Se non ci siete mai stati, programmate una visita al Labirinto della Masone (www.labirintodifrancomariaricci.it), magari in una bella mattina d’autunno o d’inverno, quando la ressa manca e la temperatura non soffoca. Sarà l’occasione per infilarvi nel dedalo di percorsi attraverso i giganteschi bambù che formano cortine e vialetti e, man mano che camminate, ripensare al filo della vostra vita, a quanti bivi (“sliding doors”) avete già attraversato, a quante decisioni fallaci oppure ottime avete preso nei vostri anni, e a quanto sia appagante – quando uscirete dal Labirinto – ritrovarvi, forse un po’ più “nuovi” di prima, più consapevoli del vostro valore e della preziosità della vita.
Perché immergersi nel Labirinto della Masone, per chi lo vuole vivere con tutto il trasporto spirituale, significa anche fare i conti con se stessi e uscirne rigenerati. Per questo vi consigliamo di andarci, almeno una volta nella vita.
E se non siete così filosofici, andateci lo stesso – in compagnia – perché vi divertirete moltissimo a nascondervi, cercarvi, perdervi, pensare che non ne uscirete mai e poi invece ritrovare come per magia il bandolo della matassa, cioè la via d’uscita!

Dai bambù alle collezioni d’arte
Il Labirinto più grande del mondo nasce a Fontanellato, in provincia di Parma, ai piedi delle colline appenniniche, da un’idea di Franco Maria Ricci – editore, designer, collezionista d’arte, bibliofilo scomparso nel 2020 – e da una promessa che egli fece nel 1977 allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, affascinato da sempre dal simbolo del labirinto, anche visto come metafora della condizione umana.
Il Labirinto della Masone ha aperto nel giugno 2015, ed è un parco culturale progettato da Ricci nella sua tenuta di campagna, insieme agli architetti Pier Carlo Bontempi e Davide Dutto. Ci sono labirinti con Minotauri. E giardini colmi di delizie. Eden in cui è bello vagare, labirinti mentali dove perdersi e poi ritrovarsi. Quello di Ricci è un dedalo elegante e seducente, un luogo di cultura, disteso su otto ettari di terreno, e realizzato interamente con piante di bambù di specie diverse (vedi in fondo).
L’intero complesso del Labirinto ospita anche spazi culturali destinati alla collezione d’arte di Ricci e a una biblioteca dedicata ai più illustri esempi di tipografia e grafica. Completano naturalmente questa collezione storica tutti i libri curati da Franco Maria Ricci in cinquant’anni di attività, acquistabili al bookshop, e uno spazio dedicato alle mostre temporanee.
Al centro del labirinto, una cappella a forma piramidale, una piazza di duemila metri quadrati contornata da porticati e ampi saloni ospita concerti, feste, esposizioni e altre manifestazioni culturali. Ci sono, per i visitatori, anche una caffetteria, un ristorante e uno spazio gastronomico parmigiano, tutti curati dallo chef Andrea Nizzi e dallo staff dei 12 Monaci.

Non solo il Labirinto
Il Labirinto è un luogo multiforme e originale, a partire dall’architettura dell’intero progetto. Tra le varie forme che il Labirinto ha assunto nel corso del tempo, Ricci ha scelto di ispirarsi a quella del labirinto romano, con angoli retti e suddivisa in quartieri, rielaborandola e introducendo però qua e là delle piccole trappole: bivi e vicoli ciechi, che nei labirinti romani, rigorosamente univiari, non c’erano. Il perimetro è a forma di stella, forma che compare per la prima volta nel Trattato di architettura del Filarete, e in seguito fu adottata da Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta e dalla Repubblica Veneta a Palmanova in Friuli.
Il progetto del Labirinto ha subìto una lunga elaborazione insieme all’architetto Davide Dutto, che per Ricci aveva curato un volume con le ricostruzioni virtuali del Giardino di Polifilo. All’interno del Labirinto risiede anche la cappella a forma di piramide, a commemorazione dell’antico legame tra i labirinti e la Fede. Sul pavimento di questo edificio è raffigurato un labirinto come un continuo richiamo tra esterno e interno.
Tutti gli edifici, progettati da Franco Maria Ricci insieme all’architetto Pier Carlo Bontempi, con il quale condivideva l’amore per le forme classiche, per una tradizione italiana ed europea che non è fatta solo di opere concluse, definitive, ma anche di fantasie utopiche e visionarie, sono ispirati ad alcuni architetti vissuti all’epoca della Rivoluzione Francese: Boullée, Ledoux, Lequeu, l’italiano Antolini, autori di progetti colossali, di stampo neoclassico, mai realizzati.

