Il motivo principale per coltivare una pianta di fico (Ficus carica) in giardino è la bontà impareggiabile dei suoi frutti: dolci, squisiti, delicati, i fichi sono un classico dell’estate che può allietare le tavole fino a sei mesi l’anno. E per il periodo restante ci sono sempre i fichi essiccati, vera delizia da gourmet.
Il fico, un po' di storia
Esistono reperti che ci testimoniano la sua presenza nel bacino mediterraneo già undicimila anni fa. Prima ancora che in epoca romana, il fico sfamava le popolazioni della Mesopotamia e della Grecia antica; furono proprio i Greci a introdurne la coltivazione da reddito nell'Italia Meridionale dove ancora oggi viene prodotto nelle campagne assolate e intorno alle case, e cresce accontentandosi spesso di terreno povero.
Coltivato come una delizia rara e ricercata nei giardini paradisiaci dei babilonesi, era venerato dagli egizi come albero della vita e dell’immortalità, dal quale ogni giorno rinasceva Ra, il dio Sole, e dal quale si traeva il legno più pregiato per i sarcofagi destinati ad accompagnare i defunti nell’aldilà.
Il fico conosciuto dagli Egizi era il sicomoro (Ficus sycomorus), mentre quello coltivato a Roma era il Ficus ruminalis, pianta della Fortuna protettrice del focolare domestico e collegata alla fondazione di Roma: è infatti all’ombra delle sue foglie che Romolo e Remo furono allattati dalla lupa.
Anche in Grecia il fico era sacro, legato a Dioniso, il dio della linfa e dell’energia naturale; e nei culti agrari primitivi la “rivelazione del fico” era un rituale di iniziazione ai segreti della fecondità. I fichi sono da sempre associati a fecondità e abbondanza: l'offerta di un cesto di fichi rappresenta in tutto il mondo un gesto beneaugurante di prosperità e benessere. Il filosofo Platone era soprannominato “mangiatore di fichi” in quanto ne consumava con golosità e li raccomandava agli studenti per rinvigorire l’organismo. Nella Grecia classica i fichi venivano considerati "degni di nutrire oratori e filosofi" e i bambini balbuzienti venivano portati sotto un fico per facilitargli l’uso della parola.
Nel nostro passato di popolazione mediterranea, il fico ha avuto un ruolo molto importante. I suoi frutti freschi ed energetici, prodotti facilmente e in quantità durante l'estate, erano praticamente un piatto unico da accompagnare con il pane; una volta essiccati al sole costituivano una riserva di cibo per l'inverno.
Secondo la Scuola Salernitana il fico “provoca lo stimolo venereo anche a chi vi si oppone”: la convinzione che il fico predisponesse all’amore derivava dalla grande quantità di semini contenuti in ogni frutto, vista come indicatore della proprietà di favorire la fecondità. Le coppie sterili mettevano sotto il cuscino una foglia di fico perché si pensava avesse il potere di far arrivare dei figli.
Un fico cresce oggi nell'incavo dei rami del gigantesco "cipresso di Goethe" al Giardino Giusti di Verona. E affacciandosi sul molo di fianco all'acquario di Genova si possono notare fichi che incredibilmente crescono nella parete di pietra a un metro dall'acqua...
La storia delle foglie di fico
Grandi e resistenti, le foglie di fico erano un tempo utilizzate anche come mangime per gli animali e per realizzare materassi, certamente meno confortevoli di quelli odierni.
"Nascondersi con una foglia di fico" è un modo di dire che viene da lontano: nel libro della Genesi si dice che Adamo ed Eva, scacciati dal Paradiso terrestre, usarono una foglia di fico per coprirsi sommariamente il sesso, avendo imparato cos'è la vergogna, prima assente nella purezza del Paradiso. Il modo di dire significa anche l’intenzione di celare in modo sommario un'azione disonesta.
Decisamente sconsigliabile l'utilizzo delle foglie di fico come aiuto per l'abbronzatura: il Centro antiveleni dell'ospedale Niguarda di Milano ha in passato segnalato gravi episodi di lesioni della pelle e ustioni provocati dall'infuso con foglie di fico usato in modo del tutto irresponsabile come olio da tintarella.
Come coltivare il fico
- Il fico non sopporta gli inverni troppo rigidi, durante i quali può perdere i rami più giovani pur essendo addossato a un muro, in un punto soleggiato e protetto. Teme anche le gelate e le brinate improvvise in primavera: vegeta al meglio nella zona mediterranea e non dovrebbe mai superare i 600 m d’altitudine. Ama sempre le esposizioni soleggiate, anche al Sud.
- Accetta qualsiasi tipo di terreno (purché non bagnato) e può crescere su scarpate e terrapieni, perché non è esigente per quantità di sostanze nutritive. Preferisce comunque un terreno calcareo, sciolto, anche sabbioso, permeabile, sassoso e arido.
- Il fico è adattissimo per un frutteto familiare perché è uno dei pochi fruttiferi che non ha bisogno di trattamenti antiparassitari o anticrittogamici, visto che non ha nemici naturali.
- Inoltre non è necessario concimarlo, perché resiste bene e fruttifica anche su terreni molto poveri, e non ha bisogno neppure di potature, se non per l’eliminazione dei rami spezzati. Volendo, l’albero comunque gradisce un apporto di letame ben maturo o di altro concime organico (compost, stallatico secco) da spargere in autunno, sotto il diametro dei rami, interrandolo con una leggera zappatura (le radici rimangono abbastanza in superficie).
La raccolta dei fichi
In autunno sulle varietà “bifere”, cioè che portano ‘i frutti’ due volte, si trovano sullo stesso ramo contemporaneamente i siconii o fichi maturi (“fichi fòrniti”), che si raccolgono, e i fioroni o fichi piccolissimi appena formati, che svernano e poi a primavera incominciano a ingrossarsi per maturare verso il mese di giugno, quando vengono detti “fichi fiori” o “fioroni”, meno saporiti di quelli autunnali, ma più grossi. Le varietà che invece danno solo una fruttificazione tardo-estiva/autunnale vengono chiamate “unifere”, cioè che portano i frutti una sola volta.
I frutti vanno raccolti a mano, con molta delicatezza perché si danneggiano con grande facilità, scegliendo quelli maturi. Si possono anche essiccare, pulendoli con uno strofinaccio, tagliandoli a metà, ponendoli a seccare al sole su assi di legno e, ritirandoli di notte, finché non diventano ben secchi.
(tratto da “Fico, re del mediterraneo”, di L. Stellone e E. Tibiletti, Giardinaggio, n. 7-8, 2009)