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Vivaio Il Bosco di Zan a San Lazzaro di Savena (BO) allagato dall’esondazione dell’Idice.
Dopo l’alluvione in Emilia-Romagna i giardini allagati hanno bisogno di cure per salvare tutte le piante possibili: i consigli di Roberto Malagoli

È una tragedia immane, in primo luogo per le persone e gli animali, ma anche per le piante del giardino, fino a pochi giorni fa attentamente curato e ora completamente sommerso dall’alluvione verificatasi in Emilia-Romagna. Anche le piante sono esseri viventi, seppure silenziosi, e in questa terribile situazione richiedono cure particolari, completamente diverse dal solito. E applicare queste attenzioni, laddove è possibile, contribuisce anche a restituire qualche minuto di “serenità” alla persona che le applica, a intravvedere un barlume di “normalità” in un periodo che normale non è.

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Roberto Malagoli, Paesaggista progettista e curatore del verde di Studio Ma.Ma , Esperto di area Professionale e Qualifica per il rilascio delle attestazioni ai giardinieri per la Regione Emilia-Romagna.

Abbiamo quindi chiesto al Paesaggista Roberto Malagoli, progettista e curatore del verde di Studio Ma.Ma, Esperto di area Professionale e Qualifica per il rilascio delle attestazioni ai giardinieri per la Regione Emilia-Romagna (tel. 335 6922366, Facebook, www.studio-mama.it), cosa fare quando l’acqua si sarà ritirata e il giardino sarà nuovamente agibile.

Qual è la prima cosa in assoluto da fare?

Sicuramente il lavaggio delle chiome di alberi e arbusti che sono stati sommersi e presentano il fogliame coperto di fango (che in realtà è limo). Ci vuole un getto di media intensità, tale da togliere la patina di limo che, altrimenti, ostruisce gli stomi (NdR Le aperture che consentono alla pianta di effettuare la fotosintesi clorofilliana e di respirare) condannando a morte le foglie (o la chioma).

Bisogna farlo subito, appena possibile, perché, se si solidifica – e bastano anche solo poche ore di sole –, poi non si elimina più perché si incrosta. Sono più a rischio le piante con foglie ruvide, come l’oleandro, oppure tomentose (pelose) o scanalate o rugose, con molte nervature perché trattengono il limo; mentre è più facile pulire il fogliame lucido e liscio, come quello del ligustro o della fotinia.

Se non si riesce a ripulirle, aspettatevi che cadano, ma questo non significa che la pianta sia morta: attendete, perché dopo una o più settimane potrebbe emettere nuove foglie, dimostrando di essere ancora viva.

Quali piante non saranno sopravvissute? E quali potrebbero essersi salvate?

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Serra del vivaio Il Bosco di Zan allagato dall’Idice.

Con buona probabilità non ce l’avranno fatta le succulente, la cui fisiologia è programmate per immagazzinare acqua, ma oltre il normale limite letteralmente scoppiano. E con uguale probabilità le piante erbacee annuali e da orto, se sono rimaste interamente sott’acqua per più di 24-48 ore.

Sicuramente tutti gli alberi tipici degli ambienti di riva, come pioppi, salici, ontani, non hanno patito particolari danni.

Per le altre piante legnose, alberi e arbusti, dipende dalla quantità d’acqua e dal tempo di allagamento. È probabile che le conifere (pini, abeti, cedri), le querce, i frassini, gli aceri, gli olivi e gli alberi da frutto abbiano ricevuto gravi danni. Tuttavia, al momento non è possibile sapere quale sarà la reazione: ci saranno alberi che moriranno e altri che sopravvivranno. Non generalizzate tagliando tutto: aspettate almeno un mese, mese e mezzo per capire cosa si è salvato.

Cosa accadrà alle piante nei prossimi giorni, e come aiutarle?

Non fatevi prendere dal panico perché alberi e arbusti progressivamente ingialliranno: è la reazione normale all’asfissia radicale determinata dall’allagamento. L’acqua ha occupato tutti gli spazi nel terreno, espellendo l’ossigeno (le famose bollicine che si vedono salire in superficie) e mandando in sofferenza le radici. Le foglie gialle sono la reazione a questa sofferenza, che è una fisiopatia. E come tutte le fisiopatie, basta eliminare la causa (l’eccesso d’acqua nel suolo) per risolvere il problema.