Più di 300mila bambù
Franco Maria Ricci ha scoperto la sua passione per il bambù negli anni Ottanta. Ha piantato sino alla sua morte più di 300.000 piante di bambù, tanto che nel parco se ne possono trovare 15 specie e varietà differenti, da quelle nane a quelle giganti (vedi in fondo). Non sono invece presenti altre piante nel Labirinto.
Il bambù è una pianta straordinaria che non si ammala, non si spoglia d’inverno, cresce alla velocità della luce (anche 10 m l’anno), offre culmi (così si chiamano i fusti del bambù) di una durezza infinita e riutilizzabili per mille usi differenti, scherma alla vista la proprietà, sequestra grandi quantità di polveri sottili inattivandone la pericolosità, infine assorbe ingenti quantitativi d’anidride carbonica depurando l’aria e abbassandone la temperatura.
Il Labirinto è la dimostrazione vivente delle immense potenzialità di questa pianta: persino il pavimento a parquet degli edifici è stato realizzato con il legno di bambù!
Trascorrere un’ora o una giornata dentro il Labirinto è un’esperienza unica e irripetibile: è bello, misterioso e intrigante allo stesso tempo percorrere questo groviglio di bivi e vicoli ciechi lungo oltre tre chilometri, un’esperienza per gli occhi e per la mente che stimola la riflessione e la creatività. C’è chi trova subito l’uscita e chi invece si perde tra le alte canne di bambù...

La Collezione d’arte e i libri di Bodoni
La vastissima collezione d’arte di Franco Maria Ricci è ospitata nel Museo. A oggi comprende circa 400 opere fra pitture, sculture e oggetti d’arte, dal Cinquecento al Novecento. L’eclettismo di Ricci si nota anche nella varietà delle opere collezionate: si va dalla grande scultura del Seicento, con Bernini, Foggini, Merlini, a quella neoclassica; da nature morte con teschi, all’epoca di Napoleone con i busti della famiglia Bonaparte firmati da Bosio, Bartolini, Ceracchi, Fontana, Thorvaldsen e Chaudet; dalla pittura romantica e popolare dell’Ottocento con Hayez, Piccio e Fabris, alle eleganze di epoca Déco, artisti dallo stile forte coabitano con altri, interpreti minori ma fedeli delle forme di una civiltà. E ancora da Ligabue a Carracci sino alla sua preziosissima e rarissima Jaguar degli anni Sessanta.
L’allestimento non è quello casuale di una quadreria, né quello scientifico di un Museo: procede per associazioni, e non si astiene dal sottolineare i parallelismi che esistono tra le scelte di editore e quelle di collezionista.
Oltre alla collezione permanente, gli spazi ospitano numerose mostre temporanee e una biblioteca che contiene alcuni volumi stampati da Bodoni, facenti parte dell’imponente collezione bodoniana di Franco Maria Ricci, tra le più ampie e ricche di rarità del nostro tempo, e tutte le sue edizioni e quelle di un altro importante esponente della bibliofilia italiana, Alberto Tallone.

Dal Bookshop alle Suites
Il Bookshop all’interno della Masone è da tempo diventato un importante punto di riferimento per i collezionisti e gli appassionati delle edizioni targate FMR, che vi possono trovare le rarità ancora mancanti nelle loro raccolte. Ma è anche un punto di partenza per scoprire le nuove edizioni, una bella sorpresa per chi non le conosce ancora.
Inoltre, il Labirinto della Masone mette a disposizione dei suoi ospiti due Suites, rifinite con decorazioni, opere d’arte originali e arredi raffinati. Destinate agli amanti del lusso e del comfort, ma anche a chi desidera soggiornare in un luogo unico al mondo, sono entrambe composte da ampio salotto, camera da letto matrimoniale e da doppia sala da bagno dotata di grande doccia in marmo e vasca da bagno Jacuzzi. Le Suites sono situate al centro del complesso del Labirinto e gli ospiti avranno la possibilità di percorrerlo, così come di visitare il complesso museale in esso contenuto con le splendide collezioni d’arte e le mostre temporanee.
Nell’insieme, se la visita al Labirinto è un’occasione per ritrovare se stessi, la visione delle collezioni d’arte permette di arricchire lo spirito, mentre una notte in Suite regala la magica emozione del lusso raffinato, di altissimo livello. L’autunno-inverno può essere il momento giusto per godere di tutto questo, via dalla pazza folla.
15 specie e varietà di bambù

