cotogno
I fiori del cotogno sono grandi e molto decorativi.
Il cotogno è grazioso, decorativo, piccolo ma ombroso, e in autunno regala anche i frutti da trasformare per squisitezze invernali

Per la serie “piccoli alberi a duplice attitudine” da mettere anche in un piccolo giardino, ecco il cotogno (Cydonia lusitanica, famiglia Rosacee). Piccolo lo è: in genere si ferma sui 3 m d’altezza e 2 di diametro della chioma, che è caduca, e quindi d’inverno lascia passare i raggi solari, mentre d’estate forma una bella ombra fitta ma non eccessiva.

“Duplice attitudine” perché è decorativo, sia per le forme aggraziate, slanciate, sia per il bel fogliame verde bottiglia, sia soprattutto per la fioritura incantevole, a fine aprile, data da grandi (diametro anche 4 cm) fiori bianchi a 5 petali, non profumati ma ugualmente molto graditi dalle api.

Ed è produttivo, perché in settembre regala le profumatissime cotogne, grossi frutti prima vellutati e poi scabri, giallo oro, da destinare all’uso che più ci piace: decorazione in una coppa o in una composizione di fiori e frutti secchi, profumabiancheria nei cassetti come facevano le nostre nonne, squisite preparazioni gastronomiche che ci riporteranno l’aroma di fine estate per tutti i prossimi mesi.

Un unico neo: il cotogno è autosterile, cioè non è in grado di autofecondarsi, quindi per ottenere i frutti bisogna mettere due esemplari di due varietà diverse (ideale una piriforme e una maliforme).

Un successo del passato

Del resto, il cotogno è una delle più antiche piante da frutto conosciute, visto che era coltivato già 4.000 anni fa dai Babilonesi. Presso i Greci era considerato frutto sacro a Venere e in epoca romana era ben noto, venendo citato da Catone, Virgilio e Plinio. Tipico dell’area occidentale del Mediterraneo, in Italia è stato ampiamente coltivato dal Medioevo fino agli anni ’60 del secolo scorso, a scopo commerciale, quando la coltura è stata progressivamente abbandonata. Attualmente è più noto come portainnesto del pero (Cydonia communis), che come pianta da frutto, anche se quest’ultima (C. lusitanica) sta venendo riscoperta, proprio per i motivi sopra indicati.

Com'è fatto il cotogno

Piccolo albero deciduo, 5-8 m di altezza, simile al melo per le foglie e i fiori, al pero per il portamento. Le foglie alternate, semplici, sono lunghe 6-11 cm, con margine intero, pubescenti. I fiori sono bianchi o rosati, con cinque petali vistosi. I frutti possono essere maliformi (a forma di mela), cioè più schiacciati, oppure piriformi, meno coltivati. La buccia (“epicarpo”) è fittamente ricoperta di peluria bruna che scompare a maturazione, ed è di colore giallo oro intenso. Il picciolo è corto e tozzo. La polpa è consistente, facilmente ossidabile e spesso ricca di sclereidi (cellule dalla parete indurita), poco dolce e astringente. I semi sono numerosi, poligonali, spesso agglutinati tra loro da uno straterello di mucillagine.

Solo acqua d’estate

Coltivarlo è semplicissimo: è una pianta robusta, molto rustica, per cui cresce bene in ogni tipo di terreno, ma soprattutto in quello ricco e fresco, non arido, con una buona componente in argilla e privo di calcare. Predilige l’ambiente mediterraneo perché le gelate tardive possono danneggiare la produzione, ma resiste fino a 1.000 m di quota sulle Alpi, purché in posizione riparata e ben soleggiata: sopporta da –20 a +35 °C.

Per dargli il giusto spazio, va messo a 4 m da altri alberi o manufatti, anche se le radici non sono pericolose per le murature. L’irrigazione è necessaria con regolarità nel primo anno dall’impianto, e poi lo sarà quella di soccorso in estate per tutta la vita, perché teme molto la siccità estiva. In compenso non necessita di concimazione.

La potatura, oltre ai rami secchi, spezzati o malati, riguarda i rami a legno (cioè quelli che portano in prevalenza gemme a foglia), che vanno accorciati, mentre vanno lasciati intatti tutti i brindilli (corti rametti con numerose gemme a fiore, di cui una apicale). Si moltiplica per seme che funge da portainnesto, con innesto a occhio a gemma dormiente in settembre, a triangolo in marzo.

La pianta è sensibile alla monilia, specialmente sui fiori, e può essere colpita dal colpo di fuoco batterico (Erwinia amilovora): in Emilia-Romagna bisogna mettere a dimora solo piante certificate esenti dal punto di vista sanitario.

Raccolti e trasformati

I frutti si raccolgono a maturazione, in settembre-ottobre, quando il colore vira dal verde al giallo chiaro, e cioè quando la peluria della buccia si elimina facilmente: se si dilaziona, c’è rischio che siano attaccati dalla monilia e che la polpa scurisca. Per uso alimentare, vanno lavorati subito, senza conservarli per più di qualche giorno.

Tra le cultivar maliformi, Del Portogallo e Champion hanno frutti medio-piccoli, con costolature pronunciate, e sono alberi produttivi e di media vigoria; Maliforme Tencara ha frutti regolari ed è albero vigoroso e produttivo. Tra le piriformi, De Berecski ha frutti di medie dimensioni ed è albero di media vigoria e poco produttivo; Di Smirne ha produttività e vigoria medie; Gigante di Vrania ha frutti di dimensioni elevate ed è albero vigoroso e produttivo; Lescovatz ha frutti di media dimensione, vigore elevato e buona produttività.

LE COTOGNE IN CUCINA

  • Le cotogne non si prestano al consumo allo stato fresco a causa della polpa troppo dura e astringente, letteralmente immangiabile. Vengono invece cotte per preparare confetture, gelatine e mostarde, o utilizzate per aromatizzare distillati e liquori. Mondarle è un lavoraccio, perché la pulizia va fatta a crudo, quando i frutti sono durissimi… Essendo ricche di pectine, si impiegano anche come addensante nella preparazione di marmellate con frutta povera di questa sostanza (es. uva).
  • È famosa la cotognata (nella foto), gelatina semisolida tagliata in piccoli pezzi a forma di losanga, un tempo particolarmente diffusa in Lombardia. Nel Bolognese si prepara una confettura, la Mostarda bolognese, che viene poi utilizzata come ripieno di dolci da forno (pinza, raviole). Nel Parmense si confeziona un liquore chiamato Sburlon.
  • Nonostante il sapore aspro, le cotogne sono molto ricche di zuccheri (15,3%), che divengono però assimilabili solo dopo cottura. Interessante anche il contenuto in fibre (1,9%), che mitiga leggermente le spiccate proprietà astringenti. Sono leggermente diuretiche, in virtù del potassio (197 mg per etto). Ricche di mucillagini, hanno proprietà anti-infiammatorie dell'apparato digerente.

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