Può stupire scoprire che c’è stato un tempo in cui le siepi erano preferite alle difese murate e, almeno fino all’inizio del ventesimo secolo, presentavano ricche varietà di soluzioni. Nell’ultimo periodo si è assistito a una semplificazione delle specie adottate per costituire le siepi. Seguiamone in breve la storia e consideriamo insieme quali sono le soluzioni migliori.
Le siepi nella storia
Nate quindi come evoluzione estetica delle antiche difese spinose realizzate per proteggere gli orti e i campi dagli intrusi, le siepi hanno vissuto il loro momento più alto in epoca rinascimentale, quando, in consonanza con lo spirito dell’Umanesimo, si recuperò dall’antichità l’arte di modellare a proprio piacimento la natura, l’Ars Topiaria.
In un certo senso tuttavia si portò l’insegnamento classico oltre i propri confini. Basti pensare da un lato alla Villa Tuscolana di Plinio il Giovane e alla sua rigorosa geometria, e dall’altra alle forme stravaganti realizzate da Giovanni Rucellai nel giardino fiorentino di Quaracchi. È questa tuttavia la fase in cui si consolidò un modo di concepire e lavorare le siepi che rimarrà sostanzialmente invariato fino alla rivoluzione del giardino inglese. Poi lentamente l’attenzione dedicata alle siepi si è andata affievolendo, con l’eccezione dell’eclettismo vittoriano.
Cosa si intende per "siepi"
Ne esistono di almeno tre categorie: la siepe vera e propria, libera sui tre lati; la spalliera, appoggiata a un muro, come nel caso dei cedrati; infine la “spiaggia”, quando le piante sono associate in modo da coprire una superficie bidimensionale estesa.
Un’ulteriore distinzione, da fare assolutamente al momento della scelta delle piante che andranno a costituire la siepe, riguarda la grandezza. Per siepi fino a 50-80 cm ad esempio bisognerà prendere in considerazione Buxus sempervirens e Myrtus communis, mentre per siepi alte fino a 4-5 metri si dovrà optare per Laurus nobilis e Viburnum tinus. Facendo solo un breve accenno al Quercus ilex per altezze più elevate (fino a 8 metri), le specie da preferire si trovano in una fascia di grandezza intermedia. Fra queste troviamo ad esempio Phyllirea latifolia e Rhamnus alaternus, ma anche il ligustro.
Associazioni di specie
Tutte le specie, con il trascorrere degli anni, hanno la tendenza a spogliarsi al piede. Per questa ragione il modo migliore per evitare lo “svuotamento” della parte basale di una siepe consiste nel combinare insieme specie che hanno diverse altezze, creando quindi ordini sovrapposti, proprio come era usanza fare nei giardini storici. Ad esempio, partendo dal basso, una possibile associazione potrebbe vedere “sullo sfondo” la fillirea, e, secondo un ordine di grandezza ascendente, di seguito il bosso, l’alaterno, il viburno, l’alloro e infine il leccio. Si tratta, in questo caso, di una combinazione adatta a climi piuttosto miti. Non a caso è uno schema che si ritrova negli impianti storici del Lazio e della Toscana, mentre in area lombarda si utilizzava, in sostituzione dell’alloro, il Carpinus betulus, pianta diffusa anche nei giardini francesi e tedeschi.
La potatura delle siepi
La potatura va eseguita due volte l’anno, la principale in autunno e una di richiamo in primavera. Si lavora con l’aiuto di fili guida, tesi fra due picchetti posti alle due estremità della siepe.
Una raccomandazione importante: non fate l’errore di potare secondo l’ultimo taglio abituale. Questo potrebbe con il tempo portare alla deformazione dei profili originali. Optate invece per una scelta più impegnativa ma soddisfacente, ovvero potare per due anni consecutivi sull’ultimo taglio e il terzo al di sotto. In questo modo l’ultimo anno la siepe risulterà leggermente scoperta, ma alla lunga l’inestetismo si andrà attenuando, consentendo alla siepe di conservare la sua autenticità.
Adottate un profilo di potatura leggermente trapezoidale, in modo da permettere alla superficie della siepe, inclinata verso l’interno, di allargarsi. Solo così si riesce a combattere quella tendenza al rovesciamento della forma che ogni pianta manifesta a causa degli effetti della dominanza della gemma apicale.
Non dimenticate di effettuare zappettature almeno una volta l’anno, incorporando letame stallatico ben maturo, e di innaffiare molto nei periodi più asciutti.
(di Sebastian Matta)