Estate 2022, l’acqua non c’è, c’è la siccità. E nelle prossime estati, ma anche anni interi, l’acqua sarà sempre meno e la siccità sempre di più.
Per chi coltiva piante, sia a livello amatoriale, di passione, sia a livello industriale, di professione, si pone un grosso problema: le piante, in linea di massima, hanno bisogno di molta acqua per produrre, che siano fiori, frutti, foglie o radici, commestibili e non. È evidente che, dato per scontato che l’acqua non tornerà disponibile per come siamo stati abituati finora, e che il riscaldamento globale perdurerà e anzi si aggraverà, bisogna cambiare radicalmente il modo di coltivare.
Vale per l’amatore così come per il professionista.
Contro la siccità, le riserve idriche
La contromisura più ovvia è la creazione di riserve idriche, perché quando l’acqua cade dal cielo, spesso è in quantità ingentissime, che però – proprio perché sovrabbondanti – non riescono a essere assorbite dal terreno percolando in falda (riserve sotterranee), ma scivolano via veloci in ultima analisi verso il mare, dove contribuiscono all’innalzamento del livello che potrebbe cancellare intere città marittime, da Venezia in poi.
Numerosi Consorzi irrigui in tutta Italia stanno chiedendo e perorando la creazione di grandi invasi ove raccogliere l’acqua piovana quando cade: auspicando che si realizzino – in tempi che necessariamente non possono essere brevi, si parla di alcuni anni – andranno a coprire l’agricoltura professionale, dal pomodoro al mais, dalla soia alla barbabietola da zucchero, ma anche dai peschi ai meli.
Riserve idriche per privati cittadini
Parallelamente anche l’hobbista, chi ha un giardino (quanto più esteso, a tanto maggior ragione) deve ragionare sulla possibilità di realizzare una cisterna interrata: è invasiva per i lavori di scavo e onerosa (ma si detrae per il 36% dall’Irpef attraverso il Bonus Verde), ma permette di risolvere il problema alla radice, accumulando l’acqua piovana dalle grondaie durante i periodi in cui piove, diventando autonomi per tutta la bella stagione.
Esistono anche sistemi di depurazione e filtrazione delle acque bianche, recuperate dall’abitazione e convogliate in cisterna: per chi ristruttura o costruisce una villetta mono o bifamiliare è una soluzione da applicare assolutamente.
In alternativa c’è la possibilità di ricercare acqua di falda o utilizzare acqua di pozzo (anche in questo caso c’è il 36% di Bonus Verde).
E come ultimissima alternativa, ma valida solo per piccoli giardini o piccoli orti/frutteti, c’è l’installazione di bidoni esterni per la raccolta dell’acqua piovana, da collegare alle grondaie di tutto l’edificio (anche in questo caso vale il 36% di detrazione, a patto però di avvalersi di personale qualificato con regolare fattura; no fai-da-te).
Questa è la situazione per continuare a disporre di acqua, naturalmente usandola poi senza sprechi, e quindi il più possibile attraverso impianti automatici di irrigazione a goccia, a tubo microforato o ad ala gocciolante.
Con la siccità scompare il prato
Se invece l’acqua non c’è, perché non c’è modo (o volontà) di avvalersi di questi sistemi – e, aggiungiamo, a prescindere dalla disponibilità d’acqua, proprio per evitare sprechi – bisogna cambiare modo di coltivare (per es. con i citati impianti automatici a goccia ecc.), e specie da coltivare.
L’esempio principale è il tappeto erboso: quello “all’inglese”, denso e verdissimo, è – o meglio, era – tipico appunto dell’Inghilterra, il cui clima piovoso anche in estate consentiva all’erba di crescere rigogliosa in ogni stagione. Ora anche la Gran Bretagna soffre di temperature elevatissime e siccità, quindi il prato “all’inglese” non esiste più neppure nella terra di Hermione.
Scordiamocelo quindi a tanto maggior ragione in Italia: è sempre stato decisamente “contro natura” ostinarsi ad avere un prato verdissimo d’estate dalla Val Padana in giù, e adesso diventa anche eticamente scorretto. Se proprio non sappiamo rinunciare a un manto erboso estivo, scegliamo Zoysia, Paspalum e Cynodon (gramigna), specie mediterranee adattate al grande caldo e alla siccità, ben sapendo però che soffrono il freddo e quindi nel Nord Italia, con un inverno sotto i 5 °C, gli steli ingialliscono e le piantine possono morire.
In alternativa ci sono i prati fioriti, multispecie: quante più sono, tanto maggiore è la probabilità che qualcuna rimanga verde anche d’estate senz’acqua, a condizione di non falciarle. Oppure tappezzanti a bassa richiesta idrica come Convallaria japonica e Ophiopogon japonicum: non sono calpestabili, quindi andranno realizzati anche vialetti ghiaiati per camminare.
Ulteriore alternativa, il prato sintetico: è vero che è antiecologico perché costituito di plastica, ma è anche vero che, tenendolo bene (pulito), può durare una decina d’anni, senza contare che ora ne esistono modelli in plastica riciclata e riciclabile.
