Se il basilico non esistesse, bisognerebbe proprio inventarlo. Ci mancherebbe innanzitutto il pesto, aromatico condimento per le trenette liguri.
Ma tutta la nostra cucina di ogni giorno ne soffrirebbe, dato che qualche odorosa fogliolina può veramente salvare una salsa di pomodoro un po’ scipita, vivacizzare il solito minestrone (ottimo quello “alla ligure”, con il pesto), ravvivare un'insignificante frittata, variare un'insalata di pasta o dare un tocco insolito alla caprese, solo per citare alcuni esempi… E che dire del bel color verde smeraldo che conferisce all’olio, all’aceto e alla grappa in cui viene macerato?
Ma non è tutto: aggiungere il basilico a una pietanza non appaga solo il palato ma significa facilitare la digestione, rilassando nel contempo tutto l'organismo e tonificandolo (vedi oltre).
Alterne vicende storiche
Quest’erba annuale, originaria dell'India, ha beneficiato tutto il Medio Oriente fin dall'antichità (come testimoniano le cucine turca e araba), e quindi nel primo millennio a.C. si è diffusa ad Atene e poi a Roma. Per gli antichi Greci era una pianta sacra: andava infatti raccolto solo da persone in piena purezza di spirito, di vesti e di corpo; poi lo si utilizzava per suffumigi e bagni rilassanti, come gradevolissimo condimento, ma anche per le imbalsamazioni... D’altronde Plinio il Vecchio mette in guardia da un eccessivo consumo: secondo lui, poteva portare a stati di torpore (effettivamente è un buon sonnifero) e alla pazzia…
L'alone di sacralità sconfinò ben presto nella magia: si diceva facesse capitolare gli scapoli incalliti, allontanasse gli scorpioni, e soprattutto desse riparo al basilisco, animale fantastico il cui sguardo uccideva all'istante e contro il quale, però, il basilico rappresentava l’antidoto giusto. Deriva perciò da questa credenza il significato odierno di "odio", che sconsiglia l'omaggio di un mazzetto di basilico. Caduta quindi in disgrazia a partire dal Medioevo (ma non per i furbi monaci, che fra le alte mura dei conventi continuarono a coltivarlo e a mangiarselo in beatitudine!), la pianta toccò il fondo divenendo il simbolo della povertà, che era infatti raffigurata come una donna cenciosa con un vaso di basilico in grembo. Senza dimenticare che Boccaccio, nel Decamerone, fa seppellire a Lisabetta da Messina la testa dell’amante proprio in un vaso di basilico!
Per fortuna, queste sciocchezze sono state decisamente battute dall’impagabile aroma che le foglioline aggiungono a ogni piatto, salato e non: di grande tendenza, da qualche anno, i sorbetti e i gelati al basilico, ottima alternativa ai tristissimi sorbetti al limone offerti a metà di un pasto corpulento (ed evidentemente non leggero…).
Non ce n’è uno solo…
Oggi il basilico (Ocymum basilicum), oltre che nella cucina italiana, ha largo spazio in quelle asiatiche, principalmente a Taiwan, in Tailandia, Vietnam, Cambogia e Laos, con varietà locali in genere a foglia piccola. Le nostre, invece, annoverano il pregiatissimo basilico Genovese, Dop dal 2005, prodotto solo in Liguria, nelle aziende sul versante a mare, secondo un preciso disciplinare che stabilisce la coltivazione con metodi tradizionali su terra anziché acqua (idroponia), con la difesa integrata (la chimica s’impiega solo se è inevitabile) e la raccolta manuale con tanto di radici, per garantire una maggiore durata delle foglie. È effettivamente tra le varietà migliori dal punto di vista aromatico (sa di gelsomino, liquerizia e limone) e organolettico, nonché per la resa a livello quantitativo, come hanno confermato alcune ricerche universitarie. Non meraviglia quindi che sia la cultivar più ricercata, anche per preparare il Vero pesto genovese…
Gli assomigliano molto, per caratteristiche fisiche e culinarie, altri basilici a foglie grandi e verdi, come il Crispum (lamine increspate, coreografico nelle insalate), il Toscano (foglie più grandi del Genovese, simili alla lattuga, ideale per la panzanella), il Napoletano (che supera il Toscano, il migliore per la salsa di pomodoro e la pizza) e il Lettuce Leaf (un Crispum a foglie giganti, tanto da poterlo perfino friggere).
