Fra le molte cose e prodotti insoliti che offre la regione Sardegna, senza dubbio la pianta di pompia e i suoi frutti sono uno di questi.
Che cos'è la pompia
Si tratta di un agrume endemico della Sardegna che viene coltivato nelle località fra Siniscola, Posada, Torpè e Orosei, zona della Baronia (Nuoro).
Citrus x monstruosa è attualmente il suo nome, anche se non riconosciuto ufficialmente per la mancanza tuttora di studi approfonditi a causa della scarsa diffusione.
Gli alberi di pompìa sono molto rustici e resistenti, raramente si ammalano. Gli agricoltori della zona hanno alberi soprattutto per il consumo famigliare, solo pochi coltivano veri e propri agrumeti. La raccolta è manuale e avviene a partire dalla metà di novembre fino a gennaio.
Il frutto, immangiabile allo stato naturale data la sua amarezza e acidità, viene lavorato per molte ore con il miele dando origine alla “sa pompìa intrea” e alla “s'aranzata thiniscolesa”. Quest’ultima è fatta con la sola buccia di pompìa caramellata e arricchita da mandorle, e viene rigorosamente servita su una foglia d'arancia. Si usa anche per preparare liquori e creme liquorose. Viene utilizzato nella preparazione di dolci per i matrimoni, battesimi, cresime e per le festività di Pasqua e Natale.
Lavorazione della pompia
La lavorazione è molto lunga e articolata. Per prima viene asportata la buccia gialla con un coltellino, per ricavarne un buon digestivo molto aromatico. Poi viene praticato un foro nella parte superiore, dal quale viene estratta la polpa interna, estremamente acida e immangiabile. La buccia intera (ecco perché "pompia intrea"), una volta svuotata, va prima bollita nell'acqua e lasciata un po' ad asciugare. Si fa sciogliere il miele in un tegame di rame, nel quale poi si immergono le pompie che vanno cucinate a fuoco lento, rigirandole continuamente in modo che assumano un colore uniforme, per 4-5 ore. Una volta che ha preso un bel colore dorato, la pompia è pronta.
La pompia cucinata ha un sapore particolare, in quanto il frutto è decisamente amaro, mentre il miele le dà un retrogusto dolciastro. Va servita possibilmente su foglia d'arancio o di limone, tagliata a spicchi e abbinata al pecorino sardo e vino rosso: è un'ottima specialità.
Storia e leggende della pompia
Della pianta di pompia anche gli esperti botanici non riescono ancora a capire l’origine. Potrebbe trattarsi di un ibrido naturale tra cedro e pompelmo, ma prevalgono i dubbi perché la pianta e il frutto sono diversi.
Sulla pompia esistono alcune affascinanti leggende. Una ipotizza l’introduzione del frutto nel bacino del Mediterraneo a seguito della disastrosa spedizione di Alessandro Magno in Asia. Teofrasto di Ereso la descrive come un Citrus spinosa ossia “citrus medica cetra”. Palladio in epoca romana segnala la coltivazione del cedro nelle sue fertili terre sarde. Anche Dioscoride, nel descrivere le piante, cita un citrus bislungo e rugoso, affermando che il frutto è mangiabile solo se la buccia è cotta nel vino o nel miele. Quest’ultima indicazione porta molto vicino al frutto sardo e ai metodi isolani di trasformarlo. Sono dettagli preziosi per identificare "sa pompia", in quanto indica precisamente il solo utilizzo della scorza, e non della polpa perché amara.
Alcuni studiosi sardi collocano la coltivazione della pompia in diversi paesi come Villacidro, San Sperate, Oliena, Milis e Siniscola. Ed è tra i testi di appassionati di agronomia e botanica di fine Settecento, che si trova la prima citazione della pompìa. Più o meno negli stessi anni, nel 1760, una statistica redatta per ordine del Viceré registra alcune coltivazioni di pompìa a Milis, nell’Oristanese.
(Si ringraziano Giovanni Fancello e il vivaio Pollici Rosa per il testo)