Non scambiate questo giallume per una carenza di azoto o una clorosi (carenza di ferro): non serve fornire concime azotato o chelati di ferro. Spendereste soldi inutilmente e contribuireste all’eutrofizzazione del mare, con la fioritura delle alghe magari già quest’estate, con tutte le conseguenze sul turismo dell’Adriatico. E soprattutto la distribuzione di concimi o chelati non serve a salvare le piante.

Infatti, le foglie gialle cadranno, ma basta attendere che la terra si asciughi e, se alberi e arbusti sono vivi, emetteranno nuove foglie.

Per fortuna i suoli romagnoli sono prevalentemente sabbiosi, quindi il drenaggio – quando smetterà di piovere – dovrebbe essere abbastanza rapido.

Quando l’acqua si ritirerà, cosa si troverà in giardino?

Sicuramente una patina di limo, un materiale finissimo che normalmente “fodera” il letto dei fiumi sotto forma di melma, per uno spessore che sarà variabile fra 1 e 10-15 cm. Purtroppo il limo è coesivo, forma cioè un film impermeabile che, se lasciato sul terreno e sul fogliame, somiglia a un foglio di plastica: ciò che sta al di sotto non riesce a respirare e l’acqua non può penetrarvi. Per questo è importante togliere subito il limo dalle foglie, come ho detto prima.

Ed è altrettanto importante toglierlo anche dalla superficie del giardino, appena la terra sottostante si sarà asciugata e il limo si sarà rappreso in una crosta.

Come si fa a togliere il limo?

Sulle zone di prato – con buona probabilità l’erba al di sotto sarà morta – con un badile a punta piana si spezza la crosta e si raccolgono i pezzetti buttandoli in un secchio o in una carriola, da accumulare in un angolo del giardino per poi smaltirlo come rifiuto.

Sotto ad alberi e arbusti si deve procedere con un rastrello per non danneggiare ulteriormente le radici, e partendo da 50 cm dalla base intorno agli arbusti e da 1 m intorno agli alberi e andando verso l’esterno, per non danneggiare neppure il colletto delle piante.

Se avete alberi e arbusti sensibili al ristagno idrico, come per es. le piante mediterranee (olivo, melograno, leccio, sughera, corbezzolo, agrumi e anche la mimosa) è fondamentale, dopo aver rimosso il limo come appena detto, effettuare un’estesa trivellazione. Procuratevi una trivella a mano o a motore con asta della lunghezza di circa 60 cm oppure un avvitatore a batteria con trivella proporzionata (si trovano in commercio) e, a partire da 1 m dal colletto delle piante, praticate una cinquantina di fori da 10 cm di diametro fino a 40-50 cm di profondità. Sono “tubi verticali drenanti” che servono per far entrare l’ossigeno e far uscire l’umidità residua più velocemente. Lasciateli aperti per alcuni giorni e poi riempiteli con una miscela di lapillo vulcanico di tutte le dimensioni fino a circa 1 cm (in mancanza va bene anche la pacciamatura di lapillo).

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Danni in serra del vivaio Il Bosco di Zan causati dall’alluvione.

Se avete alberi o arbusti di grande pregio (es. alberi monumentali o di valore affettivo, frutteti particolari, roseti ecc.) che volete salvare, c’è anche un’altra soluzione, costosa ma efficace: il palo iniettore d’aria. Si tratta di una sorta di “martello pneumatico” che, inserito nel terreno a 40-50 cm di profondità, “spara” a intermittenza una grande quantità d’aria a 10 atmosfere: la pressione è tale da fessurare tutta la terra circostante, che si spezzetta permettendo all’aria di entrare ed eliminando la costipazione. Se pensate di avvalervene, vi conviene prenotare l’intervento presso una ditta specializzata in manutenzione del verde, perché sarà un servizio molto richiesto dall’agricoltura professionale in Romagna nei prossimi mesi.