All’opposto ecco i basilici a foglie piccolissime, lisce, appuntite: sono graziosi e, compatti come sono, occupano poco spazio nella coltivazione, tanto da poter stare felicemente anche su un davanzale, ma la resa non è eccezionale, ossia ce ne vuole molto di più per ottenere gli stessi effetti olfattivi di quelli a foglie grandi. Il più comune è il cosiddetto “basilico greco”, la varietà Minimum, dal profumo più sfumato, utile su tartine e nelle marinate; è comunque consigliabile perché resiste fino a novembre inoltrato sfidando il freddo. Tipico del Piemonte è il basilico di Prà, compatto e aggraziato con le sue piccole foglie ordinate e carnose, mediamente aromatiche.
Per chi non si accontenta di solleticare le narici e il palato, ma vuole godere anche con gli occhi, ci sono i basilici a foglia colorata: s’incomincia con Violetto Nano, una piantina di 25 cm al massimo, carica di foglioline lisce e acuminate di color viola porpora, stuzzicanti sulle bruschette che colorano vivacemente senza sopraffare gli altri ingredienti. Si passa poi a Red Rubin, dal fogliame più grandino e di color rubino, sempre dall’aroma leggero, gradevole sui crostini, sul pesce e nelle insalate di riso.
Ma i veri campioni di colore e sapore sono i prossimi due basilici. Lo spettacolare Purple Ruffles ha foglie “arruffate” e dentellate, color porpora, sostenute da steli ugualmente rosso-viola scuro e con fiori rosa pallido; è eccezionalmente coreografico e con un aroma ancora più intenso – quasi piccantino – rispetto al normale basilico verde, il che fa sì che vada usato con moderazione nella preparazione vera e propria, abbondando invece se serve solo come decorazione; è perfetto nelle insalate e con il pesce. Poi c’è Dark Opal, dagli steli viola chiaro che portano foglie lisce, ovali, appuntite color viola scuro; se vi sfugge e fiorisce, produce piccole corolle rosa-malva, anch’esse utilizzabili per decorare i piatti; si abbina bene con i piatti freddi di verdura, le insalate di pasta o di riso, i carpacci di carne o di pesce, grazie al sapore intenso e speziato, a metà fra l’origano e l’aneto.
Se ancora non vi accontentate, e cercate un basilico che non sembri un basilico e non sappia solo di basilico, le varietà dal mondo vi vengono incontro. È italianissimo, per cominciare, il basilico Limone(O. b. citriodorum), con foglie grandi verde chiaro, dall’intenso sentore di limone, ottimo complemento per le verdure e i drink. Viene invece dall’India Anise, una piantina lunga ed esile dagli steli viola e dalle foglie grandi con nervature viola e lamina screziata di verde: come dice il nome, profuma d’anice e si sposa bene con il pesce e il riso. Arriva poi dalla Tailandia Thai Siam Queen (O. b. thyrsiflora), che sa di liquirizia e, laggiù, viene aggiunto ai frutti di mare e alle zuppe di pesce. È made in Vietnam Horapha, dall’aroma a metà fra menta e chiodo di garofano, ingrediente essenziale dei piatti tipici a base di pollo e riso.
Infine c’è il basilico messicano, che è uno ma anche due. L’Ocimum Cinnamon è una pianta robusta, con rami porpora-bruni, fiori rosa-malva e foglie di colore variabile da oliva a verde-marrone, lucide, ovali, appuntite, leggermente dentate, con un sapore molto speziato che ricorda appunto la cannella: la “morte loro” è nelle fritture, unito agli ingredienti prima della pastellatura. Ma c’è anche un’altra pianta chiamata “basilico messicano”, che basilico non è: si tratta di Perilla frutescens, che ricorda Purple Ruffles ma con foglie più verdi che poprora; si aggiunge alle insalate e conferisce un leggero sapore a metà tra la menta e l’origano.
