Non poteva mancare nei profumi maschili, anzi è la nota di fondo per eccellenza di quasi tutte le essenze virili: stiamo parlando del sandalo. E il perché – poco poetico e molto prosaico – è presto detto: da 4.000 anni nella cultura indiana, e nella medicina ayurvedica, l’olio essenziale viene utilizzato nelle scuole di Tantra yoga per aiutare a risvegliare la kundalini, ossia l’energia, in particolare quella sessuale: è in grado infatti di armonizzare il primo e l’ultimo chakra dell’organismo, trasformando la sessualità in esperienza spirituale, oppure, più scientificamente, il suo aroma sembra favorire la produzione degli ormoni maschili…
Ma ridurre alla sola sessualità il potere dell’essenza di sandalo è una vera eresia: come ben sanno Indiani, Cinesi e Indo-Pacifici in genere, che lo impiegano ampiamente nelle cerimonie religiose, il profumo predispone alla serenità e alla meditazione, stabilizza l’umore riequilibrandolo, allevia le tensioni da stress e placa l’aggressività. Un intenso sentore di sandalo non manca mai al momento dell’estremo saluto, probabilmente per lenire il dolore dei partecipanti al rito funebre; mentre fin dal IX sec. i sacerdoti cingalesi usavano l’olio anche sui defunti, per compierne l’imbalsamazione.
Quasi a margine, si può inoltre annotare che la medicina ayurvedica – ma anche quella cinese – se ne avvale pure per combattere le infezioni respiratorie e urinarie, e per calmare le irritazioni della pelle secca e cicatrizzare velocemente le ferite.
Sandalo più o meno pregiato
Questa preziosissima essenza si ricava principalmente da Santalum album, un albero sempreverde della famiglia delle Santalacee, alto fino a 10 m, originario delle terre che vanno da Ceylon, passando per l’India e fino all’Arcipelago indo-malese. È il cosiddetto “sandalo bianco”, al quale si affianca una decina di altre specie congeneri, come S. austrocaledonicum (della Nuova Caledonia), S. spicatum (dell’Australia), S. lanceolatum (del Nord dell’Ausyralia, ecc., sparpagliate fra l’Australia e le Isole del Pacifico fino alle Hawai, il cui olio, sebbene un po’ meno pregiato, viene comunque estratto e commercializzato come “olio di sandalo”, solo a volte specificando “australiano”.
Non va confuso con il “sandalo rosso”, Pterocarpus santalinus, albero della famiglia delle Leguminose, nativo delle Filippine, dell'India meridionale, di Ceylon e Malacca, del quale si utilizza il solo legno per confezionare scatole e cofanetti dove conservare oggetti da profumare, o per estrarne una sostanza colorante rossastra.
Del resto, anche del sandalo bianco si impiega pure il legno, sia per edificare i templi sacri in Estremo Oriente, sia per realizzare intagli e lavori di ebanistica pregiata, che mantengono il profumo originario, e per questo sono stati particolarmente apprezzati in Europa fin dalla metà del XVI sec.
L’olio essenziale di sandalo è noto fin dal V sec. a.C., con il nome di chandana in sanscrito antico. Dalle Indie prese ben presto la “via della seta”, per venire denominato “sandalo” in Persia, “santalon” in Grecia e “santalum” a Roma.
Per l’olio occorre tempo
L’estrazione dell’aroma non è affatto semplice, il che giustifica la preziosità del prodotto (e il prezzo): si ricava infatti dal cilindro centrale del tronco, la parte dell’albero che non contiene più legno vivo, ma funge da “magazzino” per sostanze che alla pianta non servono più, fra cui l’olio essenziale! Il cilindro centrale, inizialmente giallastro e poi rosso-marrone, viene macinato e trasformato in pasta, da cui si estrae l’olio.
Ancora oggi, in India, la pasta di legno di sandalo, simbolo di purezza, è l’ingrediente del segno sulla fronte (varna, cioè colore che contraddistingue ogni casta) che marchia i Brahmana (“Bramini” in italiano), puri come la loro professione di natura sacerdotale o accademica.
Occorrono almeno 30 anni d’età dell’albero perché si sia formata una sufficiente quantità di essenza: il legno ne contiene dall’1,5 al 3%, ma da 20 kg di legno si ricava solo 1 kg di olio in purezza; l’essenza più pregiata, tuttavia, deriva da piante di almeno 60 anni. Poiché l’albero deve essere abbattuto, è importante altresì che la sua coltivazione sia effettuata in maniera sostenibile, ripiantando ogni anno lo stesso numero di piante abbattute.
In India gli alberi del sandalo appartengono al Governo fin dal 1792, quando il sultano di Mysore li dichiarò piante regali. Come tali, in passato, l’uomo si limitava a sradicarle e a privarle dei rami, ma senza lavorare il tronco: ci dovevano pensare le formiche, che lentamente divoravano la parte più esterna del tronco fino a liberare il cilindro centrale, che finalmente poteva essere utilizzato per ottenere l’essenza.
Sandalo avvolgente ma non invadente
Oggi l’olio di legno di sandalo, chiamato anche “oro liquido”, viene prevalentemente impiegato in profumeria per la preparazione di profumi, saponi, cosmetici e lozioni. Contiene due idrocarburi sesquiterpenici (santalene α e santalene β) responsabili dell’aroma, un’aldeide (santalal) e due acidi (santalico e teresantalico).
In profumeria si abbina bene ad aromi fioriti, che lo alleggeriscono, mentre il sandalo li rende persistenti, così come persiste a lungo esso stesso sulla pelle. Ha una fragranza legno-resinosa ricca, intensa, avvolgente e corposa che ben si presta come base per profumi sia invernali, densi e coinvolgenti, sia estivi, più freschi e floreali, a cui dona consistenza.