rete del diavolo
La cuscuta è veramente una "rete del diavolo"!
La rete del diavolo o ragno malefico è una pianta parassita, la cuscuta, che con i suoi "rametti" gialli o viola avviluppa la vegetazione circostante

Capita, in quella parte della Val Padana in cui ancora si coltivano le barbabietole da zucchero, di vedere, tra le grasse foglie color verde bottiglia, estese macchie giallo uovo, larghe anche svariati metri quadri. Avvicinandosi, si scopre che sembra un gigantesco gomitolo di filo dorato, avviluppato sulla vegetazione delle povere bietole: fili dappertutto, che stringono e soffocano il fogliame, rendendolo quasi invisibile sotto le strette maglie gialle. È una vera e propria rete, non artificiale e gettata lì per caso, ma viva, fin troppo, e strettamente agganciata alle foglie, saldata a esse, tanto da ispirare un istintivo senso di repulsione. Guardando meglio, e provando a tirare uno dei fili, si accerta che effettivamente la rete si insinua nelle lamine fogliari: immediato pensare che si tratti di un parassita che evidentemente “succhia” la vita dalle piante più nobili…

Queste non sono solo le sensazioni di noi abitanti del Terzo millennio: già i Romani le avevano provate, oltre 2.000 anni fa. È invece più recente l’appellativo calzantissimo con cui questa pianta parassita viene ancora oggi definita: “rete del diavolo” le venne conferito nel tardo Medioevo e rende perfettamente l’idea, insieme con “ragno malefico”, altro soprannome pienamente meritato, visto che estende i propri tralci come una ragnatela su tutte le piante che il parassita incontra.

Il nome botanico è cuscuta (Cuscuta europaea e C. epithymum sono le due specie presenti in Italia): è una pianta parassita, come denotano i suoi tralci bianchi, gialli o rossi, ma mai verdi perché non possiede la clorofilla e quindi non è in grado di procurarsi autonomamente le sostanze nutritive. Priva anche di radici, per vivere insinua una porzione (gli “austori”) degli esili tralci dentro ai fusti e alle foglie delle piante verdi, succhiando la linfa elaborata direttamente dal sistema linfatico della pianta parassitata causandone un rapido deperimento. I tralci si allungano e si ramificano in continuazione fra maggio e settembre, in cerca di nuove piante da parassitare, in genere erbacee o arbustive, coltivate o spontanee senza differenza: per questo motivo si formano estese “ragnatele” di tralci, come se si trattasse di una piovra che allunga i suoi tentacoli malefici.

Può risultare molto dannosa poiché, se si sviluppa in notevole quantità, è in grado di determinare la morte delle piante colpite, soprattutto di quelle erbacee. Si propaga attraverso il seme, che viene liberato nel terreno, ed essendo molto piccolo, si insinua nelle crepe del terriccio, rimanendo in grado di germinare per una decina d’anni e più.

E si rivela un demonio anche per quanto riguarda la lotta: combatterla non è semplice perché, essendo priva di clorofilla, gli erbicidi non hanno effetto su di essa (agiscono tutti bloccando la fotosintesi clorofilliana o altri processi da questa dipendenti), tranne quelli a base di propizamide, che però si acquistano con il patentino e sono autorizzati solo su poche colture, come le insalate. Si tratta comunque di erbicidi ad azione disseccante, il cui utilizzo non è consigliabile nei giardini domestici (a meno che la presenza del parassita non sia tale da compromettere la vitalità delle piante sulle quali si sviluppa). In alternativa, si può provare con il pendimetalin, un erbicida anch'esso acquistabile con patentino, attivo prima della germinazione dei semi (è un cosiddetto “antigerminello”): va irrorato su aiuole che ospitano solo piante adulte. Sempre valida – e caldamente raccomandabile – è l’eliminazione manuale dei tralci appena si notano: è l’unico modo per salvare una parte delle piante e soprattutto per impedire la produzione degli “eterni” semi, riducendo l’infestazione nella stagione successiva.

Che cos’è la rete del diavolo? - Ultima modifica: 2020-06-06T07:56:57+02:00 da Elena Tibiletti