I “giorni della merla” (gli ultimi tre di gennaio: 29, 30, 31) sono considerati i giorni più freddi dell’anno. La locuzione popolare ha origini antichissime, intrecciate anche con il paganesimo dell’antica Roma/Atene, innestandosi anche in una “previsione del tempo”, oltreché raffigurare diverse leggende: previsione e leggende hanno comunque come protagonista la merla, ossia la femmina del comunissimo merlo (Turdus merula).
Ricordiamo che questo uccello ha un leggero dimorfismo sessuale, ossia mentre il maschio ha una livrea color nero lucente con il becco arancione vivace, la femmina è color bruno opaco e con becco giallo limone: è un particolare che tornerà utile per capire una delle tante leggende che spiegano i “giorni della merla”.
La merla “prevede” il tempo
La mitologia greca e latina è alla base delle “capacità di previsione del tempo” della merla.
Il dio greco Ade (Plutone a Roma) si invaghì di Persefone (Proserpina), figlia di Demetra (Cerere) dea delle messi, tanto da rapirla mentre ammirava un bellissimo narciso e portarla con sé negli Inferi. Qui Ade la costrinse a mangiare 6 chicchi di melagrana, che la condannarono a rimanere per sempre nelle viscere della Terra. Ma Demetra, che normalmente portava la prosperità dei raccolti, per la disperazione portò l’inverno sulla Terra, annullando ogni coltura a tempo indeterminato. Intervenne allora Zeus (Giove) che, in considerazione del fatto che Persefone aveva ingerito solo 6 chicchi, stabilì che la fanciulla potesse trascorrere 6 mesi sulla Terra con la madre e per gli altri 6 dovesse tornare negli Inferi con lo sposo Ade. Demetra così nei 6 mesi di vicinanza alla figlia riprese a regalare messi e colture agli uomini, togliendole tutte nel successivo semestre.
Il ritorno di Persefone veniva preannunciato da un uccello messaggero, la merla: gli uccelli erano, secondo gli antichi, i messaggeri degli dei, tanto che gli Aruspici (sacerdoti romani) erano deputati proprio a interpretare il volo degli uccelli, significativo di ciò che gli dei giudicavano nei confronti degli uomini. Ebbene, se la merla a fine gennaio usciva dal nido perché le temperature erano miti, l’inverno sarebbe durato ancora a lungo perché Persefone sarebbe arrivata più tardi; se viceversa la merla rimaneva nascosta nel nido perché il freddo era ancora intenso, la primavera sarebbe arrivata prima, riportata dal ritorno di Persefone.
Nel tempo si è perso il collegamento pagano alla merla, e semplicemente si è ritenuto che, se nei tre giorni finali di gennaio, le temperature sono in rialzo, l’inverno duri ancora a lungo, e viceversa.
Tre leggende sui “giorni della merla”
La merla è però rimasta ben salda all’interno di diverse leggende popolari, i cui elementi sono simili – e in parte mutuati dal mito romano – ma non sempre concatenati allo stesso modo o con gli stessi protagonisti.
- La leggenda più famosa racconta che il mese di Gennaio, in tempi remoti di soli 28 giorni, fosse geloso della livrea candida della merla, tentando di rovinarlo con continue, gelide piogge. La merla un anno decise di fare scorta di cibo e rimanere per tutto il mese di gennaio rintanata nel nido. Ma Gennaio, indispettito per l’assenza della merla, chiese a Febbraio – che era di 31 giorni – di regalargli tre giorni, appunto il 29, 30 e 31. La merla, convinta di essere già in febbraio, uscì dal nido il 29, giusto in tempo perché Gennaio potesse scatenare una tempesta di acqua, vento e neve, con temperature gelide. Allora la merla si riparò per tre giorni all’interno di un comignolo nero di fuliggine e ne uscì completamente annerita, senza possibilità di riavere le penne candide.
- Una versione più elaborata umanizza ulteriormente i protagonisti: Gennaio fu così dispettoso da aspettare ogni momento in cui la merla usciva dal nido in carca di cibo per rovesciarle addosso la neve e il gelo, mentre la merla a sua volta, quando uscì il 29 gennaio, si mise a cantare per sbeffeggiare Gennaio.
- Infine, una terza versione della storiella si limita a raccontare che, durante una terribile bufera di neve a fine gennaio, una merla nera con le sue piccole (tutte femmine e nere) si rifugiò in un camino, scendendo fino alla cenere: la famigliola superò così al calduccio le avverse condizioni meteo, ma ne uscì di colore grigiastro a causa del contatto prolungato con la cenere e con il becco sbiadito dal calore. In questo modo i maschi rimasero neri con il becco squillante e le femmine divennero brune con il becco scolorito.
Queste leggende dovevano ammonire gli antichi circa il fatto che non si deve mancare di rispetto alle stagioni, sottovalutandole o irridendole…
Spiegazioni “storiche” dei “giorni della merla”
Fin qui le leggende popolari, mutuate in parte da antichi culti pagani: non è possibile ricostruire quando queste leggende sono nate, anche se è lecito ipotizzare un continuum dall’antica Roma attraverso il Medioevo e i secoli successivi fino ai giorni nostri.
Sappiamo però che la locuzione “i giorni della merla” venne citata dal letterato italiano Sebastiano Pauli nel 1740, che ne ricordava il significato, “giorni freddissimi”, e ne forniva due ipotesi:
- dovendo far passare al di là del Po un cannone molto grande, chiamato Merla, si dovettero aspettare i giorni di fine gennaio, quando il grande fiume era tutto ghiacciato, per far passare la macchina oltre Po;
- dovendo una nobil signora di Caravaggio (Bg), della famiglia De Merli, oltrepassare il Po per sposarsi, dovette attendere gli ultimi giorni di gennaio per passare su fiume gelato.