Il cambiamento climatico generato dall’impatto antropico sta aumentando l’intensità e la frequenza di eventi meteorologici un tempo sporadici e remoti. Tra questi fenomeni ci sono gli incendi boschivi, infatti l’aumento della temperatura e dell’evaporazione dell’acqua dalla superficie terrestre, la diminuzione delle precipitazioni e la riduzione dell’umidità del suolo sono i principali fattori che influenzano il regime degli incendi.
In particolare, il rischio di incendi naturali è destinato a cambiare, aumentando soprattutto nel Nord e Sud America, nell’Asia centrale, nell’Europa del Sud, nell’Africa meridionale e in Australia.
Ciò si è già in parte verificato durante l’estate 2019: tra giugno e luglio sono bruciati 700.000 ettari di foreste boreali in Alaska, 150.000 ettari in Alberta, almeno 45.500 ettari in Canada nei territori nord-occidentali in zone di permafrost (zone con suolo perennemente ghiacciato), un minimo di 3 milioni di ettari in Siberia, oltre a un centinaio di grossi incendi in Groenlandia.
Il cambiamento climatico nell’Artico
L’effetto dell’aumento della temperatura, che nell’Artico è cresciuta a un ritmo molto più alto rispetto alla media globale, ha anticipato notevolmente l’inizio della stagione degli incendi boschivi rispetto agli ultimi 17 anni. Nel solo mese di giugno i roghi scoppiati nell’Artico hanno rilasciato nell’atmosfera una quantità di CO2 maggiore di quella prodotta nello stesso mese tra il 2010 e il 2018. A destare particolare preoccupazione è il fatto che i depositi di particelle sul ghiaccio lo oscurano, portando all’assorbimento della luce solare; ciò aggrava ulteriormente il riscaldamento globale provocando un aumento dello scioglimento dei ghiacci polari. Solo in Groenlandia l’ondata di calore di luglio 2019 ha causato lo scioglimento di 197 miliardi di tonnellate di ghiaccio.
Quello che rende l'ecosistema artico biologicamente ricco è anche quello che lo rende infiammabile, ovvero enormi giacimenti di torba, un deposito composto da resti vegetali sprofondati e impregnati dall’acqua non decomposti. Le torbiere di solito sono composte in massima parte di acqua e non bruciano, ma con l’utilizzo dell'acqua per l’agricoltura e le temperature sopra i 30 gradi la torba si asciuga e diventa estremamente infiammabile, provocando inferni da cui è impossibile per gli animali fuggire, aggiungendo una catastrofe biologica al disastro del riscaldamento globale.
Qualunque sia stata la causa degli incendi siberiani, il risultato è stato devastante proprio a causa delle temperature anormalmente alte e secche. Studi recenti basati sulle proiezioni climatiche indicano un potenziale forte aumento della siccità estiva e di conseguenza dell’area bruciata nei prossimi decenni, se non saranno ulteriormente incrementate le misure di controllo.
Il piano RescEu in Europa
Anche in Europa la stagione degli incendi è stata più intensa: nel 2019 sono stati registrati oltre 1.600 incendi boschivi, una cifra di tre volte superiore alla media dello scorso decennio, con oltre 270.000 ettari bruciati (100.000 ettari in più della media del decennio precedente).
Per far fronte alla situazione, la Commissione Europea aveva proposto già nel 2017 un piano di risposta alle calamità naturali (inondazioni, incendi boschivi, terremoti ecc.) che è stato approvato nel 2019: RescEu è una riserva europea di capacità di protezione, di cui fanno parte ad esempio gli aerei da utilizzare contro gli incendi boschivi, i sistemi speciali di pompaggio, le squadre di ricerca e soccorso in ambiente urbano, gli ospedali da campo e le unità mediche di pronto intervento.
Il piano della Commissione si articola attorno a due filoni d'azione complementari: rendere più efficaci le capacità di risposta collettiva a livello europeo istituendo una riserva Ue di risorse per gli interventi di protezione civile, e potenziare le capacità di prevenzione e preparazione degli Stati membri, che saranno invitati a condividere le proprie strategie nazionali in modo da poter collettivamente individuare le eventuali lacune e porvi rimedio.
Infine, il piano prevede la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure amministrative per ridurre i tempi di invio dell'assistenza di primo soccorso.
Il meccanismo di protezione civile dell'Unione Europea si basa su un sistema volontario in cui l'Ue coordina i contributi volontari degli Stati partecipanti destinati ai Paesi che hanno chiesto assistenza. Le offerte di assistenza vengono coordinate dal Centro europeo di coordinamento della risposta alle emergenze, che ha sede a Bruxelles. Dalla sua costituzione nel 2001, il meccanismo di protezione civile dell'UE ha monitorato oltre 400 catastrofi e ha ricevuto più di 250 richieste di assistenza e può essere attivato in risposta a catastrofi naturali e provocate dall'uomo, ma sostiene anche la prevenzione e la preparazione alle calamità.
Oltre a questo sistema di risposta ideato dall’Unione Europea, attualmente la prima cosa da fare per contrastare tali eventi straordinari risulta essere quella di ratificare il trattato di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, il quale definisce un piano d’azione globale inteso a limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi come obiettivo a lungo termine, puntando a un aumento massimo di 1,5 gradi, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici.
(Turingarden, www.turingarden.it)