Nell’orto e in altre zone con terra nuda conviene invece interrare la crosta di limo ma, appena prima della lavorazione – con la vanga, l’aratro, l’erpice, il ripuntatore, lo scarificatore ecc. a seconda di cosa avete a disposizione – spargete sulla crosta la miscela di lapillo vulcanico descritta qui sopra: serve per ammendare la terra, cioè per alleggerirla e renderla porosa, visto che il limo la costipa.

Ripeto: tutti questi interventi vanno eseguiti a terreno asciugato.

Se invece lasciate il limo lì dove si trova, è altamente probabile che alberi e arbusti, e qualunque altra pianta si sia salvata, muoia entro l’autunno per asfissia radicale e per siccità, vista l’azione impermeabilizzante della patina di limo.

Chi ha piante legnose a cui tiene molto può fare qualcos’altro?

Per alcune situazioni veramente estreme, per piante delicate o di pregio o di grande importanza affettiva (es. camelie, rododendri, azalee, gardenie, ortensie ecc.) si potrebbe arrivare a prevederne l’espianto e la successiva messa a dimora momentanea in una tagliola in giardino o in vasi, dove mettere un terriccio da trapianto: i vostri vegetali si riprenderanno dallo stress in questo “reparto di terapia intensiva” per poi ritrovare la terra piena nella prossima primavera.

Per questa operazione, consiglio l’intervento di personale specializzato, giardinieri e vivaisti, che dopo una corretta potatura e rinvasatura potranno anche offrirvi il servizio di ricovero presso i loro vivai: qui, grazie agli ombrai, alla giusta bagnatura e fertirrigazione, verranno seguite da personale specializzato che ve le riconsegnerà in autunno o nella prossima primavera.

Cos’altro si può fare per migliorare il terreno dopo l’allagamento?

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Serre di ortaggi del vivaio Il Bosco di Zan allagate dall’Idice.

L’allagamento ha provocato anche la morte di tutta la microfauna del suolo: le talpe, tanto importanti per smuovere il terreno, ma anche i lombrichi, i millepiedi, i porcellini di terra, i microrganismi, le micorrize e ogni forma di vita in genere. Quindi, dopo aver atteso che il suolo si asciughi, dopo averlo lavorato e ammendato con il lapillo, consiglio di cercare un allevamento di lombrichi e procurarsene 500 g ogni 10 mq, da distribuire dopo 15-20 giorni dalla lavorazione, sulla terra ancora aperta e inumidita uniformemente con un getto d’acqua.

Volendo, al momento della lavorazione si possono distribuire preparati a base di micorrize, da interrare bene con sostanza organica aggiunta e da seguire con una certa umidità costante.

Quando si potrà riseminare il prato?

In autunno. Anche perché l’acqua di fiume ha portato una quantità spaventosa di semi di piante infestanti completamente diverse da quelle che siete abituati a vedere nel vostro giardino e presto germoglieranno. Conviene quindi effettuare durante l’estate almeno un paio di fresature o erpicature che facciano da diserbo meccanico e che mantengano soffice e sarchiato il terreno, e solo a fine stagione riseminare il tappeto erboso (infatti la stagione ottimale per seminare le Graminacee del tappeto erboso è la metà di ottobre).

Un consiglio finale?

Abbiate pazienza e osservate le vostre piante: molte potrebbero sorprendervi riprendendosi da qui all’autunno. Non fatevi prendere dal panico o dallo sconforto, e non abbiate fretta: procedete a piccoli passi con le operazioni sin qui descritte, e attendete le risorse della Natura. E se volete avere subito qualcosa di colorato, andate in un vivaio o azienda florovivaistica o garden center della vostra zona e acquistate qualche annuale da fiore: vi rincuorerà e vi darà la certezza che la ripresa è possibile.

Giardino sotto l'alluvione: seguiranno altri articoli

Questo è il primo di una serie di articoli che intende informarvi, man mano che il tempo passerà, su cosa fare per avere di nuovo un bel giardino dopo l’alluvione in Emilia-Romagna. Parleremo presto, per es., di sorveglianza e cura delle parassitosi che inevitabilmente si paleseranno sulle piante debilitate.

Continuate a seguirci! Stay tuned!

Giardino sotto l’alluvione: cosa fare per le piante dopo l’acqua - Ultima modifica: 2023-05-21T11:22:54+02:00 da Elena Tibiletti