È noto che le piante, per vivere, fra le varie cose di cui hanno bisogno, necessitano di terra (o in alternativa, di acqua), nella quale è contenuta l’acqua in cui sono disciolti i sali minerali, che servono al vegetale per effettuare la fotosintesi clorofilliana, funzione fondamentale per la vita. Acqua e sali vengono assorbiti mediante le radici, e poi trasportati fino alle foglie, dove appunto si svolge la funzione fotosintetica.
Tra i consigli che le riviste di giardinaggio e i libri dispensano, c’è sempre quello di fornire alla pianta un idoneo contenitore riempito di terriccio adatto alla specie coltivata o, in alternativa, di alloggiare l’esemplare in piena terra. Lo spazio a disposizione della pianta deve essere adeguato alle sue esigenze e dimensioni, altrimenti il soggetto soffrirà e deperirà.
E allora, come mai alcune piante crescono e prosperano addirittura su un muro o in mezzo all’asfalto, beneficiando di uno spazio ridotto a una fessura e – si presuppone – avendo a disposizione pochissima terra e sicuramente povera di nutrienti?
Alcune specie sono sicuramente diverse dalle altre, perché possiedono un apparato radicale sottilissimo, costituito non da grosse radici, magari fittonanti o piene di sostanze di riserva, bensì in prevalenza da sottilissimi filamenti (il cosiddetto “capillizio”) che si allungano anche per alcuni metri perfino nelle piantine erbacee (negli alberi è la norma).
Questo significa che una semplice piantina di viola o di valeriana rossa, apparentemente soffocata nell’asfalto o tra i mattoni, può essere dotata di una decina di metri di radici, tutte in grado di assorbire il massimo di quanto cola all’interno del manufatto.
Sicuramente è più ospitale un ambiente pianeggiante, come l’asfalto o una pavimentazione in genere, dove si può presupporre che a una certa profondità (dai 15-20 cm in giù) le radici incontrino la piena terra (anche se non certo la buona terra da giardino), rispetto a un muro, nel quale la quantità di terra è irrisoria, data solo dalla polvere portata dal vento o dalle microparticelle discesa da un eventuale terreno sovrastante. In questo caso in genere resistono solo pianticelle erbacee, ma possono sopravvivere anche specie semi-arbustive, come i capperi, che hanno radici più corte ma necessitano di meno acqua e sostanze nutrienti grazie alle foglie coriacee (che traspirano poco) e al portamento compatto (che richiede minor nutrimento).
Altre piante, infine, anche in natura vivono in ambienti “inospitali”: è il caso del fico, che predilige i terreni sassosi, pietrosi, perfino le rocce, perché anch’esso è in grado di insinuare le sue sottili ma robustissime radici per alcune decine di metri nel sottosuolo, andando a cercare la poca acqua che gli serve.