Naturalmente, ci riferiamo ai tappeti erbosi casalinghi, e non a quelli commerciali come i campi da golf o i manti che ornano strutture commerciali come i locali di ristorazione: in questi casi vale l’obbligo di munirsi di cisterna per l’adacquamento per poter mantenere il prato in perfetta forma estetica.
Stop alle specie “assetate”
Così come per le Graminacee da tappeto erboso, anche per tante altre specie “assetate” non c’è più posto, a meno di non essere appunto autosufficienti dal punto di vista idrico. Bisogna dimenticarsi Hydrangeae, azalee e rododendri, petunie e surfinie e tutte le altre specie ad alta richiesta idrica, soprattutto in vaso, dove la quantità limitata di substrato porta alle stelle la richiesta d’acqua. Bisogna convertire le scelte verso specie a bassa richiesta, a partire dalle succulente e dalle specie legnose che, soprattutto in piena terra in giardino si affrancano in pochi anni dalla necessità di essere annaffiate.
Sul balcone, chi si ostina a coltivare surfinie deve almeno recuperare tutta l’acqua di lavaggio di verdure e frutta, e utilizzarla per l’annaffiatura con innaffiatoio.
Non si può più scegliere ciò che ci piace di più, a dispetto di ogni evidenza dell’ambiente a disposizione: in zone umide e con disponibilità d’acqua propria si può ancora pensare di coltivare specie idrovore, ma in ogni altro contesto, incluso il vaso, bisogna virare su specie da Dry Garden, le cui esigenze siano minime (in vaso) o nulle (in giardino).
Anche perché, se un po’ d’acqua c’è, è senz’altro preferibile utilizzarle per coltivare l’orto, anziché il prato o le ortensie. Risparmiando acqua anche qui, grazie al tubo microforato o a goccia.
Piantare in autunno
Un altro grosso cambiamento di mentalità deve riguardare la piantagione in piena terra: vanno eliminate le messe a dimora primaverili, sostituendole con gli impianti autunnali. Il perché è intuitivo: piantando in autunno, le temperature susseguenti l’impianto sono basse, ed è bassa per un lungo periodo anche la richiesta idrica, dando modo alle radici di colonizzare il suolo ben prima dell’arrivo del caldo la primavera successiva. Il nuovo impianto ha così maggiori probabilità di attecchimento a fronte di un consumo idrico ridotto.
Piantando invece in primavera, con temperature in ascesa e in un momento di attivo lavoro da parte della pianta, le esigenze idriche sono elevatissime e, anche se venissero soddisfatte interamente, non v’è certezza che l’esemplare riesca effettivamente ad attecchire.
Vale principalmente per tutte le piante legnose, che peraltro hanno anche un costo più o meno ingente, e la cui morte comporta quindi anche un danno economico.
Laghetto con ricircolo
E ancora: chi possiede un laghetto artificiale deve attrezzarsi non solo con i sistemi di recupero acqua, ma anche con una pompa di ricircolo e filtrazione, che permette di utilizzare sempre la stessa acqua, rabboccandola quando necessario attraverso la riserva d’acqua.
Chi invece non lo possiede ma lo vorrebbe realizzare, fa bene ad accantonare l’idea: sarà sempre più difficile disporre di acqua a sufficienza per poterlo alimentare correttamente, e ha poco senso costruirlo per poi vederlo deperire rapidamente (e con esso le piante e i pesci eventualmente immessi).
Siccità: le piante “figlie di un dio minore”
Infine, rimane il dilemma etico: è vero che l’acqua ha precise priorità. Al primo posto viene l’uso civile, per la popolazione, per poter bere, cucinare e lavarsi. Al secondo – ma forse a pari merito con il primo – viene l’impiego industriale, per poter produrre merci ma anche per alimentare le centrali idroelettriche che forniscono la corrente per usi civili e industriali. Al terzo viene l’agricoltura industriale, anche se è vero che se poi mancheranno la salsa di pomodoro o il latte (i bovini si alimentano di foraggi e mais), non si gioirà di quest’ultimo posto nella scala prioritaria.
Non pervenuto il giardinaggio amatoriale, anzi: pervenuto in termini di ordinanze comunali che vietano di annaffiare giardini, prati e orti fra le 8 e le 20 (e fin qui niente di male, visto che è senz’altro preferibile annaffiare di sera in estate), o addirittura vietano l’adacquamento tout-court. Per estensione, dal punto di vista ecologico, anche balconi e terrazzi vanno annaffiati nello stesso orario.
Ma se l’acqua manca al punto da non poter essere proprio “sprecata” per le piante da fiore e da orto, sorge appunto il dubbio etico: quanto è morale condannare a morte le piante, seppur coltivate per diletto? Ormai sappiamo che anche i vegetali hanno una “sensibilità” e morire di sete e di caldo non dev’essere piacevole… E si ritorna a leggere questo articolo: recuperare tutta l’acqua possibile, non sprecarla, e d’ora in poi scegliere specie a basso consumo idrico.