Si prosegue lungo la costa est, a cavallo tra sogno e realtà, come spesso accade a chi si lascia trasportare dalla bellezza misteriosa dell’isola e della sua gente, fino ad arrivare ad Acireale: situata su una terrazza lavica affacciata sullo Ionio, già nota in epoca romana come meta termale, è il maggiore dei centri sul versante orientale del vulcano.
Il cuore della città è piazza Duomo, sempre animata di gente e dominata dalla Cattedrale, capolavoro del barocco siciliano. Sullo sfondo, il mare e i suoi faraglioni che sembrano voler confermare che qui, un tempo, vivevano i giganti. Siamo infatti entrati ufficialmente nella Riviera dei Ciclopi, dove il mito racconta la storia alla spiaggia: un amore più forte della paura, quello tra il giovane pastorello Aci e la bella Galatea concupita dal gigante Polifemo.
Nella zona che da Calatabiano arriva fino a Riposto si trovano numerose aziende florivivaistiche nate in un’area resa fertile dalla presenza del vulcano che blocca le correnti fredde e dalla dolcezza dell’acqua.
Aci Trezza, Aci Catena
A poca distanza si trova Aci Trezza, dove Giovanni Verga ambientò I Malavoglia e Luchino Visconti girò La Terra Trema e dove tutto sembra sembra essersi fermato al tempo della “casa del nespolo”, con il porticciolo che si apre come un sipario davanti al mare e alle sue rocce misteriose e le case umili di pescatori.
Aci Castello deve il suo nome alla fortezza di origine normanna che sorge in cima a una torre basaltica protesa sul mare: anch’esso piccolo borgo di gente di mare, ospita sulla rupe un piccolo, delizioso orto botanico, che vale la pena visitare.
Quando, all’improvviso, il bianco calcareo del tipico paesaggio siciliano lascia il posto al nero della pietra lavica, è segno che si è entrati all’interno dei 250 km di perimetro del più alto vulcano d’Europa. E, state pur certi, il richiamo ancestrale della “Muntagna” è così forte che non si può resistere.
Il visitatore sale sull'Etna
Così anche il nostro itinerario, che fino a ora si era mosso leggero lungo la costa, ora si concede una “fujtina” all’interno, si arrampica lungo le pendici dell’Etna partendo da Zafferana Etnea – il paese “giallo” come lo chiamarono gli arabi, circondato com’è da distese di ginestra – fino ad arrivare a Bronte, patria indiscussa dei pistacchi. Ciò che si incontra lungo il percorso non è un paesaggio, è “il paesaggio assoluto” che da sempre ha condizionato con la sua presenza fertile e minacciosa il territorio e l’attività umana circostante. Colpiscono non tanto l’altezza del vulcano (pur di tutto rispetto con i suoi 3346 metri) e la vista dell’Etna in pressoché costante attività eruttiva, ma il fatto che la cima disti solo poche decine di chilometri dalla costa e così, in meno di un’ora si passa dal mare all’alta montagna, dagli scogli ai boschi, dal sapore di pesce a quello di funghi e castagne. E, ancora una volta, si ha la sensazione di trovarsi in una terra magica e piena di mistero.