L'elleboro (Helleborus) lo chiamano anche “rosa di Natale”, perché i fiori, molto simili a quelli della rosa canina, si aprono tra dicembre e marzo, nelle giornate più tiepide, anche sotto la neve, allietando un periodo povero di corolle e colori. In realtà, le specie spontanee di elleboro sfoggiano ben poche tinte: bianco o verde insolito, ma le varietà coltivate spaziano dal giallo al rosa al porpora fino al bordeaux e al nero, decisamente inusitate e incantevoli.
Gli ellebori offrono diversi vantaggi. Fioriscono in un’epoca in cui il giardino è ancora spoglio, sono robusti e non temono assolutamente il freddo dell’inverno, richiedono spazio limitato e cure minime, a tutto vantaggio di chi ha poco tempo da dedicare al verde.
Com'è fatto l'elleboro
L’elleboro è un’erbacea perenne, alta fino a 50 cm, con fusto robusto, eretto e poco ramificato che parte dal rizoma. Le foglie, in numero di sette-nove, sono persistenti, con lunghi piccioli e lamina incisa di colore verde scuro, piuttosto decorative. I fiori sono singoli, a coppa, di 5-10 cm di diametro, con cinque petali di color verde-giallognolo o bianco-rosato (rosa carico, porpora, giallo o nero nelle varietà floricole). I frutti sono follicoli, anch’essi abbastanza graziosi.
In inverno richiede una posizione in pieno sole nel Nord Italia, a mezzo sole nel Sud; mentre da aprile a settembre-ottobre è indispensabile l’ombra, anche fitta. La collocazione ideale è in un punto a mezz’ombra, ai piedi di alberi o arbusti a foglia caduca che lasciano filtrare i raggi solari durante i primi mesi dell’anno, quando fiorisce. Inoltre è una pianta “da freddo”: il suo intervallo termico va da –25 a +25 °C e soffre molto il caldo (e la salsedine nell’aria: è quindi sconsigliato per zone costiere). In estate va obbligatoriamente ombreggiato e vaporizzato ogni giorno, mantenendo anche il terriccio costantemente umido. Solo H. argutifolius, H. foetidus e soprattutto H. lividus necessitano di esposizioni più soleggiate e crescono bene anche a ridosso di un muro caldo
È adatto anche a piccoli giardini: possiamo piantare H. niger a una distanza di 30 cm l’uno dall’altro e H. orientalis a 50 cm, mentre il più grande è H. argutifolium che può raggiungere i 70 cm e va distanziato di altrettanti. Pur adattandosi bene a diversi tipi di suolo, cresce meglio su terreni calcarei e anche abbastanza pesanti (argillosi), purché non siano troppo asciutti in estate o in condizioni di ristagno idrico in inverno. Prepariamo il terreno con un certo anticipo, incorporandovi un po’ di stallatico e del terriccio di foglie ben decomposto, elementi che aiutano a trattenere l’acqua nei terreni asciutti e sabbiosi e migliorano il drenaggio in quelli argillosi e pesanti. Trapiantiamoli in modo che il colletto della pianta sia appena sopra il livello del terreno per evitare marciumi e copriamo il suolo con un leggero strato di foglie.
Negli anni successivi all’impianto somministriamo un concime a lenta cessione ricco di fosforo e potassio a fine estate e dopo la fioritura. Se la stagione è molto umida e piovosa spruzziamo sulle foglie una miscela di sapone di Marsiglia o sapone molle, oppure un prodotto a base di zolfo per prevenire possibili malattie fungine. Possiamo moltiplicarlo in primavera per seme in vasetto con sabbia e terriccio universale, o per divisione dei cespi.
C’è anche la “rosa di S. Giuseppe”, il suggestivo nome popolare degli ellebori orientali (H. orientalis), così chiamati perché fioriscono più tardi degli altri, in coincidenza con la festività del Santo (19 marzo). Alcune varietà hanno bellissimi fiori doppi, altri delicatamente puntinati. La fioritura dura a lungo, fino a primavera inoltrata e i colori cambiano con l’avanzare della stagione senza compromettere l’effetto decorativo. La pianta richiede le medesime cure degli ellebori a fioritura invernale.
PER COLTIVARLO IN VASO
Premessa: in vaso va considerato come annuale, perché difficilmente riesce a rifiorire l’inverno successivo: lo si può piantare in giardino in aprile oppure regalare ad amici, parenti o vicini che abbiano un giardino con le condizioni adatte alla sua sopravvivenza.
Se pensiamo di non tenere la pianta, il rinvaso non è necessario all’acquisto: non sopporta gli spostamenti; se invece vogliamo provare a mantenerlo, rinvasiamolo a fine fioritura e in seguito solo se il vaso appare molto piccolo.
Serve un vaso in plastica, di diametro pari all’altezza dello stelo fiorale e una terra leggermente acida, umida, profonda, fresca, ricca, per es. meta terra di foglia e metà terriccio universale con una manciata di torba; discreto drenaggio sul fondo.
Annaffiamo con regolarità per tutto l’anno, per mantenere il terriccio sempre umido ma non inzuppato, specie d’estate. Da ottobre a marzo aggiungiamo mezza dose di un prodotto liquido per piante da fiore. Attenzione: se le annaffiature sono eccessive, si possono instaurare la muffa grigia e la macchia nera. Se l’umidità è scarsa o la posizione soleggiata possono comparire gli afidi neri sui germogli.
Per prolungare la fioritura, i fiori appassiti vanno eliminati, così come le foglie secche.
Attenzione, tossico
Come tutte le Ranuncolacee, tutta la pianta contiene una potente sostanza tossica per ingestione anche in quantità molto ridotte.