Hibanobambusa tranquillans ‘Shiroshima’, Phyllostachys aurea, P. a. ‘Aureocaulis’, P. a. ‘Spectabilis’, P. bambusoides, P. bissetii (nella foto, in un corridoio del Labirinto), P. flexuosa, P. nigra, P. n. ‘Boryana’, P. n. ‘Henonis’, P. rubromarginata, P. viridis ‘Sulfurea’, P. vivax ‘Aureocaulis’, Pseudosasa japonica, Sasa tessellata. Attenzione: i bambù in piena terra vanno contenuti mediante lastre di ferro infisse nel terreno.

Phyllostachys aurea è uno dei bambù ornamentali più comunemente utilizzati per la formazione di siepi (sia in piena terra che in grandi vasche) perché tutte le sue numerose ramificazioni partono dal basso a costituire un denso schermo che impedisce la vista in ogni direzione. La sua versatilità lo rende uno dei bambù più conosciuti e diffusi in Italia, soprattutto quando si desidera ottenere una giusta privacy.

Phyllostachys bissetii, chiamato anche bambù bissetii, è un bambù di medie dimensioni dalle canne verde chiaro che poi diventano verde scuro lucente e dalle foglie di un bel verde scuro brillante. Molto vigoroso, cresce in qualsiasi tipo di terreno ed è adatto alla creazione di grandi barriere visive. Tollera fino a –20 °C e sta bene al sole o a mezz’ombra. Non produce ramificazioni ma cresce fino a 10 m d’altezza.

Phyllostachys pubescens (= P. edulis, detto “moso”) è il più grande fra i bambù giganti da clima freddo: se si trova bene, può raggiungere i 25 m d’altezza. Per questo motivo è impossibile coltivarlo in vasca. Tuttavia, non sempre si ambienta: teme il vento, soprattutto se caldo o salmastro, e desidera un terreno umido, profondo, fresco e ricco di humus. I germogli sono commestibili, molto presenti nelle cucine asiatiche.

Fra i bambù con portamento a cespuglio, c’è Hibanobambusa tranquillans ‘Shiroshima’, dalla bellissima foglia variegata, molto decorativa. È estremamente vigoroso nella crescita, ma rimane di dimensioni contenute (max 4 m), ed è quindi coltivabile anche in vaso. Inoltre è adattabile a ogni esposizione, compresa l’ombra, dove le foglie rimangono comunque variegate. È uno dei pochi ibridi naturali fra due generi diversi: Sasa e Phyllostachys.
È chiamato anche bambù giapponese lo Pseudosasa japonica, di medie dimensioni (fino a 6 m d’altezza) con foglie lucide lunghe fino a 25 cm. Ha portamento eretto e cespuglioso ed è idoneo alla realizzazione di siepi di dimensioni non eccessive grazie alla formazione di tantissimi culmi sottili. Regge fino a –25 °C e perfino la neve, grazie ai culmi flessibili, e può stare in qualunque esposizione; non viene danneggiato dal vento.

Phyllostachys pumilus (= Pleioblastus pumilus o Nippocalamus pumilus o Sasa pumila) è un bambù nano con foglie piccole e lanceolate a formare una vegetazione fitta e compatta, adatta a riempire zone ombrose o scarpate (previene l’erosione del terreno), ma anche bordure e come tappezzante. La bassa statura (max 80 cm) ne permette la coltivazione anche in vasca. Resiste fino a –20 °C e tollera sia il pieno sole sia l’ombra.
Di piccola taglia (entro i 2 m), Sasa tessellata (= Bambusa t., Indocalamus tessellatus) sfoggia foglie lunghe fino a 50 cm, verde lucido, utilizzate in Estremo Oriente per servire lo street food. È ottimo come esemplare isolato o in macchie, e come boschetto intorno a grandi alberi. Ma sta bene anche in vasca, da collocare al sole o a mezz’ombra. Sopporta fino a –18 °C a condizione che sia piantato in posizione pienamente soleggiata.