Quali sono le specie arboree, gli alberi, in grado di resistere meglio al cambiamento climatico in ambienti urbani, cioè in città?
Quali sono gli effetti della siccità sugli alberi urbani?
Come evitare che muoiano?
Come recuperare acqua e non sprecarla?
Una sfilza di domande a cui hanno dato alcune risposte numerosi relatori riuniti in un convegno tenutosi a Bologna a fine maggio 2024, intitolato Cambiamenti climatici-Corretta gestione dell’acqua e nuove specie botaniche nel verde urbano. Per inciso, un convegno che era stato scalettato a maggio 2023, sempre a Bologna, ma rimandato per la tragica alluvione in Emilia-Romagna.
Quali alberi in tempo di cambiamento climatico
Sono due gli elenchi di alberi urbani presentati durante il convegno. Il primo lo ha realizzato Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura del Dipartimento Dagri, Università di Firenze, con la sua équipe: comprende le specie potenzialmente utilizzabili negli ambienti italiani come alberi di I, II e II grandezza, e lo trovate in fondo a questo articolo.
Il secondo è stato realizzato dalla Regione Emilia-Romagna e comprende 150 specie, utilizzabili in tutta Italia secondo le zone climatiche. Di ciascuna viene data la descrizione botanica, i consigli colturali, e tutte le caratteristiche funzionali (es. tolleranza alla siccità/salinità/compattazione/malattie/parassiti, assorbimento CO2, emissione VOCs, allergeni, invasività ecc.). Il libro è scaricabile liberamente dal sito all’indirizzo https://serviziambiente.regione.emilia-romagna.it/abalberi/Volume_alberi_pagina_singola.pdf.
Attenzione: sono elenchi, non classifiche, quindi la scelta dell’una o dell’altra specie va effettuata da un* agronom* o un* botanic* che abbia cognizione dell’ambiente in cui deve realizzare il nuovo impianto, dopo aver valutato tutte le caratteristiche della specie in relazione ai fattori limitanti ambientali. E naturalmente l’ornamentalità non deve essere l’unico criterio di scelta.
Effetti della siccità (e non solo) sugli alberi
Si pensa comunemente che sia solo la mancanza d’acqua a nuocere alle piante, ma non è così, purtroppo. Infatti, il già citato Francesco Ferrini ha spiegato che «gli alberi sono sottoposti a uno stress multiplo: la carenza idrica si somma allo stress fotoossidativo dovuto all’eccesso di luce, e a quello termico: dopo i 28-30 °C le radici assorbono male, dopo 35 °C non assorbono più, e dopo 45 °C addirittura le radici assorbenti muoiono negli strati più superficiali del terreno. Inoltre, quando la siccità si prolunga per parecchie settimane o mesi, i danni diventano permanenti e non sono più reversibili di notte, per es. durante l’estate.
Le piante però, più adattabili degli animali, provano ad adattarsi al cambiamento climatico, ciascuna con una propria strategia: quelle con le radici più profonde evitano i danni da siccità, mentre le specie poco propense alla cavitazione [NdR Formazione di "emboli”, bolle d’ossigeno, nei vasi xilematici, che interrompono l’assorbimento causando il disseccamento della pianta] tollerano meglio i periodi secchi». Per esempio, ricerche condotte da Ferrini e la sua équipe nel parco dell’Uccellina in Maremma, hanno evidenziato che la vasta moria di lecci (Quercus ilex) è stata causata dalle frequenti embolie, che impediscono l’assimilazione dell’acqua e dei nutrienti. Se ne deduce che il leccio non sia una specie resiliente in tempi di cambiamento climatico.
La morte colpisce soprattutto i giovani alberi entro i 3-5 anni dalla messa a dimora. Lo ha dimostrato Daniele Lugaresi, responsabile di Area-Divisione ambiente e verde urbano-Agri 2000 Net: «Il cambiamento climatico influenza moltissimo gli alberi e il primo effetto è la loro morte. A Bologna sono censiti 86mila alberi, ma nel 2022 ne sono morti quasi 2000 e nel 2023 circa 1500, a causa delle anomalie termiche (temperature più elevate della media, e soprattutto notti tropicali, ossia oltre i 25 °C, in aumento) e della siccità prolungata (nel Terzo millennio –300 ml di pioggia rispetto alla media annua degli ultimi 20 anni del secolo scorso)». La top 4 dei defunti vede al primo posto i frassini (15%), poi gli aceri e i Prunus (12%), infine i pioppi (10%). «La classe d’altezza più interessata – ha raccontato Lugaresi – è quella di 6-12 m (1828 unità, 38%), seguita da quella <6 m (1004, 21%), spesso corrispondenti a diametri del fusto ridotti (1002 esemplari fra 5-10 cm, e circa 800 per ogni classe successiva entro i 25 cm ø). Quindi sono gli alberi giovani a soffrire per la mancanza d’acqua e le temperature elevate, e sono sempre loro a morire se non ricevono una corretta cura, a partire dalle irrigazioni regolari, negli anni dopo la messa a dimora».
