L'intervista a Giovanni Edoardo Nogaro, un ex fotografo che ha dedicato la sua vita a coltivare le iris, che segue nel suo vivaio Principe Iris a Missaglia (Lc).
Lei ha iniziato come fotografo e le sue immagini sono comparse su molte riviste, pubblicazioni di pregio e libri. Nel 2005 ha anche ricevuto il Premio Internazionale “Fotografia” alla carriera. Quando e perché si accostato al vivaismo?
Sì, ho cominciato come fotografo negli anni Sessanta e la mia attività di vivaista è iniziata solo nel decennio seguente. Visto che l’iris mi aveva già conquistato come appassionato di giardinaggio, pensai di vendere qualche pianta. Dopo i soliti inizi un po’ stentati, l’iniziativa si rivelò sempre più promettente, fino ad assorbirmi completamente.
Come mai, fra tanti fiori, solo l’iris è riuscita ad accendere la sua passione?
L’iris, la sua eleganza di forme e la sua eccezionale varietà cromatica, mi hanno letteralmente affascinato. È stata “un’attrazione fatale”, una passione che dura ancora, immutata: l’iris continua a colpire positivamente e costantemente la mia immaginazione, riuscendo sempre a sorprendermi e a regalarmi autentico piacere. Oggi potrei anche ritirarmi dall’attività di vivaista, ma mi è impossibile lasciare questo fiore.
A Firenze per secoli i fiori dell'iris, che cresceva spontaneo sulle colline toscane, è stato usato dalla fiorente industria cosmetica locale nella realizzazione di essenze e profumi. Eppure appassionati e ibridatori sembrano essere prevalentemente stranieri…
Nonostante questa storica tradizione italiana, la coltivazione dell’iris nel nostro Paese è alquanto trascurata. In particolar modo, la sua ibridazione, con la creazione di nuove e sorprendenti varietà, è divenuta “faccenda” quasi esclusivamente americana, cui si aggiungono piccole incursioni in questo campo di alcuni esperti vivaisti francesi, australiani e neozelandesi. Questa assoluta preponderanza degli statunitensi è, d’altronde, cosa facilmente comprensibile: la creazione di nuovi ibridi è un processo che richiede ingenti risorse, che l’industria floricolturale americana riesce ovviamente a reperire, ma che altrove sono difficilmente disponibili. È una delle ragioni per cui non mi sono mai cimentato direttamente nell’impresa di ottenere ibridi originali, ma mi sono limitato a richiedere dagli USA tutte le nuove varietà. Il problema, poi, di una certa diffusa disaffezione italiana per l’iris è anche generato dalla persistente presenza, fra gli appassionati di giardinaggio, di veri e propri “miti negativi”: ad esempio, la presunta difficoltà della sua coltivazione, il suo non facile adattamento in vaso, la fragilità intrinseca del suo fiore. Si tratta di miti che è necessario sfatare in modo definitivo. La mia stessa, ventennale, esperienza di vivaista testimonia il contrario: le iris sono piante che si acclimatano bene a tutte le latitudini del nostro Paese e che non richiedono cure eccessive (soltanto annaffiature generose – e comunque commisurate alle differenti medie di temperatura e insolazione che si registrano nelle diverse regioni italiane – e abbondante concimazione), che hanno rese notevoli anche in vaso, prestandosi quindi benissimo a essere ornamento di terrazzi e balconi. Persino come fiore reciso, l’iris ha durata paragonabile a quella di altri fiori. La nota sensibilità alle piogge, la rapidità con cui i petali s’intridono d’acqua, sono, infine, cosa totalmente superata: sul mercato sono da tempo disponibili numerose e ottime varietà idrorepellenti. Un discorso a parte merita un certo “sospetto” per i nuovi ibridi riscontrabile fra molti appassionati italiani. Ciò è dovuto principalmente a negative esperienze avute nel recente passato, a causa dell’ampia commercializzazione in Italia di varietà non stabili. La Società Americana dell’Iris che ufficializza l’introduzione sul mercato di nuove varietà e che ne certifica gli standard, impone su ogni ibrido realizzato una verifica di sette anni, affinché si possa determinare con sicurezza la stabilità delle caratteristiche indotte dall’ibridatore ed escludere l’eventuale ricomparsa di tratti recessivi, non immediatamente visibili. È una delle ragioni dell’alto costo, in tempo e denaro, dell’ibridazione.
Lei insiste molto sulla complementarità dell’iris e della rosa in un giardino ben concepito…
Credo che si sposino perfettamente, che non esista un binomio di così eccezionale resa estetica e coloristica. L’iris nella sua quasi infinita varietà di colori, sfumature e screziature, possiede nella sua palette cromatica tinte non ottenibili con le rose: il blu, il celeste, il violetto. In ciò particolarmente, mostra la sua vocazione a convivere nei nostri giardini a fianco della rosa.
A proposito dei molteplici colori dell’iris, a Firenze è stato istituito un premio molto particolare. Di che cosa si tratta?
Fra i numerosi concorsi istituiti nel mondo per premiare l’introduzione di nuove varietà, il Concorso Internazionale dell’Iris, promosso dalla Società Italiana dell’Iris e patrocinato dal Comune di Firenze è unico nel suo genere perché è aperto a ibridatori provenienti da tutto il mondo e i premi che assegna sono conseguentemente fra i più ambiti. Fra i riconoscimenti che vengono assegnati nel corso della manifestazione, il Fiorino d’Oro è sicuramente il più particolare e curioso. Sullo stemma del capoluogo toscano è infatti raffigurata un’iris, ma è di uno squillante rosso vivo: l’unica sfumatura di rosso che è geneticamente impossibile ottenere. Il premio è quindi assegnato a quegli ibridi che più si avvicinano a questo colore chimerico… è quasi un premio all’utopia.
Nel suo catalogo (consultabile online all’indirizzo www.principeiris.it) presenta annualmente circa un migliaio di varietà diverse e nel suo vivaio sono circa duemila gli ibridi coltivati. Come mai tanta abbondanza?
Perché l’incredibile molteplicità è il punto di forza dell’iris e perché sono convinto che il visitatore o il curioso “navigatore” della rete, per divenire un appassionato di questo fiore, debba potersi imbattere in quella particolare combinazione di screziature e colori che riesce ad accendere la sua fantasia, deve poter trovare il “suo” colore. E poi ci sono varietà sempre nuove che mi piace poter avere e poter offrire. Le iris rifiorenti, in particolare, stanno avendo anche da noi molto successo. All’appassionato che vuole sperimentare queste varietà, consiglio però di accertarsi che siano “rifiorenti al 100%”, perché per alcune piante in commercio sulla rifioritura influiscono potentemente fattori climatici, e quello che si ottiene con facilità a Napoli diviene quasi impossibile in Lombardia. Altra cosa assolutamente da ricordare è che si tratta di varietà generose, che “lavorano” il doppio delle altre e vanno nutrite di conseguenza.
Lei è autore del libro “Il principe Iris”, la più completa pubblicazione in lingua italiana su questo fiore…
Nella realizzazione di questo libro ho cercato di riversare tutta la mia esperienza e il mio amore per l’Iris. È il frutto di un progetto cresciuto attraverso l’assidua frequentazione degli amici della Società Italiana dell’Iris e per la cui resa estetica si è rivelata determinante la mia decennale esperienza di fotografo.
(tratto da “Le Iris e il loro Principe”, a cura di S. Masson, n. 5, 2007; fotografia G.E. Nogaro)