Un prodotto made in Italy
Al di là di questi esotismi, peraltro poco reperibili nel nostro Paese, rimane un dato di fatto: siamo i maggiori produttori di basilico classico (quello a foglie grandi) mentre, paradossalmente, il maggior produttore mondiale di pesto è il Giappone…
Ben venga allora la Dop per il nostro Genovese, l’unico che permette di realizzare la tradizionale salsa ligure, per la cui preparazione si sfidano ogni due anni 100 fra chef professionisti, amatori e semplici massaie nel Campionato mondiale di pesto al mortaio. Nel 2014 la palma è andata a una nonnina 87enne dell’entroterra genovese, che fa il pesto al mortaio da sempre, usando l’antico mortaio di famiglia.
Senza dimenticare che il basilico è componente essenziale non solo del pesto, ma anche di molte altre ricette tipiche regionali, dal Condigion ligure alla Ciambotta campana, passando per la Parmigiane e terminando con la Caponata siciliana…
Poche regole, ma tassative
Per non compromettere l’aroma, la raccolta e l’impiego in cucina devono seguire poche, semplici ma imperative regolette.
Si raccoglie quando le foglie sono asciutte ma non calde di sole: le prime ore del mattino sono le migliori. Si staccano le singole foglie con l’unghia oppure interi steli con le forbici: i fiori si impiegano come decorazione. Le foglie si usano subito, gli steli durano due giorni immergendo la base in acqua fredda.
Le foglie si spezzettano con le dita, mai con lame (metalliche o ceramiche) che richiudono le cellule aromatiche, impedendo la liberazione del profumo. Si aggiungono a fine cottura solo le varietà a foglia grande e verde, tutte le altre vanno impiegate rigorosamente a crudo per mantenere l’aroma e il colore.
Si conserva essiccando a testa in giù i mazzetti di steli fogliosi prima velocemente lavati, oppure congelando le singole foglie lavate e asciugate, oppure sbollentandole e ponendole sott’olio con o senza aglio. Al momento dell’uso, il basilico conservato si aggiunge solo a preparazioni cotte.
Si coltiva ovunque, anche in vaso
Stretto parente di menta, origano, lavanda ecc., si distingue dai cugini per la facilità di coltivazione, tanto da adattarsi benissimo alla vita in un vaso, nel quale può essere seminato a partire da febbraio nelle regioni più miti. Da aprile in poi può essere trapiantato in piena terra (aspettate però l’inizio di maggio, se abitate al Nord), in posizione molto soleggiata e protetta, distanziando le piantine di almeno 20 cm.
Richiede un terreno fertile e annaffiature abbondanti, pena un misero afflosciamento. Eiminate costantemente le cime fiorali, se volete che le piantine continuino a produrre foglie tenere il più a lungo possibile. Nell'orto ben si presta a consociazioni con pomodori e cetrioli.
Un toccasana se si è sotto stress
Non solo è buonissimo, ma fa anche bene! Merito dell'olio essenziale, costituito da alcol altamente aromatici come il linalolo, l'eugenolo, il cineolo e l'estragolo. La peculiarità di questa essenza risiede nel forte potere calmante del sistema nervoso e dell'apparato gastrointestinale: placa perciò mali di testa e tossi di origini nervose e calma gli spasmi gastrointestinali; ha un'azione disinfettante dell'apparato digerente; accelera le digestioni lente e tonifica l'organismo nei periodi di stress; allevia l’ansia e facilita il sonno. E, a differenza di altre piante aromatiche, con il basilico non si ha alcuna controindicazione nemmeno esagerando con le dosi!
Altolà agli insetti
L'aroma del basilico è in generale sgradito agli insetti, e addirittura tossico per le zanzare: per allontanare soprattutto le mosche, in estate ornate gli ambienti con vasetti sui davanzali e mazzetti sparsi nelle diverse stanze, avendo cura di rinnovare l'acqua nel vaso e di sostituire i mazzolini una volta appassiti.
Se venite punti da zanzare o ragni, ponete una goccia di olio essenziale direttamente sul ponfo per attenuare il prurito e ripetete ogni due ore finché lo ritenete necessario. Se la zanzara vi punge in giardino o nell’orto, staccate 2-3 foglie di basilico, strofinatele bene fra le mani e applicatele sulla puntura per 5 minuti: il prurito passerà subito.