Danni da eccesso di sole
Il sole diretto in piena estate è molto potente. Se ai raggi si accompagna anche tanta luce riflessa per irraggiamento, la potenza può anche raddoppiare. È vero che le piante hanno bisogno della luce per effettuare la fotosintesi clorofilliana, ma è anche vero che ognuna ha un limite circa la quantità di radiazioni luminose sopportabili. Quando viene raggiunto il limite, le foglie tendono a seccare prima i margini, che incurvano la foglia verso l’alto, e poi progressivamente tutta la lamina, che si secca, si accartoccia e porta alla caduta della foglia ormai morta.
Gli studi di Ferrini hanno scoperto che: «Le cultivar a foglie rosse, ricche di antociani, come Acer platanoides ‘Crimson King’, limitano lo stress fotoossidativo, rispetto a ‘Deborah’ o ‘Summershade’: in posizioni molto soleggiate oppure con tanta luce riflessa per tutto l’anno le foglie rosse sono la soluzione migliore per evitare danni. Ma la produzione di antociani costa alla pianta, che riduce l’efficienza nello stoccaggio di CO2 e nella traspirazione raffrescante». Quindi alberi e arbusti a foglia rossa non accartocciano le foglie, ma saranno meno “freschi” rispetto alle stesse piante a foglia verde (che però si accartoccia…).
Come evitare che gli alberi soccombano al cambiamento climatico
Un’ipotesi di studio portata avanti da Ferrini & co. ha riguardato la deficit irrigation, irrigazione deficitaria, applicata nei vivai di produzione, in modo da “abituare” la pianta a vivere e crescere con molta meno acqua del normale. «Si riduce l’apporto idrico senza intaccare le performance di crescita – ha precisato Ferrini –. Abbiamo però ottenuto risposte contrastanti: l’acero campestre (Acer campestre) ha risposto benissimo sia in vivaio sia poi alla messa a dimora in campo, mentre il tiglio, che si era comportato bene in vivaio, non ha dato buoni risultati alla messa a dimora. In particolare, Tilia cordata e T. tomentosa si sono comportati meglio di T. x europaea e soprattutto di T. platiphyllus, e fra gli Acer platanoides, ‘Deborah’ meglio di ‘Emerald Queen’ e molto meglio di ‘Summershade’. La conclusione è che nel post-trapianto in pieno campo l’irrigazione è fondamentale per almeno 2 anni nel caso dell’acero e per almeno 3 per il tiglio: in città è ancora più indispensabile». Sappiatelo anche per il vostro giardino: quando diciamo che bisogna irrigare bene per almeno un anno dall’impianto, inverno compreso, lo diciamo per il bene del vostro albero; e quando diciamo che ormai l’epoca migliore per le piantagioni è l’autunno-inverno, lo diciamo perché minore è il fabbisogno idrico e migliore la temperatura!
Un'altra soluzione promettente consiste nell’inoculo delle radici degli alberi e arbusti con micorrize specifiche, autoctone e selezionate: «Si è visto che le piante micorrizate tollerano maggiormente la siccità e producono una biomassa maggiore, il che può aiutare nei periodi di siccità» ha specificato Ferrini. Dunque, se dovete piantare un albero in una condizione difficile, cercate un esemplare micorrizato, oppure distribuite in abbondanza un preparato corroborante a base di micorrize: ne trovate alcuni in vendita nei garden center e online.
Salvare gli alberi con l’irrigazione
Per salvare le piante post-impianto nel verde pubblico da una morte rapida per siccità, la soluzione più sicura sarebbero le treebag, sacchi di plastica robusta che, parzialmente interrati intorno al colletto della pianta, convogliano l’acqua direttamente sulle radici. Ancora in uso sono i tubi di plastica, anch’essi parzialmente interrati a poca distanza dal piede dell’alberello. Sia i tubi sia le treebag vanno però riempiti 2 volte a settimana per tutta la bella stagione, e una volta ogni 7-10 giorni d’inverno. Ove possibile, anche l’impianto a goccia darebbe ottimi effetti, ma troppo spesso l’acqua, dopo poche settimane, non arriva più, per atti vandalici o interruzioni accidentali del circuito…
Come gestire l’acqua nel cambiamento climatico?
E sempre, invariabilmente, negli anni di siccità la gente dimenticava quelli piovosi, e negli anni piovosi si scordava completamente di quelli di siccità. Era sempre così (John Steinbeck).
