Il rigoglio vegetativo del giardino dipende dalla vita nascosta sotto terra che, in una complessa serie di interazioni, sostiene l’apparato radicale delle piante rifornendolo delle sostanze necessarie per il buon mantenimento della chioma. Il terreno è formato da particelle solide, che in situazioni ideali rappresentano il 50% della composizione totale, mentre la restante percentuale è suddivisa in ugual misura fra acqua e aria. Questi due elementi consentono la libera circolazione di ossigeno e di anidride carbonica e trattengono le sostanze nutritive.
Quando però la proporzione tra questi elementi cambia e la quantità di acqua presente nel suolo è più elevata, particolarmente in presenza di argilla pesante, cattivo drenaggio, situazioni marginali a specchi d’acqua o regolarmente soggette all’influsso di sorgenti sotterranee, molte piante comunemente utilizzate nell’arredo verde soffrono di asfissia delle radici con conseguenti marciumi. Esistono però specie con apparati radicali che riescono a utilizzare l’acqua in eccesso, ottenendo una crescita accelerata e notevole vigore vegetale, fra queste il salice.
Il salice piangente
Un genere noto per le grandi esigenze idriche è quello dei salici e non a caso piccoli esemplari striscianti di questi alberi furono i primi a ricolonizzare l’Italia dopo l’era glaciale. Ne esistono innumerevoli specie, talvolta di difficile differenziazione poiché la maggior parte si incrocia spesso spontaneamente.
Il salice piangente ornamentale oggi più comunemente coltivato è Salix x chrysocoma, discendente da una varietà di S. alba e da S. babylonica (da cui si distingue solo per la colorazione gialla del legno). Sin dalla mitologia greca e romana ha assunto nel tempo un profondo valore simbolico, tra cui quello più comune che collega il portamento ricadente alla malinconia e al lutto. È in realtà un albero esuberante a rapido sviluppo che sembra celebrare la gioia di vivere raggiungendo in fretta grandi dimensioni (fino a 20 m), e che è posizionato nei parchi e nei giardini più ampi.
Un uso alternativo che lo rende utile anche negli spazi medi è invece la realizzazione di ‘sculture’ vegetali (forme umane, animali o fantastiche) oppure strutture vegetali come tunnel e gazebi viventi, ottenuti semplicemente inserendo a fine inverno lunghe porzioni di rami giovani appena tagliati in terreno umido (dove radicano prontamente) e intrecciandole per ottenere la forma desiderata. Queste creazioni richiedono in seguito regolari potature di contenimento (riportando i getti laterali al fusto principale) per mantenerne la forma. Dopo la perdita delle foglie gli steli gialli assumono particolare intensità.
Il salice bianco
Ma le ramificazioni colorate, i cui toni si accentuano durante l’inverno fino all’emissione del nuovo fogliame in primavera, sono caratteristiche anche di altre specie di salice.
Le più decorative appartengono ad alcuni discendenti del salice bianco (S. alba), riconoscibile dalle foglie verde argenteo e diffuso in tutta Italia lungo i corsi d’acqua (si presta infatti al consolidamento degli argini di fiumi e torrenti), di solito in associazione al pioppo nero (Populus nigra), altra alberatura tipica delle zone umide.
Tradizionalmente coltivato nelle campagne e trattato con capitozzatura, il salice bianco veniva tagliato periodicamente (in genere ogni 2-3 anni) a un’altezza di 1-1,5 m da terra in modo che la porzione di tronco rimanente producesse polloni fuori dalla portata degli animali pascolanti. I rami ottenuti dalla potatura erano impiegati, secondo il diametro, per intrecciare cesti, sedie, tavolini e per legare le viti.
Questo tipo di manutenzione si può applicare anche oggi – nonostante la capitozzatura in generale sia una pratica sbagliata – per contenere annualmente le dimensioni di varietà ornamentali con ramificazioni particolarmente vivaci, come S. a. ‘Chermesina’ (sinonimo S. a. ‘Britzensis', arancio) e S. a. ‘Vitellina' (giallo carico) facilitandone l’introduzione anche nei giardini di media ampiezza. Terreno umido e sole sono i requisiti necessari per questi splendidi esemplari che idealmente beneficiano dello sfondo sempreverde fornito da siepi (per esempio di tasso) o arbusti densi. Se si preferisce, l’altezza del tronco si può ridurre a 30 cm da terra: è una capitozzatura drastica che solo i salici sono in grado di sopportare (dunque non va applicata ad altre specie arboree!).
Con i rami ottenuti dalla potatura si possono creare variopinti lavori di intreccio, coroncine e piccole ‘gabbie’ protettive o di sostegno per fiori annuali, erbacee emergenti e bulbose (molto efficaci contro gatti dispettosi). Nei piccoli spazi il notevole effetto cromatico di ramificazioni brillantemente colorate durante i mesi invernali si può replicare con specie arbustive anziché arboree, come Cornus alba ‘Sibirica’, i cui steli scarlatti diventano un grande punto focale da novembre a marzo, quando emettono piccole foglie verde mela che assumono colorazioni dorate in autunno. Questa specie, insieme a C. stolonifera ‘Flaviramea’, con getti giallo verdi e ai Cornus a fogliame variegato, richiede posizioni soleggiate in terreni umidi, anche in prossimità di specchi d’acqua.
(tratto da "Piante per terreni umidi", di L. Ferrari, Giardinaggio n.1-2, 2009)