In autunno, da ottobre a dicembre, alcuni boschi diventano preziosi. Si tratta dei cosiddetti "boschi da tartufo" o tartufaie, la cui prerogativa è quella di dare ospitalità al tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum), conosciuto ai più con il nome di "tartufo d'Alba", dalla località di ritrovamento più nota.
Passeggiando in questi boschi poco dopo l'alba, non è raro vedere i cercatori, o tartufai, all'opera, con l'indispensabile cane appresso. I veri tartufai conoscono palmo a palmo la zona, ma anche le singole piante: sanno che una produce e l'altra, per ragioni più o meno misteriose, no, e quindi indirizzano di conseguenza l'animale, che deve fiutare la presenza sotterranea del fungo.
Lo strano mondo dei funghi
Ebbene sì, anche il tartufo è un fungo, ma appartiene ovviamente a una classe diversa rispetto al porcino. Come quest'ultimo tuttavia, il tartufo intreccia una stretta simbiosi con alcune piante verdi, con la differenza che il porcino è un fungo epigeo, e quindi visibile a tutti, mentre il tartufo è ipogeo, localizzato soprattutto a 20-30 cm di profondità. Deve perciò essere reperito attraverso l'intenso odore che sviluppa a maturazione.
Il tartufo bianco pregiato matura quando la temperatura scende sotto i 10 °C, anche se è possibile una produzione estiva precoce: sono i cosiddetti fioroni, assolutamente immangiabili, perché mollicci e della durata di uno-due giorni al massimo. La loro raccolta è inoltre vietata dalla legge statale 752/85, poiché svolgono l'importante funzione di riproduttori.
Tartufo bianco: una ricerca difficile
La collocazione ipogea spiega tante cose, prima tra tutte il prezzo di vendita dei tartufi pregiati. Costano molto (da 300 a 1000 euro per etto) perché sono difficili da scovare, anche nelle zone e nelle annate in cui sono più abbondanti. La loro ricerca richiede da parte del tartufaio molta pazienza e tempo libero, levatacce nel cuore della notte, lunghe camminate nel freddo e nell'umidità autunnali.
Ma il cercatore da solo non può fare nulla, dato che l'uomo non possiede un odorato sviluppato. E' perciò necessario il cane (tra l'altro, obbligatorio per legge), che a sua volta deve essere predisposto alla ricerca e accuratamente addestrato. Un buon cane da tartufi, non necessariamente di razza, vale qualche migliaio di euro.
Le guerre tra tartufai
Quando l'annata è scarsamente produttiva, a causa di un andamento stagionale avverso, il reperimento del tartufo diventa assai arduo, tanto da scatenare manifestazioni del tutto esecrabili. Sono le cosiddette "guerre tra tartufai", per la verità in atto anche nelle annate ricche.
Nella migliore delle ipotesi, alcuni soggetti si limitano ad atti vandalici contro il bosco (taglio delle piante produttive, rastrellamento o rivoltamento del terreno ecc.), passando poi allo sventramento delle gomme delle automobili di proprietà dei cercatori, fino all'espressione più terribile, l'avvelenamento dei cani da cerca mediante polpette condite con veleni vari, dalla stricnina a topicidi e diserbanti. Purtroppo, non basta essere un tartufaio corretto e rispettoso per uscire indenne da queste azioni veramente incivili. Ma, si sa, per denaro molti farebbero qualunque cosa, e il tartufo è sempre stato apprezzato, richiesto e pagato...
Tartufo bianco: esigente a dir poco
Inoltre, il tartufo bianco pregiato, nello scegliersi la "casa", cioè il terreno, non è per nulla adattabile. Pretende terreni marnoso-calcarei e marnoso-argillosi del Terziario e solo molto raramente del Quaternario, su profili accidentati, con rocce, calanchi, dossi e vallecole in rapida successione. La struttura del suolo deve essere mediamente porosa, sciolta, non asfittica ma ben drenata, dove però rimanga l'umidità anche nel periodo estivo, con scarso scheletro. In più, il pH non può che essere subalcalino (generalmente pH=8), con massiccia presenza di carbonati nel terreno. Infine, lo strato superficiale del suolo deve essere poco permeabile, per assicurare l'umidità anche nei periodi secchi. Aggiungiamo che, riguardo all'altitudine, azzarda eccezionalmente, e solo nel Centro-Sud, una risalita fino ai 1.000 m d'altezza, preferendo fermarsi di norma entro i 6-700 m.
Quanto alle condizioni climatiche, a grandi linee, preferisce un clima continentale, con temperature medie annue di circa 12 °C, ed estati non aride, perché la pioggia estiva è importante per la sua formazione. In media, nell'arco dell'anno devono cadergli addosso circa 970 mm d'acqua piovana.
L'arredo della "casa" del tartufo bianco
Il terreno adatto da solo non basta per produrre il tartufo, e ben lo sa chi si cimenta nella tartuficoltura. E' indispensabile una componente vegetale idonea, intesa sia come piante simbionti, ma anche come vegetazione nel suo insieme e come ambiente in senso più generale.
Le piante simbionti sono tante e poche al tempo stesso: si tratta delle querce (rovere, farnia, roverella e cerro), dei salici (salicone, salice da vimini, salice bianco), dei pioppi (bianco e nero), del tiglio, del carpino nero e del nocciolo.
Attorno alle specie simbionti, si devono collocare le piante comari, con le quali il tartufo non instaura una simbiosi, ma che contribuiscono a creare un microclima a lui consono, mantenendo l'umidità nel terreno. Tra queste si annoverano il sanguinello, il prugnolo selvatico e il biancospino.
Un ambiente particolare
Quanto all'ambiente, la pignoleria del tartufo bianco pregiato cade: raramente cresce in veri e propri boschi, preferendo invece margini di fossi, canali e torrenti, o bordi di sentieri. Spesso poi nasce sotto una quercia secolare isolata al centro o al margine di un terreno coltivato, o nei filari di tigli o pioppi delle alberature stradali, o anche nei pioppeti artificiali. Nel Nord Italia sembra preferire proprio queste collocazioni (infelici?), purché vi siano pioppi, tigli o salici.
A partire dall'Appennino invece, recupera una certa dignità, spostandosi generalmente (ma non sempre) nei boschi misti subspontanei a latifoglie caduche. Si può così reperire nei querco-carpineti tipici della pianura e fino ai 300 m d'altezza: sono i relitti degli antichi boschi planiziali, con farnia, rovere, olmo, aceri, ornielli, vitalba, sambuco, e pioppi, salici e ontani nelle zone più umide. In collina si sposta nei querco-ostrieti, con roverella, cerro, carpino nero (ostria), frassino, sorbi, prugnolo, biancospini, nocciolo, cornioli e rosa selvatica. In entrambi i casi, si tratta di boschi caratteristici di suoli ricchi di sostanza organica, ben drenati e aereati, calcarei, a costituire una vegetazione stabile rispetto al clima.
Il sottobosco infine deve essere né troppo, perché soffoca il terreno, né troppo poco, per non inaridirlo. La flora comprende primule, eupatoria, erba mazzolina, equiseto, felce aquilina, ortica, farfaraccio, artemisia e altre.
Tutte queste condizioni si traducono nella rarità, e nel costo, del tartufo bianco pregiato.