È assodato che il cambiamento climatico è in atto: da anni alterniamo lunghi periodi di siccità (e ondate di calore) a “bombe d’acqua”, ossia precipitazioni abbondantissime: in poche ore o giorni cade tanta pioggia (anche 200 mm) quanto in passato ne cadeva in alcuni mesi. Non li possiamo più definire “eventi eccezionali”, perché eccezionale è ciò che esce dalla regola, ma ora la regola è avere qua e là episodi di precipitazioni eccessive. Allora la definizione più corretta, attualmente è quella di “eventi non convenzionali”, come ha spiegato Gianluca Burchi, referente Crea convenzione Crea-Assoverde.
Dunque, l’acqua va gestita, sia quando non c’è, sia quando ne cade in sovrabbondanza dal cielo. Roberto Diolaiti, presidente Associazione pubblici giardini, ha suggerito di «praticare lo stoccaggio idrico [<[NdR La raccolta dell’acqua piovana in grandi serbatoi sotterranei o di superficie, oppure in bacini artificiali]che potrebbe mitigare questi fenomeni destinati a diventare convenzionali. Bisogna ottimizzare l’acqua senza sprecarla, soprattutto nel verde pubblico, attraverso la subirrigazione, i rubinetti alle fontanelle o il ricircolo nelle fontane ornamentali. E gli alberi devono venire seguiti per almeno 3 anni dall’impianto, con cure colturali e soprattutto irrigazione costante. Una necessità che comunque permarrà anche introducendo nuove specie botaniche più resilienti, anche non autoctone, e più efficaci nella mitigazione dei cambiamenti climatici».
Acqua nell’orto secondo natura
Per conservare l’acqua, un’idea interessante – sebbene non semplicissima da applicare nell’orto o giardino familiare – viene dall’Orto del Baffo di Forlì, un esempio di gestione innovativa della risorsa all’interno di un orto sociale (nel quale viene applicata l’agricoltura rigenerativa attraverso la permacoltura). L’ha raccontata Francesco Baccinetti di Demetra: «avendo una pendenza del 6%, abbiamo applicato il sistema Key Line. Le file di ortaggi sono state distribuite sulle isoipse [<[NdR linee continue che congiungono tutti i punti alla stessa altitudine]ricostruite mediante GPS e mappe altimetriche per realizzare prode coerenti: in questo modo l’acqua scende a valle lentamente, così da avere il tempo di venire assorbita ed evitando completamente i fenomeni di erosione del suolo. Il mantenimento della fertilità viene assicurato dall’abbondante sostanza organica distribuita, che trattiene anche l’umidità. I passaggi sono foderati con chippato, e le aiuole sono pacciamate con Mater-Bi®, al di sotto del quale c’è l’impianto a goccia. Consociamo colture alte e resistenti al calore, come mais o cetrioli, con quelle basse come peperoni, melanzane e lattughe, disposte lungo l’asse est-ovest in modo che le basse siano ombreggiate nel pomeriggio. Così risparmiamo l’acqua che altrimenti sarebbe necessaria alla nebulizzazione pomeridiana. Riteniamo infatti che sia molto meglio collaborare con la Natura, anziché piegarla ai nostri voleri».
Specie potenzialmente utilizzabili in Italia per alberature stradali
Specie | Note |
Acer campestre ‘Queen Elizabeth’* | Crescita medio-lenta |
Acer opalus* | Crescita media |
Acer cappadocicum* | Crescita media, produce succhioni |
Acer monspessulanum* | Crescita lenta |
Aesculus indica, A. glabra | Crescita media |
Brachychiton populneus | Crescita veloce |
Ceratonia siliqua (femmina)* | Crescita media |
Corylus colurna | Crescita media |
Fraxinus oxycarpa* | Crescita media |
Gleditsia triacanthos (maschio) | Alcune malattie, branche codominanti, crescita veloce |
Ginkgo biloba (maschio) | Crescita medio-lenta |
Gymnocladius dioicus (maschio) | Crescita media |
Koelreuteria paniculata | Crescita medio-veloce |
Juglans nigra | Crescita medio-veloce |
Maclura pomifera | Crescita veloce |
Melia azedarach | Crescita veloce |
Nyssa sylvatica | Crisi di trapianto, crescita lenta |
Phellodendron amurense (maschio) | Crescita media |
Pistacia chinensis | Crescita veloce |
Pyrus calleryana | Crescita medio-veloce |
Quercus canariensis | Crescita medio-lenta |
Quercus frainetto* | Crescita medio-veloce |
Quercus rotundifolia (= Q. ilex ssp. ballota)* | Crescita medio-lenta |
Quercus suber* | Crescita lenta |
Quercus virginiana | Crescita media |
Robinia pseudacacia | Crescita veloce |
Styphnolobium japonicum | Crescita medio-veloce |
Tipuana tipu | Crescita veloce |
Ulmus parvifolia | Tronchi codominanti, crescita veloce |
Zelkova serrata | Tronchi codominanti, crescita medio-veloce |
* Specie autoctona |