaste estensioni (oltre 100 mq).

Se il suolo viene lavorato ogni anno e andrà a ospitare piante erbacee o da orto, è sufficiente incidere fino a 20, massimo 30 cm di profondità, sollevando la terra in modo da romperla e rimescolarla. Se invece è un terreno incolto, sarebbe meglio arrivare sino a 50-60 cm di profondità, anche per spezzare le radici delle malerbe esistenti: è un tipo di lavorazione da effettuare solo a macchina, con una motozappa professionale.

Questa accurata lavorazione autunnale viene definita “lavorazione di fondo”, proprio perché si spinge in profondità e rappresenta la base per le successive operazioni, più superficiali.

Durante la lavorazione e nei mesi successivi, evitate di calpestare la terra lavorata. Se proprio lo dovete fare più volte, al termine rilavorate le zolle con un sarchiatore o un erpice nei primi 5-8 cm per favorirne l’aerazione.

In primavera, sarà sufficiente passare il sarchiatore su superfici molto piccole, il rastrello su estensioni un po’ più grandi, e la fresa se invece la lavorazione è stata profonda e su grandi estensioni di terreno.

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