Risulta molto importante per chi fa giardinaggio sapere com'è costituito il terreno, in modo da rendere migliore l'ambiente per le piante.
Il terreno si compone di fattori fisici e chimici. I fattori fisici sono: la tessitura, la struttura, la permeabilità, la capacità idrica e aerifera.
Terreno: tessitura, struttura, permeabilità, capacità idrica e aerifera
Si tratta di fattori che influenzano la possibilità da parte delle piante di assorbire l'acqua e le sostanze nutritive. La tessitura è la granulometria del terreno, cioè le dimensioni delle particelle solide che compongono la terra; le particelle terrose si classificano in frammenti e ciottoli (25-10 cm), ghiaie (10-5 cm), ghiaie sottili (50-2 mm), sabbia (2-0,02 mm), limo (0,02-0,002mm), argilla (<0,002 mm).
La struttura indica come le particelle si aggregano incidendo sulla permeabilità, del suolo all'acqua e all'aria. I terreni a struttura compatta (cioè dove le particelle si aggregano), molto argillosi e poco permeabili impediscono alla pioggia di penetrare, rendendola indisponibile per le piante. Al contrario i terreni molto porosi, fatti di sabbia o ghiaia fine, permettono un ampio ingresso dell'acqua che però scorre velocemente verso il basso attraverso gli spazi liberi raggiungendo la falda acquifera in profondità. I suoli mediamente sciolti consentono uno scorrimento capillare dell'acqua, che scende lentamente, rimanendo per lungo tempo disponibile per le piante.
Terreno: gli elementi chimici
Le piante, con le loro radici, assorbono i sali minerali disciolti nella soluzione circolante del suolo; questi minerali sono: azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio, ferro, zolfo e questi sono macroelementi, gli altri sono elementi minori (microelementi).
Tali sostanze nutritive possono eccedere o, in altri casi, mancare, oppure, in certe situazioni possono essere indisponibili per le radici.
Ogni terreno li ha in dotazione in quantità diversa, ma può anche essere quasi privo di uno o più elementi, che vanno perciò reintegrati artificialmente. In altri casi un elemento (es. ferro o magnesio) può essere sì presente, ma indisponibile per le radici per la presenza di qualcosa che ne ostacola l’assorbimento (es. un eccesso di calcio). Capita anche che un suolo sia carente degli elementi essenziali, ma ricco di humus, ossia di sostanza organica che lentamente si scinde nei singoli elementi (una specie di “assegno postdatato”), che diverranno presenti e disponibili nell’arco di pochi mesi.
Terreno: il pH
Questa misteriosa sigla esprime la misura dell’acidità o della basicità di un terreno. Si tratta appunto di un parametro chimico, variabile da 0 a 14, pari a 7 nel caso di reazione perfettamente neutra, minore di 7 per reazioni acide, maggiore di 7 per reazioni basiche o alcaline.
È importante conoscere la misura del pH del proprio terreno in quanto molte piante possiedono un adattamento a un ambiente acido o basico. Ad esempio l’erica vive solo su terreno acido, mentre il timo si adatta di più a un substrato alcalino.
La misurazione del pH può essere fatta in casa, a livello empirico e con un discreto grado di approssimazione, utilizzando le apposite cartine “tipo tornasole” da immergere in una soluzione acqua-suolo: il colore assunto dalla cartina dà l’idea del grado di acidità/basicità del terreno.
Sempre a livello empirico, un tecnico come un perito agrario o un agronomo può valutare l’effervescenza di un terreno, cioè il suo contenuto in carbonati e quindi la sua tendenza alla basicità, bagnando un campioncino di terra in un piccolo recipiente con poche gocce di acido cloridrico diluito. Sconsiglio però questo test in modalità fai-da-te, sia perché può rivelarsi molto pericoloso maneggiare sostanze acide, sia perché serve un esperto per interpretare il risultato del test.
Terreno: il prelievo dei campioni per le analisi
L’analisi del terreno effettuata in laboratorio dà la garanzia di “radiografare” il proprio fazzoletto di terra, venendo a sapere esattamente com’è fatto e che cosa contiene, permettendo così di mettere a dimora le piante più adatte.
Il prelievo dei campioni di terra andrebbe fatto prima di una qualsiasi operazione colturale. Non vanno considerate le zone ai bordi dell'appezzamento e tutte le zone dove si evidenziano anomalie. Su vaste estensioni si deve effettuare un prelievo ogni 1.000 mq, ma nel caso di spazi ridotti si può aumentare fino a un prelievo ogni 100-150 mq; bisogna scavare i primi 5 cm di terra, scegliere la terra sottostante fino a 30-40 cm di profondità, staccando una fetta di terra di 2-3 cm di spessore.
Questa zolla di terra, così ottenuta, va posta in un secchio asciutto, sbriciolata eliminando tutte le impurità. Viene fatta una miscela di tanti "sottocampioni" dalla quale poi si prelevano 2 kg di terra, da mettere in un sacchetto ben chiuso, da consegnare al laboratorio.
I dati necessari per conoscere la natura del terreno sono granulometria, pH, salinità, calcare totale e attivo, capacità di scambio cationico (CSC), sostanza organica, azoto totale, fosforo assimilabile, potassio scambiabile, magnesio e calcio scambiabili, microelementi assimilabili (ferro, manganese, boro, zinco e rame).
Come correggere il pH
Una volta accertata in laboratorio la reazione del terreno (cioè il pH), se risultasse basica o tendenzialmente tale, si possono impiegare fertilizzanti o ammendanti acidi, con funzione correttiva, o più semplicemente concimi per acidofile. È consigliabile anche torba mista a terriccio da spargere attorno alle radici.
Se invece la reazione fosse fin troppo acida e quindi oltre il pH gradito dalle acidofile (5,5-6), si può intervenire con concimi basici quali urea, nitrato di calcio o d’ammonio e anche letame, oppure con calcari, marne o calce (150-200 per mq).
Se il terreno infine risultasse alcalino-sodico (alta concentrazione salina e di sodio scambiabile) si corregge con zolfo o gesso, quest’ultimo con un’azione più pronta. Ma ai correttivi acidi con costi elevati si preferisce spesso un correttivo come la torba, almeno nei casi in cui l’alcalinità non è troppo spinta.
Tenete comunque presente che il pH è difficilmente modificabile perché, anche apportando calce viva, calce spenta, calcare o calciocianamide, zolfo o gesso, nell’arco di pochi anni il dilavamento dovuto al passaggio dell’acqua negli strati di terra rimescola le particelle riportando alla prevalenza del pH iniziale.
(Di Elena Tibiletti, Giardinaggio 1/2015)