Da maggio ad agosto si snoda il periodo ideale per innestare le piante grasse. Si ricorre a un innesto quando si desidera far crescere una pianta, altrimenti dalle necessità difficili da accontentare, anche nelle nostre case, con il nostro clima, proprio innestandola su una specie robusta e ormai ben acclimatata. La pratica non è particolarmente complessa e può risultare anche divertente.
Cosa accade con l’innesto
Come per le piante da frutto o altre piante ornamentali, l’innesto ha il pregio di mescolare le caratteristiche di una pianta con l’altra: generalmente vincono le caratteristiche migliori di entrambe. In particolare, il portainnesto viene scelto per la capacità di vivere nelle condizioni medie italiane sia di coltivazione sia di ambiente; l’innesto è invece di una specie delicata, ma capace di fiorire grazie al supporto del portainnesto. Si ottengono in questo modo piante particolari, capaci di sopravvivere, svilupparsi e fiorire anche con il nostro clima per loro non favorevole.
Perché fare gli innesti
L’innesto si può effettuare per diversi motivi: per salvare o recuperare una pianta o porzione di essa che rischia di morire a causa di malattie o incidenti vari; per accelerare la crescita e la fioritura nelle specie a lenta crescita; per conservare specie rare perché troppo sensibili al marciume radicale; per mantenere piante che, per mutazione, hanno acquisito una variegatura del fusto, la quale è dovuta alla carenza di clorofilla che renderebbe l’esemplare incapace di effettuare la fotosintesi clorofilliana, e quindi di vivere; per moltiplicare facilmente le specie rare, perché dopo l’innesto tendono a produrre numerosi polloni, separabili in nuove piantine; per ottenere piante “curiose”, perché dopo l’innesto molte specie tendono a crescere in maniera abnorme, deforme, con crestature e gibbosità varie, che fanno la felicità di alcuni appassionati.
Quali piante utilizzare
Alcune piante succulente, in particolare i Trichocereus, il Myrtillocactus, l’Echinopsis, le pale di Opuntia, alcune Euforbiacee come E. mammillaris, si prestano particolarmente all’innesto, vale a dire a fungere da portainnesto per un’altra specie di succulenta, che sia compatibile con la pianta di base. Naturalmente vale il principio che si innestano Cactacee su altre Cactacee ed Euforbiacee su Euforbiacee.
Le tecniche migliori
Per cimentarci in questa operazione possiamo utilizzare, a seconda della pianta, sia l’innesto per approssimazione (mettendo un getto a contatto con la pianta ospite), sia quello per spacco (tagliando il fusto in modo da creare uno spacco in cui inserire il getto di un’altra pianta).
La tecnica più utilizzata è la prima, perché più semplice in assoluto e più ampiamente applicabile: l’apice del portainnesto viene tagliato in orizzontale, così come la base della marza da innestare; quest’ultima viene sovrapposta al precedente e “legata” al portainnesto con un laccio morbido.
Se invece la marza è di una specie a fusto piatto (es. Epiphyllum), l’innesto sarà del secondo tipo, cioè a spacco.
In genere dopo 30-60 giorni è possibile rimuovere il legaccio perché la talea avrà manifestato l’attecchimento.
7 trucchi del mestiere
- Indossiamo sempre un paio di guanti perlomeno in lattice, per proteggerci dal contatto con liquidi irritanti, per es. delle Euforbiacee.
- Impieghiamo sempre attrezzi puliti, disinfettati e, nel caso del coltello, ben affilati. Disinfettiamo la lama con alcool fra un taglio e l’altro.
- Utilizziamo come franco (la pianta su cui effettuiamo l’innesto) un soggetto che abbiamo già da almeno un anno e di cui abbiamo verificato la robustezza in estate e inverno.
- Tagliamo l’apice con un taglio unico e netto, perpendicolare all’altezza dell’esemplare, senza sfregare i tessuti né zigrinarli né procedere in più riprese.
- Probabilmente al taglio uscirà un liquido o un lattice: la porzione tagliata non deve venire sporcata da polvere o residui volanti nell’aria, quindi dobbiamo agire in un luogo senza polveri, peli di animali domestici, né vento o correnti d’aria che portino particelle con sé.
- Tagliamo, sempre con un taglio preciso e netto, una gemma o un germoglio dalla piantina da innestare (marza), anche appena acquistata, che sappiamo essere poco resistente al freddo invernale.
- Blocchiamo tra di loro le due parti con una garza sottile fermata con filo di ferro o filo di plastica verde, o elastici da tendere sotto il vaso.
Cosa fare dopo
Poniamo il vasetto in un luogo caldo, luminoso ma non raggiunto dai raggi solari, fuori dalla portata delle intemperie: dentro casa è sicuramente meglio, anche per evitare folate di vento che possano rovesciare la piantina. Annaffiamo il minimo indispensabile, con un annaffiatoio a becco lungo e sottile in modo da versare solo poche gocce e sempre lungo il bordo del vasetto. Non muoviamo mai il vasetto. Dopo 60 giorni rimuoviamo i blocchi, tagliando l’elastico o i fili di plastica o ferro e levando la garza: se l’innesto è andato a buon fine, la marza sarà turgida e magari anche un po’ cresciuta. Per la fioritura però dovremo aspettare almeno l’anno successivo.
Lo strano caso di ‘Hibotan’
Nella foto, l’innesto più frequente, Gymnocalycium mihanovichii ‘Hibotan’ di colore rosso (privo di clorofilla) impiantato su Hylocereus per garantire una crescita rapida, sebbene non sia durevole: ogni 2 anni andrebbe reinnestato, non è in grado di creare radici radicando autonomamente.