Sapevate che salvia e ape sono “sposate”?

Il fiore della salvia si è evoluto sulla base delle sue impollinatrici, le api, le uniche che possono visitarlo, consentendone la fecondazione

La Natura non lascia nulla al caso: nei milioni di anni durante i quali le forme di vita animali e vegetali si sono evolute, si sono create specializzazioni talmente spinte da rasentare il “matrimonio” tra specie appartenenti ai due regni. Senza affrontare il vasto mondo delle meraviglie tropicali, abbiamo uno sposalizio proprio in casa: basta fare due passi in campagna per vedere quanto sia perfetto il meccanismo evolutivo che si è sviluppato tra la salvia dei prati (Salvia pratensis) e le api (Apis mellifera e altre), dove ambedue le specie si sono evolute di pari passo, specializzandosi l’una verso l’altra.

Osserviamo il bellissimo fiore viola che punteggia i prati tra maggio e luglio: è formato da tre petali fusi in un labbro inferiore (da cui il nome Labiate assegnato all’intera famiglia) e da due petali saldati superiormente in un cappuccio che chiude perfettamente l’imboccatura verso il cuore del fiore, dove sono custoditi i preziosi organi riproduttori, il pistillo con l’ovario e gli stami. Il fiore può essere diviso esattamente a metà in senso longitudinale, ricavandone due metà speculari.

Il labbro inferiore è una sorta di “posatoio”, in grado di reggere il peso dell’ape, la quale si appoggia su di esso e con la testina fa forza verso l’imboccatura del fiore per aprirla e raggiungere così i nettarii, le strutture situate proprio sul fondo nelle quali è contenuto il nettare, la sostanza zuccherina di cui gli insetti si nutrono.

Ma quando finalmente l’imboccatura si apre, grazie al sollevamento del cappuccio, un meccanismo perfetto fa sì che i lunghi stami si abbassino proprio sul torace e l’addome dell’ape: così il polline impolvera il corpo dell’insetto, fra l’altro esattamente nella parte in cui sono presenti corti peli in grado di trattenere i granuli pollinici.

Nel frattempo l’ape ha succhiato il nettare necessario e, in retromarcia, esce dal fiore e lo abbandona per andare a posarsi subito su un altro: ricordiamo che questi minuscoli esserini sono programmati in modo da ricercare sempre lo stesso sapore (e quindi i fiori della medesima specie vegetale) finché non termina quella fioritura.

Forzando l’imboccatura del secondo fiore di salvia, mentre si ripeterà l’impolveramento da parte dei nuovi stami per fecondare nuovi fiori, si compierà anche il miracolo dell’impollinazione: entrando per lo stretto condotto, l’ape non può fare altro che strofinare la “pancina” e i fianchi sulla parte superiore del pistillo (lo “stigma”), da dove i granuli pollinici possono penetrare nell’ovario e raggiungere gli ovuli per fecondarli.

La bellezza di questo perfetto congegno evolutivo sta sia nella complessa meccanica del fiore, come abbiamo visto, sia nella specializzazione verso le api: solo insetti della loro taglia possono passare nel condotto, impedendo così ad animaletti di calibro maggiore di devastare le preziose strutture riproduttive, mentre quelli di dimensioni inferiori (che risulterebbero inutili come trasportatori di polline) non sono in grado di sviluppare una forza sufficiente ad aprire l’imboccatura.

Sapevate che salvia e ape sono “sposate”? - Ultima modifica: 2020-06-09T07:51:56+02:00 da Elena Tibiletti