pitaya
Pitaya, una succulenta che può fruttificare producendo il Dragonfruit.

La chiamano Pitaya, Pitahaya, Dragonfruit o Frutto del Drago: Hylocereus undatus è una pianta succulenta della grande famiglia delle Cactacee, originaria dell’America Centrale, dove vive nelle foreste tropicali di Messico, Costa Rica, Hoduras, Guatemala, Venezuela, Ecuador, Suriname ecc., comportandosi da epifita, cioè aggrappandosi alla corteccia dei grandi alberi o a rocce umide e calde.

Da una decina d’anni spopola anche da noi in Italia perché è semplice da coltivare, produce fiori straordinari e, nei climi più miti, anche squisiti frutti.

Fiori per NOTTAMBULI

Assomiglia al ben noto epifillo o lingua di suocera: produce infatti fusti allungati (fino a 120 cm), ricadenti a fontana, però di forma triangolare anziché piatta (diametro 5-6 cm), e con piccoli mazzetti di spine non cattive disposti geometricamente lungo le coste del fusto. I fusti, di colore verde brillante, sono cerosi, per trattenere meglio l’acqua.

Alle soglie dell’estate si aprono i grandi boccioli: fino a 30 cm di lunghezza e diametro, anch’essi a forma di fontana data da numerosissimi petali crema e bianchi. Questa meraviglia ha purtroppo un difetto: i boccioli si aprono di notte e la mattina dopo quasi sempre si chiudono per sempre… A sua discolpa si aggiunge che in genere produce fino a una trentina di boccioli che si aprono in successione, notte dopo notte. Non è comunque pianta per chi va a dormire alle 21… Non per niente negli States viene chiamata Moonflower o Queen of the Night.

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La pitaya o dragon fruit si ottiene da una pianta grassa simile alla nostra lingua di suocera.

Il DRAGONFRUIT

Rispetto agli altri Hylocereus, la pitaya dopo l’effimero fiore regala anche uno squisito frutto, chiamato “del Drago” perché in effetti la buccia stessa assomiglia a un drago, rossa porporina (è invece gialla in H. megalanthus) con escrescenze verdi, per una forma allungata a ricordare quasi un fico d’India, ma senza spine sulla scorza. All’interno la polpa è fondente, bianca con numerosissimi semini neri (che germogliano facilmente nella sabbia durante la bella stagione). Si trova facilmente in vendita nei supermercati durante il periodo natalizio, ma è ottenibile anche in Italia, nelle zone miti del Sud costiero.

Come coltivare la pitaya

Se lo coltiviamo per i fiori, nel Nord Italia, lo dobbiamo trattare come l’epifillo: in esterno da aprile a settembre compresi, in una posizione soleggiata ma non nelle ore centrali, bagnando con regolarità ma non abbondanza nello stesso periodo, e concimando con un prodotto liquido per piante grasse una volta al mese.

Se invece vogliamo i frutti, bagniamo anche con abbondanza e concimiamo ogni 15 giorni. Attenzione: solo le piante adulte (intorno ai 10 anni d'età), ben sviluppate e in climi caldi producono frutti!

In entrambi i casi, la pianta va ricoverata in una stanza fresca quando la temperatura scende sotto gli 8 °C.

Come si mangia la pitaya

Il frutto si consuma crudo, aprendolo a metà per il largo e raccogliendo la polpa con un cucchiaino, o usato per dessert e frullati e per la produzione di bevande fresche dal forte potere reidratante; il suo sapore ricorda un po’ quello del kiwi, anche per la presenza dei piccoli semi neri. È molto ricco di vitamine e con basso contenuto calorico.

PITAYA, curiosa, facile e dai buoni frutti - Ultima modifica: 2023-09-06T06:03:45+02:00 da Elena Tibiletti