Se in questo post abbiamo affrontato la scelta di specie prative che sopportassero la calura estiva e la salinità del terreno, nonché un certo tasso di alcalinità del suolo, vediamo ora in dettaglio le “consorelle” adatte per un terreno tendenzialmente acido, come spesso risulta essere quello costiero, e non solo quello. Quando per esempio ci ritroviamo con una sovrabbondanza di conifere in giardino, con i relativi aghi caduti che, coprendo e acidificando il suolo, stroncano ogni forma di vita, possiamo ricorrere alla dicondra, che ci soccorre anche se il tempo a disposizione per lo sfalcio è pari a zero. Se invece ci viene il “pazzo desiderio” di un verdeggiante praticello quasi in riva al mare, la scelta obbligata cade sul paspalo, gradevole amante del sole intenso, quasi fosse un’“erba-lucertola”.
La dicondra
È diversa da tutte le altre specie prative, non foss’altro perché non è una graminacea, bensì appartiene alla famiglia delle Campanulacee, quella delle campanelle blu da far arrampicare in giardino, per intenderci. Del resto, ci si accorge subito della differenza, perché la dicondra (Dichondra repens = D. micrantha) al posto delle foglie filiformi porta piccole (1-1,5 cm di diametro) foglie rotondeggianti (“orbicolari” in gergo tecnico), che la classificano sostanzialmente fra le piante prostrato-tappezzanti. Al genere appartengono in verità diverse specie erbacee, di origine tropicale e subtropicale, fra le quali una sola si utilizza per i tappeti erbosi. Le foglie, di un bel verde smeraldo più o meno intenso anche nel cuore dell’estate, possono aumentare di diametro se il prato viene abbondantemente innaffiato e concimato. Se poi il terreno possiede il giusto pH (6,5) ed è ben drenato (non ama i ristagni d’acqua), se il clima è mite e il manto erboso è esposto a mezz’ombra, potremo perfino beneficiare di una fitta fioritura che punteggia di minuscoli fiorellini bianchi il fitto tappeto verde.
Tralasciando le precisazioni botaniche, la dicondra è la specie ideale in molteplici situazioni, a partire da una condizione di clima temperato-caldo, come possiamo avere lungo le zone costiere dalla Liguria alla Calabria e dalla Puglia (interno compreso) fino alla riviera friulana, senza dimenticare Sicilia e Sardegna (con l’esclusione, in entrambe le isole, delle zone montuose nell’interno). In questi ambienti assume carattere perenne e perfino invadente, resistendo egregiamente a un certo grado di salinità del suolo o dell’acqua d’irrigazione. È infatti preferibile irrigarla con una certa costanza (senz’acqua resiste al massimo per un mese), due-tre volte a settimana, somministrando in totale circa 40 mm/settimana. L’importante è che non si verifichino lunghi periodi di gelo intenso, che ne bruciano il fogliame, mentre le basse temperature invernali (+3-4 °C) determinano comunque un aspetto secco, che scompare rapidamente all’arrivo della primavera. Una discreta velocità d’insediamento le consente di colonizzare agevolmente zone denudate, sempreché non siano più veloci le infestanti, uno dei pochi tasti dolenti per un prato di dicondra appena seminato...
Poca manutenzione per la dicondra
Trattandosi di una dicotiledone, il diserbo in caso di infestazione non può avvalersi di prodotti per “foglia larga”, eliminando così solo le malerbe a “foglia stretta” (Graminacee). Per fortuna, tuttavia, un manto di dicondra già ben insediato si presenta così folto e compatto da concedere di norma ben poco spazio alle malerbe. Diversa è la situazione al momento della semina, quando il terreno nudo deve necessariamente essere trattato con prodotti antigerminello da somministrare non appena la dicondra avrà emesso le foglie cotiledonari. Anche perché la semina su terreno ben inumidito e le regolari irrigazioni necessarie durante le prime fasi di sviluppo della nostra erbetta facilitano decisamente lo sviluppo delle infestanti. Se invece notiamo piccole aree poco dense e vogliamo velocizzare le operazioni di colonizzazione, possiamo trapiantare i cespetti di dicondra dividendoli laddove appaiono particolarmente infittiti. Solleviamo la zolla e stacchiamo delicatamente alcuni cespi, trapiantandoli immediatamente a dimora distanziati di 10 cm in tutte le direzioni l’uno dall’altro. Dopodiché spargiamo sulla zona un po’ di terriccio o di torba di copertura, e innaffiamo bene.
L’accrescimento sarà fenomenale soprattutto all’ombra dove, più correttamente, si dovrebbe parlare di “filatura”. Se da un lato la dicondra non ha problemi su terreni esposti a nord, dall’altro la crescita in ombra ci costringe ad almeno uno sfalcio mensile (con raccolta del residuo) per mantenere il manto compatto e sviluppare la crescita in orizzontale. Il taglio è viceversa inutile in pieno sole su suoli ben drenati dove le piante - per nostra fortuna - si autoregolano nello sviluppo. Ecco allora che la nostra dicotiledone diventa perfetta per le residenze estive o i piccoli giardini soleggiati, o comunque dove non possiamo (o vogliamo) praticare il taglio periodico.
In effetti, quanto più ornamentale è il prato di destinazione, e tanto meglio è, visto che le foglioline tenere mal sopportano il calpestamento, che dovrà essere ridotto allo stretto indispensabile, pena un diradamento vistoso e repentino. In cambio, non ci dovremo preoccupare eccessivamente di patologie fungine, alle quali la dicondra è piuttosto resistente. Ricordiamoci solo di concimarla (con un fertilizzante NPK 1.2.1.) un paio di volte fra marzo e giugno e una terza in settembre-ottobre, evitando i prodotti granulari, che possono provocare ustioni, e preferendo invece, se possibile, la fertirrigazione.
Il paspalo
Il provvidenziale paspalo (Paspalum vaginatum) ci viene in aiuto quando il terreno o l’acqua d’irrigazione sono così salati “che più salati non si può”. È un vero “campione della salamoia”, dato che resiste perfino sulla battigia, in mezzo alla sabbia, e tollera un adacquamento condotto con un 50% di acqua di mare. E se, per un qualche motivo, non possiamo proprio irrigarlo? Questa eccezionale graminacea dalle radici spinte in profondità sopporta ben 4-5 mesi consecutivi di asciutta, anche se l’aria è arroventata a 40 °C. Ciò non vuol dire che, se ne abbiamo la disponibilità, non lo dobbiamo irrigare, ma in realtà si accontenta di soli 25 mm/settimana, e solo nei periodi più caldi. Dà il meglio di sé su suoli subacidi, con pH intorno a 6,5, dove cresce velocemente formando un folto tappeto di foglie fini color verde smeraldo. Certo, durante l’inverno tende a ingiallire, soprattutto sugli apici, ma già alla fine di febbraio riprende il giusto colore, basta solo che il gelo non sia stato prolungato nel tempo. Accertiamoci di poterle offrire almeno cinque ore giornaliere di sole, e poi calpestiamola quanto vogliamo: non ne risentirà minimamente.
In cambio ci chiede solo di essere sfalciata una volta a settimana all’altezza di 1,5-2,5 cm, senza obbligarci a raccogliere lo sfalcio perché non tende a formare il feltro. Concimiamola una volta in primavera e due in estate con un fertilizzante azotato, e una volta in autunno con un concime potassico per incrementare la resistenza alle basse temperature e il colore invernale. La sua manutenzione si ferma qui, ma il suo splendore anche in riva al mare continuerà per anni e anni!