Il diradamento dei frutticini è un’operazione che fa piangere il cuore al frutticoltore amatoriale, perché consiste nell’asportazione dei frutti immaturi in eccesso (“frutticini”), allo scopo di ottenere frutti maturi di miglior pezzatura. È in realtà una specie di “potatura”: si conduce sui frutti già formati, quando la produzione appare eccessiva, perché altrimenti si sfrutta troppo la pianta e i frutti risultano più piccoli, bruttini e meno saporiti.
Inoltre, poiché ad anni di abbondante ed esagerata produzione di frutti seguono annate estremamente scarse (alternanza di produzione), il diradamento serve anche a contrastare l’alternanza, che ha tra le sue cause proprio gli eccessi produttivi che impediscono alla pianta di formare sufficienti gemme a fiore per l’anno successivo.
Infatti, insieme con l’allegagione dei frutticini inizia anche la formazione delle gemme che si svilupperanno l’anno seguente. Se all’interno della nuova gemma si iniziano a formare gli organi fiorali sarà una gemma fruttifera, altrimenti sarà una gemma a foglia, improduttiva. Questo processo non è casuale, ma è condizionato dal numero di frutti presenti sulla pianta. Se questi sono troppi, la pianta non riesce formare nuove gemme fruttifere, e l’anno seguente presenterà pochi fiori e quindi frutti.
Diradamento: come si fa
Il diradamento va effettuato entro 30-40 giorni dalla fioritura, appena è terminata la cascola dopo la sfioritura, per evitare che la pianta perda troppe energie nel portare avanti tutti i frutticini.
Gli agricoltori professionisti non biologici si avvalgono di diradanti chimici, mentre i professionisti del biologico e i frutticoltori amatoriali o familiari devono diradare a mano, in genere tagliando con le forbici cogliuva il picciolo dei frutti.
Su piante piccole, inoltre, si può favorire la naturale cascola di maggio o giugno scuotendo brevemente ma con vigore la pianta, ripetendo l’operazione dopo due settimane.
Per capire quanti frutticini togliere a mano, bisogna considerare l’età e la vigoria della pianta, perché le piante giovani e molto vigorose sopportano un numero maggiore di frutti. Sui rami esili si devono sempre mantenere pochi frutti.
Vanno sempre eliminati (anche se non si effettua il diradamento) i frutticini che presentano attacchi di parassiti o malattie, e malformazioni, così come quelli più piccoli o con ferite da grandine, da vento, da uccelli o altro.
I frutti rimanenti devono essere ben distribuiti e in numero proporzionato alle foglie.
Diradamento di melo e pero (Pomacee)
Tra le Pomacee, il melo è la specie più soggetta all’alternanza, e tra le varietà dove il fenomeno è particolarmente evidente ci sono tutte le Renette, la Golden Delicious, la Starking, la Stark Delicious ecc. Il diradamento si effettua in maggio, praticamente ogni anno (salvo gelate tardive che brucino fiori e frutticini). Tra un frutto e l’altro deve rimanere lo spazio compreso tra pollice e indice divaricati.
Sul pero e sui nashi invece raramente è necessario eseguire il diradamento, perché la cascola naturale dei frutticini è sufficiente a garantire l’accrescimento di quelli rimasti sull’albero.
Anche il cotogno generalmente non ha eccessi produttivi, ma in anni di eccezionale carica potrebbe rendersi necessario un diradamento che conservi non più di 3 frutti per estremità.
Diradamento di pesco, albicocco e susino (Drupacee)
Sulle Drupacee, il diradamento riguarda in prevalenza pesco, nettarino, albicocco e susino: è ancora più importante che sul melo, perché altrimenti, l’anno successivo, c’è il rischio di raccogliere poco o nulla. Inoltre i rami tendono a piegarsi sotto il peso dei frutti in maturazione, col pericolo di spezzarsi.
Bisogna iniziare a diradare le varietà più precoci per finire poi con le tardive, quando la cascola naturale è finita e i frutti hanno la dimensione di un’oliva. Il diradamento deve terminare quando i frutti hanno il nòcciolo lignificato, che non si può più tagliare col coltello. Per pesche e nettarine (dove la cascola naturale prosegue fino all’inizio della raccolta, e dunque il diradamento deve essere più leggero) la distanza tra i frutti dev’essere di 8-10 cm, mentre bastano 5-6 cm per susine e albicocche.
Ancora su pesco e nettarina, occorre fare attenzione ai rametti “di sottana”, costituiti da brindilli nella parte bassa della chioma, con 2-3 foglie e 3-4 frutti: qui è meglio lasciare un solo frutto per rametto, perché altrimenti si otterranno piccole pezzature, poco colore e sapore scadente.
Il diradamento può riguardare anche le foglie (soprattutto sui peschi), se queste coprono molto i frutti: bisogna lasciarne i due terzi perché possano svolgere la loro funzione fotosintetica senza danneggiare la pianta.